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“Venezia e Bisanzio, incontro e scontro tra Oriente ed Occidente”<br />

Atti del convegno tenutosi a Venezia, 10-11 dicembre 2011<br />

<strong>Porphyra</strong>, giugno 2012, n. XVII<br />

agli episcopi una serie di importanti compiti civili, quali il controllo sul<br />

bilancio cittadino, la manutenzione del sistema idrico, la facoltà di dirimere<br />

controversie giudiziarie e soprattutto il monitoraggio delle re<strong>qui</strong>sizioni a<br />

favore dell’esercito, al fine di evitare i soprusi.<br />

Oltre a quella dei vescovi, crebbe anche l’influenza dei grandi<br />

proprietari che non avevano un’origine senatoria. Analizzando alcune<br />

fonti, come i “Papiri Ravennati”, è possibile ipotizzare la presenza di<br />

numerosi proprietari con un’origine geografica non italica e uno stato<br />

sociale diverso da quello senatorio. L’episodio di Tulliano, ricordato in<br />

precedenza, dimostra l’esistenza di potentes o primores, i quali erano in<br />

possesso di una certa influenza, economica e politica, pur non avendo<br />

alcun collegamento con il Senato. La politica di Giustiniano, atta a favorire<br />

questi proprietari provinciali, escluse dall’amministrazione delle campagne<br />

il patriziato romano. Nel corso di alcuni decenni, andarono radicandosi le<br />

differenze fra il centro e le periferie d’Italia, il cosiddetto fenomeno del<br />

regionalismo, e i primores regionis si interessarono sempre più ai problemi<br />

locali, a svantaggio della grande politica e dei macro-interessi della<br />

capitale.<br />

Se i senatori videro progressivamente ridursi la loro potenza<br />

economica e politica, non toccò sorte migliore al senato come istituzione.<br />

Durante il regno ostrogoto, quest’organo politico aveva continuato a<br />

svolgere una funzione centrale, poiché la scarsità numerica e l’incapacità<br />

amministrativa dell’aristocrazia militare barbarica ne rendevano utile la<br />

sopravvivenza. Nonostante le pressioni e gli abusi dei militari, i senatori<br />

rivestirono ancora cariche influenti e poterono influenzare la politica<br />

interna del paese. Dopo la vittoria bizantina il senato finì invece per<br />

rappresentare una forma di governo superflua e la penisola fu inserita<br />

nell’ipertrofica macchina burocratica dell’impero. Nonostante l’assemblea<br />

sia riuscita a prolungare la sua attività per altri cinquant’anni, la sua<br />

influenza e il numero dei suoi elementi si ridussero ulteriormente.<br />

Non va dimenticato, poi, che gli interessi dei senatori vennero frustrati<br />

anche in Sicilia. La Sicilia era sempre stata, diremmo oggi il “Senate´s<br />

backyard”. I senatori erano i più ricchi proprietari dell’isola, la quale era da<br />

sempre sotto il loro pieno controllo. Con una Novella 158 , Giustiniano<br />

riorganizzò l’amministrazione della regione: la distinzione fra funzioni<br />

civili e militari venne mantenuta. Fu, infatti, insediato un dux a Siracusa e<br />

un praetor a Catania, entrambi scelti fra funzionari costantinopolitani. A<br />

causa della sua importanza economica e della presenza di numerose<br />

proprietà imperiali, l’isola fu sottratta all’amministrazione senatoria e i<br />

posti di comando furono riservati a orientali 159 . La Sicilia, che era stata<br />

risparmiata, per volere di Teodorico, dal sistema di ripartizione delle terre,<br />

il cosiddetto tertiarum deputatio, finì sotto il controllo diretto della corte di<br />

Costantinopoli 160 .<br />

158<br />

Corpus Iuris Civilis, III, Novellae, 104 (537).<br />

159<br />

Cfr. RUGGINI L. C., Il Senato fra due crisi (III-VI secolo), in E. GABBA (a cura di), Il Senato nella storia, I (Il<br />

Senato nell'età romana), Roma 1998, pag. 370.<br />

160<br />

Cfr. RUGGINI L. C., La Sicilia tra Roma e Bisanzio, in: Storia della Sicilia, vol III, Soc. Ed. Storia di Napoli e della<br />

Sicilia, 1980.<br />

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