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Abitare la terra: questione ambientale

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BIOS, ANTHROPOS, ETHOS, SENTIERI DEL PENSIERO<br />

FILOSOFICO<br />

Bíos, ánthropos, éthos. La sequenza dei<br />

termini è quasi spontanea e già in se stessa dà a<br />

vedere l'intimità di un nesso o di un rinvio.<br />

Nel<strong>la</strong> tradizione del linguaggio, bíos risuona<br />

con significati analoghi all'altra paro<strong>la</strong> che pure<br />

dice del<strong>la</strong> vita, zoé, ma per contrasto dice anche<br />

d'un senso più ampio ed implica il richiamo del<br />

tempo, del<strong>la</strong> durata, cioè dei mondi più propri<br />

all'essere dell'uomo, che in se stesso è appunto<br />

temporalità e storia: bíos come vita quam<br />

vivimus, piuttosto che vita qua vivimus; durata<br />

del<strong>la</strong> vita, dunque, piuttosto che animalità,<br />

nutrimento o quantità materiale. Ma per questo,<br />

nel suo determinarsi in durata, bíos ha talora<br />

assunto anche il significato di dimora, di<br />

soggiorno 1 : l'uomo che si colloca in un<br />

orizzonte e che pone <strong>la</strong> sua esistenza in un<br />

concreto spazio vitale. Il suo distendersi e il suo<br />

operare nel tempo, insomma il suo éthos, è così<br />

pure vita d'ambiente, tessuto di re<strong>la</strong>zioni,<br />

cultura del<strong>la</strong> <strong>terra</strong> e del mondo animato. La vita<br />

che viviamo fa tutt'uno con <strong>la</strong> vita di cui<br />

viviamo.<br />

Quest'unità non è però cosa pacifica e, come<br />

sappiamo, <strong>la</strong> sua storia è da sempre storia di<br />

incessanti contraddizioni. Anche <strong>la</strong> nostra storia<br />

ne è testimone ed anzi lo è nel segno di un<br />

crescente paradosso: mai come oggi il potere<br />

sul<strong>la</strong> vita e sull'ambiente è stato tanto profondo<br />

e tanto penetrante, ma mai come oggi il potere<br />

dell'uomo sembra entrare in contraddizione con<br />

se stesso. L'intelligenza tecnica ha potuto<br />

annunziarsi come il «nuovo nome del<strong>la</strong> pace» 2 ,<br />

e tuttavia per <strong>la</strong>ti diversi le vie del<strong>la</strong> pace<br />

sembrano compromesse alle radici, proprio<br />

nelle re<strong>la</strong>zioni costitutive con <strong>la</strong> vita e con<br />

l'ambiente del<strong>la</strong> vita: il senso del<strong>la</strong> pace, che è<br />

re<strong>la</strong>zione di reciprocità e che solo come tale garantisce<br />

ogni essere in se stesso, spesso sembra<br />

perduto in una pulsione appropriativa che mira<br />

soprattutto al sé e che così finisce<br />

coll'espropriare l'altro da sé.<br />

Questa perdita del senso potrebbe essere<br />

narrata nuovamente col duro <strong>la</strong>mento del libro<br />

di Giobbe. Penso in partico<strong>la</strong>re al cap. 28, un<br />

interludio che certo si riferisce a stagioni di<br />

1 D.D'ALICARNASSO, Antiquitates romanae, 1,6<br />

2 Populorum progressio, 48.<br />

grandi imprese civili e che, come in un grande<br />

affresco, descrive appunto l'opera emergente<br />

dell'homo faber: l'uomo che estrae dal<strong>la</strong> <strong>terra</strong> i -<br />

minerali più utili e quelli più preziosi; l'uomo<br />

che sposta i limiti del<strong>la</strong> tenebra e scruta l'estremità<br />

di ogni cosa, dove l'occhio del falco<br />

non arriva; e, ancora, l'uomo che giunge a<br />

vedere nel<strong>la</strong> profondità delle acque e sa portare<br />

al<strong>la</strong> luce quel che era ce<strong>la</strong>to. E tuttavia - si<br />

chiede Giobbe - «<strong>la</strong> sapienza donde sgorga e<br />

qual è il giacimento dell'intelligenza?» 3 . Si dà<br />

un estrarre e un disporre, un edificare ed un<br />

portare al<strong>la</strong> luce, ma non è detto che questo sia<br />

nell'ordine dell'intelligenza o di quel<strong>la</strong> sapienza<br />

creatrice che «scorge i confini del<strong>la</strong> <strong>terra</strong>» e che<br />

all'inizio «determinò il peso del vento,e definì<br />

<strong>la</strong> misura delle acque» 4 .<br />

Il passo di Giobbe non va qui inteso soltanto<br />

come voce ritornante di un antico male: nihil<br />

sub sole novi! Il <strong>la</strong>mento sarebbe allora sterile<br />

e, tutto sommato, quasi pleonastico. La<br />

citazione va invece ripercorsa nelle sue chiavi<br />

di lettura e da questo <strong>la</strong>to porta ben al di là di<br />

un semplice rilievo critico. La prima chiave<br />

<strong>la</strong>scia intravedere una concezione per noi<br />

inconsueta del<strong>la</strong> tecnica ed indica in tal senso<br />

un percorso di grande profondità: <strong>la</strong> tecnica è<br />

descritta, sì, come opera di manipo<strong>la</strong>zione<br />

(l'estrazione dei minerali preziosi, l'oro che<br />

viene raffinato, il rame che sgorga dal<strong>la</strong><br />

fusione, i monti che vengono perforati, ecc.),<br />

ma di quest'opera si dice anche come di un<br />

crescente vedere e d'un vedere che si dà nello<br />

sve<strong>la</strong>mento. Ed ecco l'uomo che sposta i limiti<br />

delle tenebre, che giunge ai sentieri ove l'occhio<br />

potente dell'avvoltoio e quello del falco non<br />

saprebbero guardare: l'uomo che infine «porta<br />

al<strong>la</strong> luce quel che era nascosto» 5 . Ritorneremo<br />

su questo punto, che è fondamentale e, certo,<br />

non di prima evidenza. Intanto si noti come<br />

l'opera dello sve<strong>la</strong>re qui non fa tutt'uno con<br />

l'opera del<strong>la</strong> verità: Giobbe infatti si chiede<br />

donde possa estrarsi <strong>la</strong> sapienza e dove si trovi<br />

il giacimento dell'intelligenza, dove il peso e<br />

dove <strong>la</strong> misura. Peso e misura dicono del<strong>la</strong><br />

3 Gb 28, 12<br />

4 Gb 28, 24-25.<br />

5 Gb 28, 11.<br />

15

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