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I Broumália 'popolari'<br />
“Bisanzio e le Crociate, incontro e scontro tra Oriente e Occidente”<br />
Atti del convegno, Venezia, 10 e 11 dicembre 2011<br />
<strong>Porphyra</strong>, anno IX, n. 17<br />
Per quanto riguarda invece i Broumália 'popolari', una delle più antiche<br />
testimonianze bizantine è costituita da un considerevole passo del trattato<br />
antiquario De mensibus di Giovanni Lido, in cui l'autore, pur accennando a<br />
Romolo, a cui attribuisce, come Malala, l'istituzione della festa, ci parla di<br />
pratiche rituali connesse al mondo rurale, alcune ancora vive al suo tempo.<br />
Pur riferendoci anch'egli del cerimoniale di corte che prevedeva<br />
acclamationes, salutationes inni e libagioni in onore dell'imperatore e della<br />
sua famiglia, ci informa anche sulla celebrazione di sacrifici e feste notturne<br />
‘per i nomi’ tra i contadini che, in dicembre, nella pausa dopo le fatiche del<br />
lavoro nei campi, celebravano pasti comuni, trascorrendo la notte all'aperto,<br />
con danze e canti, come testimonia anche Giorgio Cedreno, probabilmente<br />
attraverso Scilize 310 .<br />
Riguardo le offerte sacrificali Lido le distingue per appartenenza alle diverse<br />
categorie rurali e non: i contadini sgozzavano dei maiali in onore di Crono e<br />
Demetra, i viticoltori dei capri, in onore di Dioniso, infine i cittadini<br />
offrivano pane senz'acqua, vino, olio e primizie della terra, in onore dei<br />
«sacerdoti della Madre» 311 . Lido aggiunge poi che tale tradizione, come<br />
quella della choirosphagía, ossia il sacrificio del porco, si erano conservate<br />
fino ai suoi tempi, nel periodo dell'anno compreso tra novembre e<br />
dicembre 312 . Specifica poi come il nome Broumália, la cui etimologia<br />
(broûma) era derivante, secondo la sua versione 313 , dall'espressione greca<br />
brachý ēméra (=giorno breve), ossia solstizio d'inverno 314 , sia più recente e<br />
sia stato mutato in Kroníai, a seguito delle interdizioni ecclesiastiche 315 . I<br />
Broumália si sarebbero perciò trasformati in «feste in onore delle divinità<br />
sotterranee» 316 , celebrate di notte, dal momento che «è nell'oscurità che si<br />
trova Krónos, gettato nel Tartaro da Zeus» 317 . Lido sembra perciò riferirsi<br />
a una forma di paganizzazione forzata della festa 'popolare' al fine di<br />
sfuggire alle condanne della Chiesa, sebbene queste appaiano anacronistiche<br />
nel VI secolo 318 . Insieme a tale trasformazione, mi sembra non sia da<br />
escludere neppure un tentativo di 'ruralizzazione' della festa da parte delle<br />
autorità ecclesiastiche in modo da renderla più marginale, cercando di<br />
estirparla almeno dalle comunità cittadine. Questo spiegherebbe come<br />
alcune pratiche pagane, come il sacrificio del porco, si sarebbero conservate,<br />
in quanto tollerate dalla Chiesa, malgrado il divieto ufficiale di celebrare<br />
310 Giorgio Cedreno, Ioannis Scylitzae opera, ed. a cura di BEKKER I., Bonn 1838, vol. I, p. 259.<br />
311 Non sappiamo a quali sacerdoti né a quale « Madre » Lido si riferisca precisamente, ma, molto probabilmente<br />
l'autore allude a una delle « Grandi Madri » del mondo greco antico, quali Rea, Demetra o Cibele. Di quest'ultima erano<br />
particolarmente diffuse fino alla tarda antichità, e oltre, le congregazioni religiose dei suoi sacerdoti.<br />
312 Giovanni Lido, De mensibus, IV, 158, 1.22-23, p. 174.<br />
313 Molto probabilmente ripresa da Esichio.<br />
314 Giovanni Lido, De mensibus, IV, 158, 1.18, p. 174.<br />
315 Giovanni Lido, De mensibus, IV, 158, 1.23-25, p. 174.<br />
316 Giovanni Lido, De mensibus, IV, 158, 1.22-23, p. 174.<br />
317 Giovanni Lido, De mensibus, IV, 158, 1.25-26, p. 174.<br />
318 Le prime attestazioni ufficiali della condanna dei Broumália, di cui disponiamo, risalgono infatti al 692 d. C.,<br />
precisamente al canone 62 del Concilio in Trullo (cfr. RHALLES-POTLES, Sýntagma..., cit., vol. II, p. 449).<br />
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