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“Venezia e Bisanzio, incontro e scontro tra Oriente ed Occidente”<br />
Atti del convegno tenutosi a Venezia, 10-11 dicembre 2011<br />
<strong>Porphyra</strong>, giugno 2012, n. XVII<br />
Vennero allora apprestate, a breve tempo l’una dall’altra due<br />
costituzioni che portavano l’attenzione imperiale sugli «animali non<br />
umani», le cui viscere erano oggetto di consultazione nell’antica tecnica<br />
divinatoria etrusca.<br />
Una prima costituzione del 1 febbraio 319 diretta al Prefectus Urbis<br />
Massimo vietava addirittura la frequenza “amicale” delle persone dedite<br />
ufficialmente all’aruspicina, intimando ai Quirites a non concedergli<br />
l’ingresso nelle proprie dimore; pene severissime attendevano i<br />
trasgressori: rogus per il divinatore, confisca dei beni ed esilio per i privati,<br />
nonché l’impunità contro ogni delazione per l’accusatore. 54<br />
Tali riti antichissimi proibiti nell’intimo, però non erano aboliti tout<br />
court, ma paradossalmente venivano “confinati” nella “pubblica” piazza,<br />
dove potevano essere meglio tenuti sotto controllo. Un’altra costituzione,<br />
quale sorta di geminatio di quella appena citata, estendeva il divieto<br />
d’ingresso dei sacerdoti e di color che erano soliti praticare arti divinatorie<br />
alle case private, ed, altresì, veniva nuovamente censurata ogni<br />
“solidarietà” con simili soggetti; tanto premesso, restava comunque vigente<br />
la possibilità di sacrificare nei “pubblici” templi. 55<br />
Il suo atteggiamento non risultava però troppo rigido, e, sebbene la<br />
sua decisione era orientata all’assenso della Chiesa, nella prassi si tendeva<br />
ad evitare ogni elemento capace d’ampliare la frattura insistente con<br />
l’aristocrazia pagana.<br />
La costituzione del 318 indirizzata da Costantino al Prefetto<br />
dell’Urbs Basso, volta a colpire l’esercizio delle arti magiche; 56 ha fatto sì<br />
che l’aruspicina, sotto l’influenza del pensiero cristiano, distaccata<br />
definitivamente dal potere imperiale, si tramutasse in magia, e come tale<br />
venisse perseguita. 57 Anche in questo frangente si denotava il noto<br />
pragmatismo e la relativa ambiguitas augustea, e, sebbene si riscontrava<br />
una netta intolleranza verso la stregoneria diretta a nuocere ad altrui e nello<br />
specifico l’imperatore, l’intentio legis ostentava un’insolita<br />
accondiscendenza nei confronti di quelle tecniche della magheia che erano<br />
però finalizzate a conservare la fertilità degli agri e la salute dei cives.<br />
Simili fermenti posero le basi concettuali per bollare pro futuro le<br />
pratiche mantico-magiche quali atti “contro natura”; queste actiones, come<br />
osserva argutamente la Grodzynski, per essere censurate a causa della<br />
curiositas che soddisfacevano, nello specifico la curiositas divinandi,<br />
dovevano al contempo innalzare la soglia di “tolleranza” percepita dalla<br />
compagine sociale. Queste istanze confluirono, allora, nella costituzione<br />
indirizzata da Costanzo al Prefetto Madaliano, Vicario d’Italia, che<br />
proferiva: «cesset superstitio, sacrificiorum aboleatur insania», e forniva il<br />
diritto di sanzionare chiunque trasgredisse l’imperiale divieto di<br />
sacrifizio. 58<br />
Nelle rationes imperiali, secondo l’Onida, alla scienza dei maghi<br />
doveva sostituirsi il carisma della Chiesa, in osse<strong>qui</strong>o al divieto<br />
54 CTh. 16, 10, 1.<br />
55 CTh. 9, 16, 2.<br />
56 CTh 9, 16, 1; C. I. 9, 18, 3.<br />
57 CTh, 9, 16, 3; C. I. 9, 18, 4.<br />
58 CTh. 16, 10, 2.<br />
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