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“Venezia e Bisanzio, incontro e scontro tra Oriente ed Occidente”<br />
Atti del convegno tenutosi a Venezia, 10-11 dicembre 2011<br />
<strong>Porphyra</strong>, giugno 2012, n. XVII<br />
Infine è necessario tornare sulla guerra e i danni provocati da essa. Fu<br />
Giustiniano a volere la guerra, ed è <strong>qui</strong>ndi sensato, anche per questa<br />
ragione, riconoscere in lui il “principale responsabile” degli effetti che essa<br />
ebbe. Il conflitto causò una profondissima crisi economica e demografica,<br />
dimostrata dall’abbandono e dalla regressione di non pochi insediamenti.<br />
La contrazione del commercio a lunga distanza, la diminuzione delle<br />
iscrizioni e la pressoché totale scomparsa delle ceramiche vetrate<br />
testimoniano l’impoverimento delle classi dominanti della penisola.<br />
La fine del Senato e l’inizio del Papato<br />
Fu durante la seconda metà del VI sec. che si consumò la “lenta morte”<br />
del senato e i fenomeni di disgregazione del ceto sociale, resi irreversibili<br />
dalla guerra, giunsero al loro compimento. Le testimonianze si fanno via<br />
via più rarefatte fino all’inizio del VII sec., quando l’antica istituzione<br />
scomparve definitivamente. Al 599 risale l’ultimo riferimento ad un<br />
praefectus Urbi, unica fra le cariche maggiori destinata ancora ad esponenti<br />
dell’aristocrazia italica, mentre orientali e germani, provenienti da<br />
Costantinopoli, esercitavano il completo monopolio degli incarichi militari.<br />
Il disprezzo, che gli aristocratici italici di antico lignaggio provavano per<br />
questi parvenue, rese difficile una proficua collaborazione 161 . In un<br />
documento del 584 è citato per l’ultima volta un caput Senatus, mentre<br />
durante la prima metà del secolo successivo scomparve anche la prefettura<br />
del pretorio. Nel giro di pochi decenni era stato, <strong>qui</strong>ndi, completamente<br />
smantellato il sistema di governo che aveva caratterizzato l’Italia<br />
tardoantica.<br />
Anche in periferia venne progressivamente meno il potere civile a<br />
vantaggio di quello militare. Le assemblee locali, le singole curiae,<br />
chiamate da Cassiodoro minor senatus 162 , subirono lo stesso destino del<br />
senato di Roma. Si trattò, tuttavia, di un processo particolarmente lungo.<br />
Particolarmente longeva dovette essere la curia di Ravenna, della quale<br />
troviamo traccia in documenti risalenti al 625, ma anche in altre città le<br />
assemblee continuarono a sopravvivere anche dopo la fine della guerra,<br />
basti ricordare che in una piccola città come Rieti ne è testimoniata<br />
l’esistenza almeno fino al 557 163 . A cavallo fra VI e VII sec. l’antica classe<br />
politica dei decuriones lasciò il posto ad una aristocrazia militare e il<br />
centro del potere si spostò, in diversi casi, dalla città alle campagne.<br />
Questo processo, a dire il vero, fu comune anche ad altre regioni<br />
dell’impero e che aveva cominciato a manifestarsi già dal IV sec 164 . Napoli<br />
e la Sicilia rappresentarono un’eccezione in questo panorama. Colpite in<br />
misura minore dalla crisi economica, esse continuarono per un periodo più<br />
lungo a godere degli stili di vita e di molte istituzioni romane. Questa<br />
continuità è dimostrata dal fatto che la stragrande maggioranza degli<br />
aristocratici del tempo (gloriosi, maginifici und illustres), nominati nel<br />
161<br />
Cfr. BROWN T. S., Gentelemen…, pag. 36.<br />
162<br />
CASSIODORO, Variae, IX, 2, 6.<br />
163<br />
Cfr. BROWN T. S., Gentelemen…, pp. 16-17.<br />
164<br />
LIEBESCHUETZ J. H. W. G., Decline and Fall of the Roman City. New York: Oxford University Press. 2001,<br />
soprattutto il capitolo I, 3.<br />
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