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Abitare la terra: questione ambientale

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La seconda lezione è che <strong>la</strong> povertà e <strong>la</strong><br />

diseguaglianza non sono <strong>la</strong> conseguenza del<br />

mancato sviluppo, ma al contrario sono <strong>la</strong><br />

conseguenza delle politiche di sviluppo. Lo<br />

sviluppo nel mondo ha prodotto crescita<br />

economica solo per una minoranza, mentre<br />

per <strong>la</strong> maggioranza è stato produttore di<br />

scarsità.<br />

D'altra parte di fronte ai dati e alle analisi<br />

che mettono in luce le ingiustizie e le<br />

contraddizioni del<strong>la</strong> situazione presente c'è <strong>la</strong><br />

tendenza a porsi in un atteggiamento di<br />

rivendicazione vittimista. In questo modo<br />

anziché riconoscere i nuclei conflittuali<br />

dall'attuale situazione si genera una specie di<br />

complicità con i meccanismi e l'immaginario<br />

dominante. Il cuore dell'illusione dello<br />

sviluppo si può rintracciare nell'osservazione<br />

di Majid Rahnema secondo il quale <strong>la</strong> fede<br />

nello sviluppo si sostiene sull'illusione che un<br />

giorno i vantaggi dello sviluppo saranno<br />

accessibili a tutti. Purtroppo però lo sviluppo<br />

ha implicita una dimensione competitiva e<br />

«posizionale», per usare il termine suggerito<br />

da Fred Hirsch 1 . Non è una soglia che una<br />

volta raggiunta «è fatta», ma una lotta<br />

continua per mantenere le proprie posizioni<br />

sul mercato in rapporto agli altri concorrenti.<br />

L'avanzamento generale è un'illusione.<br />

Un'altra lezione che andrebbe registrata sta<br />

nel fatto che <strong>la</strong> crescita economica non<br />

sembra essere, come si era creduto, un mezzo<br />

sicuro di riduzione del<strong>la</strong> povertà, soprattutto<br />

se questa crescita si accompagna a una<br />

crescente dipendenza delle persone dal<br />

reddito monetario come unica forma di<br />

costruzione del tenore di vita. La povertà nel<br />

sud del mondo per molti versi è divenuta<br />

terribile perché lo stile di vita di un sempre<br />

maggior numero di persone dipende sempre<br />

più so<strong>la</strong>mente dal reddito. Tradizionalmente<br />

invece il tenore di vita dipendeva - per quanto<br />

riguarda gli alimenti, <strong>la</strong> salute, i vestiti, le<br />

abitazioni, l'energia - anche dall'accesso<br />

diretto alle risorse biologiche del<strong>la</strong> <strong>terra</strong>, dalle<br />

re<strong>la</strong>zioni sociali, dagli scambi non economici,<br />

dalle forme di reciprocità e di dono.<br />

Rovesciando il ragionamento il tenore e <strong>la</strong><br />

qualità del<strong>la</strong> vita, non solo nel sud del mondo,<br />

1 Cfr. Fred Hirsch, I lunati sociali allo sviluppo<br />

(1976), Bompiani, Mi<strong>la</strong>no, 1991<br />

ma anche nel mondo occidentale, possono<br />

migliorare anche senza un aumento del<br />

reddito, o un aumento dei consumi, nel caso<br />

in cui si riesca a recuperare al<strong>la</strong> vita sociale<br />

delle forme di scambio, di mutualità e di<br />

sostegno non dipendenti dal reddito<br />

monetario.<br />

Oggi lo sviluppo si presenta come <strong>la</strong><br />

religione del<strong>la</strong> modernità. Nei fatti si osserva<br />

una divaricazione enorme tra le promesse<br />

dello sviluppo e <strong>la</strong> realtà concreta, o se<br />

vogliamo tra il discorso dello sviluppo e <strong>la</strong><br />

sua reale esperienza storica. Il sempre<br />

maggiore scol<strong>la</strong>mento tra i due aspetti viene<br />

interpretato continuamente come un problema<br />

di sforzi insufficienti, e si rimanda al<strong>la</strong><br />

necessità di un ulteriore impegno, di un ulteriore<br />

sacrificio. Tutto viene riportato a una<br />

<strong>questione</strong> di buona volontà: non si è stati<br />

bravi, non ci si è comportati bene, mentre in<br />

realtà ci troviamo di fronte a una vistosa<br />

eterogenesi dei fini. E in effetti si potrà<br />

sempre dire non si è fatto abbastanza, e ci sarà<br />

sempre qualcosa che non si è ancora provato.<br />

Ma le premesse logiche e culturali dello<br />

sviluppo non vengono mai messe in<br />

<strong>questione</strong>, non sono mai interrogate sebbene<br />

siano macroscopiche: l'antropocentrismo e il<br />

dominio sul<strong>la</strong> natura, l'etnocentrismo, il<br />

primato dell'economico sul sociale, il primato<br />

del rapporto con le cose rispetto al rapporto<br />

tra persone, il primato del<strong>la</strong> produzione sul<strong>la</strong><br />

riproduzione, l'individualismo e l'utilitarismo<br />

di fondo, l'ossessione del<strong>la</strong> quantità e del<br />

consumo e così via.<br />

L'ambivalenza del<strong>la</strong> sostenibilità<br />

Il dibattito attuale sullo sviluppo è diviso<br />

tra due prospettive opposte: c'è chi sostiene <strong>la</strong><br />

possibilità di uno sviluppo alternativo<br />

(umano, sostenibile ecc.) e chi rivendica <strong>la</strong><br />

necessità di ragionare sulle alternative allo<br />

sviluppo.<br />

Tra gli approcci basati sull'idea di uno<br />

sviluppo alternativo, oggi va di moda<br />

soprattutto l'idea dello sviluppo sostenibile. In<br />

realtà c'è molto di vecchio in questa idea. Una<br />

delle ipotesi del successo del concetto di<br />

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