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“Venezia e Bisanzio, incontro e scontro tra Oriente ed Occidente”<br />
Atti del convegno tenutosi a Venezia, 10-11 dicembre 2011<br />
<strong>Porphyra</strong>, giugno 2012, n. XVII<br />
dove si faceva ricorso alla miracolistica e alle agevolazioni più svariate per i<br />
conversi 275 . Tuttavia, non significa che gli oblatori con questo tipo di<br />
onomastica siano Ebrei convertiti. Inoltre, non è possibile verificare alcuna<br />
ipotesi sui motivi che avrebbero spinto solo alcuni oblatori di lingua greca a<br />
rendere note le κ⎭µαι di provenienza: è certo un segno di appartenenza, ma<br />
non ci è dato sapere se, ad esempio, fosse un segno di prestigio. Silvio<br />
Panciera, a differenza di Caillet e di altri studiosi, è convinto solo<br />
parzialmente che la vicinanza del quartiere commerciale di A<strong>qui</strong>leia alla<br />
basilica di Monastero giustifichi la presenza della maggior parte dei nomi<br />
orientali di quest’area; tuttavia sostiene che aiuti per lo meno a ricondurre la<br />
datazione relativa dei mosaici un periodo di particolare intensità di scambi<br />
fra l’area a<strong>qui</strong>leiese con l’Oriente e la Siria, tenendo sempre presenti le<br />
relazioni paleografiche nelle iscrizioni dei vari edifici di culto 276 .<br />
Il dibattito fra gli studiosi sul problema di considerare o meno la paleografia<br />
come essenziale per la datazione, almeno relativa, dei mosaici e anche degli<br />
edifici di culto è tutt’ora acceso. In taluni casi la convergenza dei dati<br />
paleografici con quelli archeologici è incoraggiante, dato che molte epigrafi<br />
sono ancora in situ. E’ comunque necessario essere molto prudenti.<br />
La paleografia manifesta un proprio stile ed è possibile individuare un<br />
gruppo di lettere caratteristiche: A, F con tratto superiore ascendente, G, L<br />
con tratto inferiore discendente, M ed N con tratti verticali dotati di<br />
apicatura alle estremità. Mentre i mosaici del fondo Tullio condividono con<br />
la precedente basilica a<strong>qui</strong>leiese le lettere A, L, M, N (non la R, che ha il<br />
tratto obliquo corto, e la F con tratto superiore montante), a causa<br />
dell’impossibilità di un esame paleografico adeguato per le iscrizioni in SS.<br />
Felice e Fortunato è necessario tener conto maggiormente dell’onomastica e<br />
del formulario per la datazione. A Grado, le due iscrizioni in lingua latina,<br />
ma recanti onomastica greca (Agapitus, Daimon e Afrodi[sius/-sia?/-tes]<br />
della basilica di Piazza della Vittoria presentano la A con tratto mediano<br />
spezzato, F con forte segno complementare sul piede di scrittura, L con<br />
tratto inferiore discendente e che si assottiglia, M con due tratti centrali che<br />
si congiungono sulla riga di scrittura e T con tratto superiore appena<br />
accennato. Nel complesso di Sant’Eufemia la D presenta una doppia forma,<br />
quella tradizionale e quella con il tratto ricurvo che prosegue leggermente<br />
oltre il tratto verticale; la G ha sostituito la precedente cediglia con un nuovo<br />
tratto; anche la L presenta vari tipi, con tratto inferiore più o meno lungo,<br />
orizzontale o discendente, la M può essere con tratti verticali o divaricati; la<br />
Q presenta una coda ricurva o puntiforme. Anche la varietà di mestieri,<br />
dignità e condizioni sociali dei dedicanti in parte aiuta nella datazione dei<br />
mosaici: l’attestazione dei numeri militari, ad esempio, assieme alle<br />
iscrizioni dei vescovi Elia e Marciano consentono una datazione quasi ad<br />
annum. Dietro la grandiosità degli edifici e le scelte decorative è un<br />
275 Idem, Il vescovo Cromazio e gli ebrei di A<strong>qui</strong>leia, in AAAd, XII, Udine, 1977, pp. 139-160.<br />
276 PANCIERA S., Osservazioni sulle iscrizioni musive paleocristiane di A<strong>qui</strong>leia e di Grado, in AAAd, VIII, Udine,<br />
1972, pp. 221-223. Ad esempio, ci potrebbe essere una connessione, almeno cronologica, tra le già citate iscrizioni di<br />
Μ⇐λχο∫, figlio di Βαρβ⇑ουσο∫ della basilica di Monastero e di Μ⇐λχο∫ della Beligna (v. nota 40). Lo stesso vale<br />
per Nonnosus di Monastero e la coppia Nonnosus et Severiana sempre alla Beligna (BRUSIN-ZOVATTO 1957, p. 274,<br />
n° 2; CAILLET 1993, p.154, n°11), e per i Malchus et Eufemia attestati nella già citata chiesa (ora distrutta) dei SS.<br />
Felice e Fortunato e a Santa Maria delle Grazie a Grado (CIL V 1619, ora scomparsa; CAILLET, 1993, p. 206, n°6;<br />
COSENTINO, 1996, p. 409, n°399).<br />
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