Sebastiano Tusa - Regione Siciliana
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deraro, i Romani costruirono un sistema<br />
di fortificazioni che rendeva impossibile<br />
il collegamento suddetto. Pertanto i Cartaginesi,<br />
nell’intento di non perdere il collegamento<br />
con il mare fortificarono il<br />
fianco nord del monte San Giuliano, allestendo<br />
una fortezza presso il piano di<br />
San Matteo (dove la ricerca archeologica<br />
di superficie ha messo in evidenza l’esistenza<br />
di materiale ceramico punico databile<br />
al III sec. a.C.) finalizzata alla protezione<br />
dell’approdo costiero sito in contrada<br />
Crocifissello, nella baia di Bonagia.<br />
Era attraverso questo approdo e la fortezza<br />
sovrastante di San Matteo che i Cartaginesi<br />
assediati sulla vetta si rifornivano<br />
di vettovagliamenti. Era questo l’approdo<br />
verso cui la flotta di Annone stava facendo<br />
rotta quella tragica mattina del 10<br />
marzo del 241 a.C. I Romani, consci dell’impossibilità<br />
di definire positivamente<br />
per loro le sorti del conflitto attraverso<br />
una logorante guerra di posizione che da<br />
decenni non aveva dato alcun frutto, presero<br />
la determinante e vincente decisione<br />
di portare la guerra sul mare e in tal modo<br />
decisero a loro favore la prima guerra<br />
punica.<br />
Quanto definito analizzando attentamente<br />
la topografia archeologica del monte<br />
San Giuliano porta, pertanto, ad escludere<br />
che fosse lo scalo di Drepanum la meta<br />
di Annone poiché, ancorquando fosse stato<br />
possibile l’approdo della flotta e lo scarico<br />
delle masserizie, sarebbe stato impossibile<br />
raggiungere da Ovest la roccaforte<br />
cartaginese assediata a Erice poiché la salita<br />
al monte era sbarrata dalle forti guarnigioni<br />
romane incastellate sul Pizzo Argenteria<br />
e sulle Rocce del Calderaro.<br />
L’aver compreso che la rotta seguita da<br />
Annone era tra Marettimo e Bonagia<br />
(quindi più settentrionale di quella ipotizzata<br />
precedentemente) porta a riconsiderare<br />
anche gli altri elementi precedentemente<br />
menzionati riguardanti sia la rilettura<br />
delle fonti (possibilità che fosse<br />
Levanzo e non Favignana l’isola menzionata<br />
da Polibio come zona di ridosso per<br />
la flotta romana), che le reminiscenze delle<br />
scoperte delle ancore a Levanzo. I tre<br />
elementi riconsiderati alla luce di una prospettiva<br />
interpretativa unitaria acquistano<br />
una logica incontrovertibile che permette<br />
una ricostruzione della battaglia più precisa<br />
e, soprattutto, rispondente a quei pochi,<br />
ma significativi, dati che la ricerca archeologica<br />
subacquea effettuata recentemente<br />
in occasione del presente studio ha<br />
messo in evidenza.<br />
Alla luce di quanto su esposto abbiamo<br />
privilegiato nelle nostre ricognizioni l’area<br />
costiera orientale di Levanzo (Cala<br />
Minnola, Punta Altarella, Secca Scaletta)<br />
e lo spazio di mare antistante Capo Grosso<br />
(estremità settentrionale di Levanzo).<br />
Qui, come si vede nelle annesse schede<br />
(capitolo “Aree e siti individuati”), abbiamo<br />
trovato numerosi elementi, tra cui un<br />
gruppo di ancore inquadrabili cronologicamente<br />
nell’epoca del conflitto nell’area<br />
di Capo Grosso, che ci inducono a ritenere<br />
valida l’ipotesi che questo fosse il<br />
luogo dell’ancoraggio della flotta romana<br />
di Lutazio Catulo prima del mortale agguato<br />
alla flotta cartaginese.<br />
Le circostanze del rinvenimento, unitamente<br />
a quanto si racconta circa recuperi<br />
effettuati negli anni ’50, ’60 e ’70, inducono,<br />
infatti, con ottime probabilità di<br />
certezza, a classificare questo sito come<br />
uno dei probabili luoghi dell’ancoraggio<br />
della flotta romana prima dell’attacco alla<br />
flotta cartaginese il 10 marzo del 241<br />
a.C. La presenza di così tante ancore in<br />
questo sito non può assolutamente giustificarsi<br />
con motivazioni di ordine pratico<br />
legate ad approdo, ricovero da burrasca,<br />
carico-scarico etc. Il luogo del rinvenimento,<br />
infatti, è situato in uno spazio<br />
di mare tra i più turbolenti dell’intero arcipelago<br />
delle Egadi. Si trova, infatti, nei<br />
pressi di una costa alta e inaccessibile; ma<br />
soprattutto si colloca in un tratto di mare<br />
<strong>Sebastiano</strong> <strong>Tusa</strong> 66