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qui - Porphyra

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“Venezia e Bisanzio, incontro e scontro tra Oriente ed Occidente”<br />

Atti del convegno tenutosi a Venezia, 10-11 dicembre 2011<br />

<strong>Porphyra</strong>, giugno 2012, n. XVII<br />

orientali di varia provenienza ed uno ha un nome latino 269 . Un altro esempio<br />

è il nome semitico Μ⇐λχο∫ , attestato nella basilica del fondo Tullio alla<br />

Beligna 270 , a Monastero 271 in A<strong>qui</strong>leia, a Santa Maria delle Grazie a<br />

Grado 272 e ai SS. Felice e Fortunato di Vicenza (CIL, V, 1619, ora<br />

scomparsa). Nel caso dell’iscrizione della Beligna, non solo il nome e<br />

l’utilizzo dell’alfabeto greco, ma anche la presenza della formula <br />

(corrispondente all’espressione votum solvere), molto diffusa<br />

nell’impero d’Oriente (non così nell’alto Adriatico di questi secoli),<br />

avvalora l’ipotesi della provenienza orientale dell’individuo 273 . Come si<br />

spiega una tale concentrazione di nomi semitici/ebraici in un contesto<br />

religioso cristiano? La profonda compenetrazione degli Ebrei nella società,<br />

legata anche ad attività statali come la functio navicularia e l’appartenenza<br />

alle curie, poteva apparire insidiosa agli occhi del vescovo Cromazio (394-<br />

413), che si premurò di sottolinearne sempre le differenze rispetto ai<br />

Cristiani e preferì la loro esclusione, forte anche dell’esiguità della comunità<br />

ebraica stessa. Altrove, in Siria, l’influenza degli Ebrei era invece tale da<br />

vincolare i Cristiani locali alla loro stessa vita religiosa senza che senza<br />

costringerli a rinunciare alla propria fede 274 . D’altra parte, la situazione<br />

degli Ebrei nel corso del V secolo peggiorò a causa di limitazioni civili,<br />

politiche e religiose. Accanto ad una persistente tolleranza legale (e teorica)<br />

vi era una serie crescente di violenze, fomentate soprattutto dai monaci delle<br />

zone rurali di Siria, Palestina ed Egitto. La conversione missionaria era<br />

l’alternativa adottata in centri come A<strong>qui</strong>leia e nella stessa Costantinopoli,<br />

269<br />

BRUSIN-ZOVATTO, 1957, p. 340, n°18; Caillet, 1993, p. 167-168, n°7. Il suo diametro misura cm. 91 e le lettere<br />

del testo sono alte cm. 11-5:<br />

Μαρε / ας, Ιουλιαν⎫ς, /Παλλαδις και Ι⎫σηφ απο κ⎭ / µης Καπρο / τουρις π⎫(δας) λε⎺. = Mareas, Giuliano,<br />

Palladis e Giuseppe dal villaggio/regione di Caprotoulis fecero (realizzare) 35 piedi di mosaico. Secondo Levi della<br />

Vida, Μαρεας potrebbe essere ricollegato al termine aramaico mar “signore”, che spesso si ritrova nei nomi di persona,<br />

mentre Παλλαδις è indubbiamente greco ed è quasi uguale a Παλλ⇐διος (forse anche questa è una sopravvivenza di<br />

teonimo come nel caso di Anicitus, di Afrodites di Santa Maria delle Grazie e del suo vicino di Piazza della Vittoria).<br />

Ιοσηφ, invece, più spesso noto nella forma Ι⎭σηφ, è un nome ebraico, ma vista la varietà onomastica presentata in<br />

questo testo, senza specificazioni se non quella della provenienza, non significa che si tratti di un Ebreo. Per il<br />

toponimo, Brusin propone il confronto tra Καπροτουρις e Καπροζαβαραδα⇓ων, presso Apamea di Siria, attestato in<br />

un’epigrafe cristiana di Treviri edita da Hettner nel 1903. Sembra essere identificabile, pur con molte riserve, in<br />

Caperturi, e pare sia ubicato a Tourin nel Djebel Woustani al di sopra del ponte di Derkoush (area calcidica). Mouterde<br />

e Poidebard pensano che il primo elemento del nome (Kafr, “villaggio”) sia potuto cadere nel corso dei secoli, come<br />

accadde a Καπροπ⇒ρα (che divenne El-Bara) e Καπροβαραδα (trasformata in El-Brad).<br />

270<br />

Al livello della quarta fila di colonne partendo dai pilastri cruciformi del transetto erano collocate tre epigrafi, tutte<br />

perdute, ma una di esse è stata fotografata prima di andare distrutta. BRUSIN-ZOVATTO, 1957, p. 278, n°9;<br />

CAILLET, 1993, p. 147-1448, n°1. L’altezza delle lettere varia da 8 a 10 cm. e la superficie corrisponde a circa 3 m 2<br />

(cm 83 X 63): Μ⇐λχο∫ / υπ[⇑ρ ε]υ / χ⇒∫ επο⇓η / σεν π⎫ / δα[∫] λγ⎺= Malchos, come offerta votiva, fece (realizzare)<br />

33 piedi (di mosaico). Ringrazio il Prof. Paolo Odorico per la correzione a proposito della trascrizione del testo.<br />

271<br />

BRUSIN-ZOVATTO, 1957, p. 332, n°4; CAILLET, 1993, p. 172, n°13. Nella parte superiore reca un fiore stilizzato<br />

che si apre all’ingiù, la cui voluta è danneggiata. E’ lacunosa nella parte superiore, l’ultima riga e parte della penultima<br />

sono perdute. L’altezza è di cm. 82 e le lettere sono alte cm. 12:<br />

Βαρβ⇑ουσο∫ / ∆ρακοντ⇓ου / κ⎭µη Ραβωνα / ⇐µα συµβ⇓ου Μ⇐θβη / και τ⇑κνοισ Ιο⇐ν / να κα⇓ Μ⇐λχου / ε<br />

πο[⇓η]σαν [...] = Barbeusos (figlio di) Draconzio del villaggio/regione di Rab’ôn(a), così come sua moglie Mathbé e<br />

con i (loro) figli Giovanna e Malchos realizzarono […] (piedi di mosaico).<br />

272<br />

CAILLET, 1993, p. 206, n°6; COSENTINO, 1996, p. 409, n°39: Malchus / et Eufimia / cum suis vo / tum soluent =<br />

Malchus ed Eufemia con i loro (parenti) assolsero il (loro) voto.<br />

273<br />

Sull’uso di questa espressione: CAILLET J.P, op. cit., pag. 408.<br />

274<br />

CRACCO RUGGINI L., Pietro di Grado: giudaismo e conversioni nel mondo tardoantico, in AAAd XVII, vol. 1,<br />

Udine, 1980, p. 372, nota 44.<br />

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