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“Bisanzio e le Crociate, incontro e scontro tra Oriente e Occidente”<br />
Atti del convegno, Venezia, 10 e 11 dicembre 2011<br />
<strong>Porphyra</strong>, anno IX, n. 17<br />
dopo Pentecoste l’armata muove verso Zara (7). Il priore ed il vescovo<br />
vanno incontro al doge e lo introducono in città. Qui riceve l’omaggio ed il<br />
giuramento degli Zaratini e vi trova anche i rappresentanti di Veglia (8) e<br />
di Arbe (9). Nuove navi, nuove truppe ingrossano la sua armata. Il re dei<br />
Croati (10) Svetoslavo, il protetto di Bisanzio, venuto a conoscenza che il<br />
doge muoveva alla sua distruzione, si affretta a mandare nunzi per placarlo<br />
ma il doge non vuole sentirli. Studia invece assieme ai duci degli eserciti di<br />
Dalmazia il modo migliore per assalirlo ed impadronirsi delle sue posizioni.<br />
Dieci navi vengono intanto distaccate ed inviate nel Basso Adriatico per<br />
affrontare un grosso nucleo di Narentani (11) di cui era stata segnalata la<br />
navigazione in Adriatico. I Narentani vengono presi vicino all’isola di<br />
Cazza. Risalito l’Adriatico la flottiglia dà fondo a Traù (12). Il doge, col<br />
grosso dell’armata, si ferma a Zara ancora sei giorni, poi, ripreso il mare,<br />
arriva ad un’isola presso Belgrado (13). Dopo qualche resistenza gli<br />
abitanti si piegarono alla sua volontà. Spontaneamente, subito dopo, si<br />
piega anche l’isola di Vergada (14). Giunti a Traù si ricongiunge con la<br />
flottiglia vittoriosa e riceve il giuramento del vescovo e della popolazione.<br />
Qui trova anche Cressimiro, detto Surogna, lo spodestato da Bisanzio ed il<br />
fedele di Venezia, che gli giura fedeltà e viene posto sul trono. Finalmente il<br />
doge arriva a Spalato (15), la nobilissima e forte metropoli della Dalmazia,<br />
dove viene accolto dall’arcivescovo nella pompa dei paramenti pontificali e<br />
nella solennità della messa riceve da tutti il giuramento.<br />
Più rapidamente, senza resistenza e senza interventi nel governo interno<br />
dello stato, si concluse la contesa coi Narentani. Il loro capo, prima ancora<br />
che il doge salpasse da Spalato, gli aveva inviato un’ambasceria per<br />
implorare la pace e la restituzione dei prigionieri fatti a Cazza. Il doge<br />
consentì a patto che il capo ed i nobili si presentassero a lui prima che<br />
uscisse da quelle acque, e convenissero a non esigere in alcun modo tributi<br />
né a molestare i naviganti veneti. Avendo il capo accettato, il doge restituì i<br />
prigionieri, trattenendone sei a garanzia dell’impegno. Rimanevano ancora<br />
alcuni incontrollati nidi pirateschi da smantellare. Curzola (16) venne vinta<br />
e sottomessa. Maggiore resistenza oppose Làgosta (17), i cui castelli,<br />
appollaiati in cima a rapidi colli, non erano facili da investire ma alla fine<br />
anch’essi vennero raggiunti, espugnati e ruinati. Ultima tappa fu l’isoletta<br />
di S. Massimo, dove il doge, ormai vittorioso di tutti i nemici, ricevette il<br />
giuramento e gli omaggi dall’arcivescovo e dai rappresentanti del comune<br />
di Ragusa (18). Di <strong>qui</strong>, rifacendo le tappe dell’andata e visitando un’altra<br />
volta le città, tornò in gloria e trionfo a Venezia.<br />
Così si concluse la spedizione. Come atto storico l’importanza ne è<br />
immensa. Venezia faceva il suo primo grande ac<strong>qui</strong>sto territoriale e marino<br />
contro la volontà e gli interessi dell’Impero. Essa lo considererà sempre,<br />
sia nei riguardi di Bisanzio che di qualsiasi altro stato, un ac<strong>qui</strong>sto perenne<br />
ed inalienabile ed uno dei cardini fondamentali del suo diritto di stato.<br />
Nella vita dei Comuni i primi effetti del grande avvenimento sono appena<br />
percettibili: tutto sembra ridursi alla abdicazione da parte del priore<br />
zaratino dall’ufficio di proconsul Dalmatiæ ed all’assunzione da parte del<br />
doge del titolo di dux Dalmatiæ»<br />
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