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“Bisanzio e le Crociate, incontro e scontro tra Oriente e Occidente”<br />
Atti del convegno, Venezia, 10 e 11 dicembre 2011<br />
<strong>Porphyra</strong>, anno IX, n. 17<br />
l'Imperios, il Florios, la Diegesis di Belsario e l'Achilleide. Lo studioso<br />
aveva attribuito questa ripetizione di sintagmi alla mancanza di originalità e<br />
di fantasia dei diaskevasteis bizantini. Noi pensiamo piuttosto a un<br />
linguaggio convenzionale « plasmato » da questi autori, che traduce una<br />
concordanza di scelte e di strategie.<br />
Questi autori non sono i primi ad abbandonare la lingua purista :<br />
abbiamo acclamazioni in onore dell'imperatore, canti e versi satirici,<br />
probabilmente cantati nella corte e nell'ippodromo e, più prossimi all'epoca<br />
che ci interessa, durante il regno dei Comneni nel XII secolo, i<br />
Ptwcoprodromika,, dedicati con dei versi in vernacolo alla famiglia<br />
imperiale, oltre ai poemi della prigioni di Emmanuele Glycas ed i canti<br />
acritici.<br />
Tuttavia i tempi non erano maturi per tale evoluzione linguistica: indice<br />
di cultura e di appartenenza alla cerchia ristretta dei letterati bizantini era,<br />
come conditio sine qua non, la padronanza dell'idioma attico, nonostante<br />
alcune espressioni, che ne erano in realtà distanti, fossero consideratie<br />
arbitrariamente come tali e la lingua bizantina colta si fondavasse<br />
essenzialmente sulla koiné letteraria.<br />
Interessante la scelta di dare voce a questa lingua che si era sviluppata<br />
sotterraneamente e che era mezzo di espressione orale. Come ogni lingua<br />
parlata è logico pensare che il demotico dovesse differenziarsi in vari<br />
registri, più o meno influenzati dalla lingua sapiente, secondo il livello<br />
sociale del suo locutore ed utilizzatore 332 .<br />
Non vincolati da convenzioni e canoni fissati in passato, gli scrittori dei<br />
romanzi disponevano dei vantaggi e degli inconvenienti di una libertà<br />
abbastanza vasta e coniarono una lingua al contempo lontana dalla sapiente<br />
e, a suo modo, artificiale.<br />
L'ideale di bellezza non cambia durante i secoli, poiché i protagonisti<br />
sono sottili e biondi e le fanciulle dall'incarnato candido e le guance rosee<br />
(per esempio Leucippe - Achille Tazio - 49-54, Makrembolites III, 6-3).<br />
Anche in Digenis, versione G, l. IV, testo più vicino cronologicamente ai<br />
nostri romanzi, la fanciulla incarna l’ideale consacrato dalla tradizione; gli<br />
autori comneni, virtuosi dell’agone retorico, erano ancora sobri nelle<br />
espressioni impiegate nelle ekfraseis e nei composti, che restano abbastanza<br />
rari : essi cominciavano a farne un uso moderato, spesso per descrivere il<br />
fascino ineffabile dei protagonisti.<br />
Per esempio Eugeniano condensò in un'unica parola la definizione delle<br />
gote bianche della giovane come neve e rosse: v. 133 leukeruqro,koun,<br />
mentre i passaggi menzionati sopra non marcano quest'invenzione.<br />
In una lettera indirizzata a Calligone, personnaggio secondario del<br />
romanzo comneno Drosilla e Caricle, II 246-248, Cleandro scrive che la<br />
fanciulla amata è come statua splendente (<strong>qui</strong> anche il topos dell'arte che<br />
compete con la natura) « leukeruqrofwsfo,ron » ; Drosilla ha il petto bianco<br />
come cristallo, IV,120 krustalo,sterne 333 .<br />
332 BROWNING R., The Language of Byzantine Literature, in History, Language and Literacy in the Byzantine World,<br />
Variorum Reprints, Northampton, 1989, XV pp.103-133.<br />
333 Per i romanzi comneni CONCA F., Il romanzo bizantino del XII secolo. Teodoro Prodromo-Niceta Eugeniano-<br />
Eustazio Macrembolita-Costantino Manasse, Torino 1994.<br />
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