Sebastiano Tusa - Regione Siciliana
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mo qui a elencare. Del resto l’evanescenza<br />
del racconto che oscilla sempre tra realtà<br />
sottesa e leggenda apparente rende ogni<br />
ricerca di un’improbabile verità del tutto<br />
inutile. Ci basti ricordare che il racconto<br />
virgiliano rappresenta l’espressione romanzata<br />
di reali eventi storici caratterizzati<br />
dall’arrivo di etnie diverse dall’Oriente<br />
e dalla Penisola intorno al 1000 a.C.,<br />
in questa parte della Sicilia, che sottendono<br />
all’emergere degli Elimi quale entità<br />
politica e culturale autonoma.<br />
Al di là del racconto e della leggenda, la<br />
Cala del Cofano riserva una ricca realtà<br />
archeologica, anche se al livello di osservazioni<br />
di superficie.<br />
Innanzitutto sulla riva del mare si notano<br />
le consistenti tracce di un antico stabilimento<br />
per la lavorazione del pescato. È<br />
visibile una vasca rettangolare intagliata<br />
nella roccia, un frammento di pavimento<br />
in cocciopesto relativo a un’altra vasca,<br />
nonché numerosi intagli regolari costituenti<br />
il residuo di altrettante vasche per<br />
la lavorazione del pescato erose dal mare.<br />
Tali resti sono parte di uno stabilimento,<br />
di epoca verosimilmente romana, ove si<br />
produceva la salsa di pesce (garum).<br />
In parte contemporaneo a questo stabilimento<br />
è il vasto insediamento le cui tracce<br />
si intravedono, anche senza troppa fatica,<br />
sul vasto pendio settentrionale del<br />
Cofano che sovrasta l’omonima baia. Per<br />
una vastissima superficie si nota la presenza<br />
di ceramiche frammentarie inquadrabili<br />
nell’artigianato punico, greco-italico,<br />
romano repubblicano, imperiale e<br />
tardo antico. Da questi indicatori cronologici<br />
si evince la presenza nel sito, anche<br />
se con talune cesure, a partire dal V sec.<br />
a.C. fino al V-VI sec. d.C., di un vasto e<br />
articolato insediamento abitato.<br />
I fondali antistanti i complessi archeologici<br />
costieri descritti non sono stati mai<br />
analizzati con rigore scientifico. Numerosi<br />
sono stati i recuperi, anche illegali, ma<br />
mai nulla di preciso è stato registrato. Dal-<br />
<strong>Sebastiano</strong> <strong>Tusa</strong><br />
l’esame di quei pochi materiali visibili nei<br />
fondali antistanti la costa fino allo scoglio<br />
Scialandro e intorno a esso si evince una<br />
frequentazione dell’area sin dal IV-III<br />
a.C., con punte sino al periodo tardo-antico/bizantino<br />
e medievale. La presenza<br />
di almeno un relitto di epoca tardo antica<br />
è segnalata da alcune informative e da taluni<br />
indizi registrati ai piedi dello scoglio,<br />
ma ulteriori ricerche sono necessarie per<br />
dettagliare meglio un quadro che si prospetta<br />
estremamente interessante e meritevole<br />
di essere valorizzato anche per i citati<br />
collegamenti con le evidenze terrestri.<br />
Valderice – Golfo di Bonagia<br />
Direttamente legato alle problematiche<br />
inerenti i mari dell’arcipelago delle Egadi<br />
è il golfo di Bonagia, del quale si è parlato<br />
a proposito della battaglia delle Egadi come<br />
meta di approdo della flotta cartaginese<br />
partita da Marettimo per rifornire la<br />
guarnigione punica assediata dai Romani<br />
sulla cima di Erice. Manca una puntuale<br />
ricognizione dei fondali della zona, tuttavia<br />
alcuni indizi permettono di individuare<br />
nell’area della Secca di Bonagia alcune<br />
tracce di possibili relitti. Del resto la<br />
secca stessa è stata ed è un’insidia per la<br />
navigazione costiera di questa parte della<br />
costa trapanese. Al momento non si è in<br />
Il golfo di Custonaci.<br />
Sullo sfondo il Monte<br />
Cofano (foto Fondo Orao).<br />
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