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“Venezia e Bisanzio, incontro e scontro tra Oriente ed Occidente”<br />
Atti del convegno tenutosi a Venezia, 10-11 dicembre 2011<br />
<strong>Porphyra</strong>, giugno 2012, n. XVII<br />
si porta all’attenzione la famosa missiva volta ai contendenti della<br />
“controversia ariana”, trascritta da Eusebio; eppure in dottrina, a tal<br />
riguardo, non è venuto meno quel qualcuno che ha finanche postulato la<br />
natura apocrifa della corrispondenza, sicché sembrava il frutto di<br />
un’interpolazione, redatta ad hoc in ambienti ariani ed inserita ex post nel<br />
nucleo originale della “Vita Constantini”.<br />
L’Augusto, dopo l’adizione rituale, orbene, espresse la propria<br />
opinione attraverso un vestimentum, che difficilmente può essere<br />
ricondotto al modello tout court dell’epistola, codificata dall’usus della<br />
cancelleria imperiale romana la quale, come ci ricorda lo Schiavone,<br />
risolveva «solo la questione di diritto, -chiamando- il giudice a riscontrare<br />
la conformità della decisione ai fatti -che riassumeva- nella persona del<br />
principe l’esercizio delle funzioni del giudice, interprete e creatore del<br />
diritto». 31 Pertanto, l’uso atipico di un simile mezzo di comunicazione<br />
della volontà imperiale, appalesato ai due avversari (Ario ed Anastasio) a<br />
mezzo del fido Osio di Cordova, veniva ricondotto dal Marcone ad un<br />
“prudente” intervento d’arbitrato, 32 e dal Piras ad «un punto di vista (…)<br />
s<strong>qui</strong>sitamente politico», -giacché- «gli sfuggiva il fatto che proprio<br />
l’integrità dottrinale, che lui giudicava irrilevante alla stregua di<br />
un’oziosa questione, che era invece sentita come essenziale per l’esistenza<br />
della Chiesa, a differenza delle religioni pagane che fondavano la loro<br />
essenza su base culturale più che dogmatica». 33<br />
Ebbene, l’epistola in ambito cristiano godeva di un illustre e vetusto<br />
precedente, e posti, altresì, i contenuti dell’atto costantiniano che esulavano<br />
da un qualsiasi carattere giuridico, si deve concludere che la missiva non<br />
presentava nemmeno gli elementi “sostanziali” né l’habitus formale<br />
concernente; il “documentum” de quo, almeno in “astratto”, voleva<br />
“sfruttare” gli etimi adoperati finanche dagli apostoli che solevano<br />
ammonire le comunità con numerosi appelli alla «concordia».<br />
Benché la verve esortativa e l’enfasi dissuasiva risentivano<br />
dell’imprinting apostolico, in essa, sovente, emergeva una diversa<br />
sensibilità compenetrata da un sentire effuso di sottile “vena” politica che<br />
inficiava de facto le sue rationes.<br />
Ma non solo, il lessico adoperato dall’imperatore in una successiva<br />
comunicazione del 333, connotata dalle medesime qualitates, annoverate<br />
come apostoliche ex abrupto, ed indirizzata ad Ario, secondo il Piras<br />
esortava addirittura «l’eresiarca con movenze che potremmo definire<br />
“episcopali”», richiamando l’espressione veterotestamentaria: «‘îš<br />
‘îelohîm» (uomo di Dio), che, come ci ricordano Koeher e Baumgartner 34<br />
era riferita esclusivamente a patriarchi e profeti:<br />
Vieni da me, ti dico, vieni da me uomo di Dio: credi pure che con le mie domande<br />
scruterò le pieghe del tuo cuore e se sembrerà esservi della follia, implorando la grazia<br />
divina, ti guarirò meglio dal morso velenoso. 35<br />
31<br />
Cfr. SCHIAVONE A. (a cura di), Storia del diritto Romano, Torino 2001, pp. 217-218.<br />
32<br />
Cfr. MARCONE A., Pagano e Cristiano. Vita e mito di Costantino, (= MARCONE, Pagano), Roma-Bari 2002, pp.<br />
121 ss.<br />
33<br />
Cfr. PIRAS, L’atteggiamento, pp. 237-238.<br />
34<br />
Cfr. KOEHLER- L. BAUGARTER W., Lexicon in veteris testamenti libros, Leiden 1985, p. 41.<br />
35<br />
GELASIO, 3,19, PG 85, 1355.<br />
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