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Abitare la terra: questione ambientale

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paga? oppure a chi arriva primo? Capite che,<br />

qualunque rego<strong>la</strong> si decida, non va bene. Ci può<br />

essere anche una rego<strong>la</strong>mentazione attraverso<br />

una persuasione occulta, per esempio il<br />

patriottismo: si spera che si vada a fare il<br />

militare volontariamente.<br />

Come vedete, ognuno dei meccanismi<br />

adottati <strong>la</strong>scia a desiderare dal punto di vista<br />

dell'equità; e perciò, se anche funziona finché<br />

non è consapevole, diventa inaccettabile nel<br />

momento in cui viene se ne viene a conoscenza.<br />

Vi racconto un aneddoto. In Svezia c'è stata<br />

una lunghissima discussione sul rendere<br />

obbligatori i caschi dei motorini, perché c'era<br />

un'opposizione fortissima. Si è scoperto che <strong>la</strong><br />

lobby che spingeva per non averli era quel<strong>la</strong> dei<br />

medici; e <strong>la</strong> ragione era che <strong>la</strong> maggior parte<br />

degli organi da trapiantare arrivano da incidenti<br />

e devono provenire da giovani in buona salute.<br />

La motivazione dei medici era anche più sottile:<br />

se non avessimo questo materiale per fare i<br />

trapianti, non riusciremmo a sviluppare questo<br />

ramo del<strong>la</strong> medicina, che è importantissima.<br />

Allora vedete: riusciamo a sviluppare il nostro<br />

sistema, ad avere l'efficienza, soltanto se<br />

creiamo lo squilibrio; in assenza di risorse,<br />

senza squilibri non possiamo avere lo sviluppo.<br />

L'altro aspetto è invece il conflitto intergenerazionale.<br />

Noi mettiamo un "tasso di<br />

sconto", cioè sostanzialmente adottiamo questa<br />

idea: un beneficio che arriva tra 10 o 20 anni<br />

vale meno dello stesso che arriva oggi. Se dico a<br />

uno che gli do un milione tra 20 anni, quello<br />

preferisce prendere 200 mi<strong>la</strong> lire oggi. L'effetto<br />

di questo tasso di sconto è che, nelle decisioni<br />

che prendiamo, i benefici che arrivano alle<br />

generazioni future hanno una importanza<br />

bassissima. Se dovessimo piantare una foresta<br />

con gli alberi seco<strong>la</strong>ri, i costi li avremmo subito<br />

e i benefici tra 100 anni; se applichiamo il tasso<br />

di sconto, anche soltanto dell'1%, il beneficio tra<br />

100 anni è sceso quasi a zero. Quindi con questa<br />

logica non ci metteremo mai a piantare alberi di<br />

alto fusto, perché sul mercato le generazioni<br />

future non sono rappresentate. Gli agenti che<br />

operano sul mercato sono quelli di oggi, e le<br />

generazioni future non ci sono. E' questo uno<br />

dei fattori che portano allo sviluppo non<br />

sostenibile: consumiamo <strong>la</strong> foresta e il clima a<br />

una velocità che è quel<strong>la</strong> compatibile con noi<br />

personalmente, non con i nostri posteri. Gli<br />

economisti giustificano questa condotta dicendo<br />

che le generazioni future saranno più ricche, e<br />

quindi è giusto che i benefici a loro favore<br />

contino meno; c'è lo sviluppo, <strong>la</strong> crescita, ci<br />

sono le nuove tecnologie: quindi gli<br />

consegnamo un mondo più ricco, che rende<br />

superflui ulteriori benefici. Ora, questo sarebbe<br />

stato vero in un paradigma di crescita<br />

continuativa. Se invece sono vere le cose che<br />

abbiamo detto, è quasi certo che le generazioni<br />

future saranno non più ricche ma al contrario<br />

più povere. Allora, non dovremmo avere un<br />

tasso di sconto sociale positivo, ma addirittura<br />

negativo.<br />

Come vedete, questa è una critica<br />

pesantissima; perciò non viene accettata. Si<br />

dice: è vero che noi consumiamo capitale<br />

naturale, ma i posteri saranno più ricchi perché<br />

saranno in possesso di nuove tecnologie. Ma<br />

neppure questo è vero, perché al<strong>la</strong> fine <strong>la</strong><br />

tecnologia ha bisogno del capitale naturale;<br />

senza contare che i problemi globali che<br />

abbiamo visto prima sono di ben altra<br />

dimensione.<br />

Considerazioni integrative<br />

Un altro mito scientifico viene messo in<br />

discussione: il riduzionismo meccanicistico.<br />

La scienza, anche quel<strong>la</strong> economica, si è<br />

sviluppata sostanzialmente con i criteri del<strong>la</strong><br />

fisica meccanica, che non considera <strong>la</strong> freccia<br />

del tempo, formu<strong>la</strong>ndo perciò leggi immutabili.<br />

Invece <strong>la</strong> freccia del tempo, dicono quelli che<br />

vogliono cambiare in modo radicale l'economia,<br />

conta moltissimo, in partico<strong>la</strong>re per il principio<br />

dell'entropia, che è il secondo principio del<strong>la</strong><br />

termodinamica.<br />

Il primo principio dice che nul<strong>la</strong> si crea e<br />

nul<strong>la</strong> si distrugge (bi<strong>la</strong>ncio energetico), ma il<br />

secondo aggiunge che l'energia passa col tempo<br />

da una forma pregiata, compatta, utilizzabile, a<br />

una degradata; si trasforma in calore che, per<br />

esempio, si disperde, così che non siamo più<br />

capaci di riutilizzarlo se non impiegando più<br />

energia di quel<strong>la</strong> che ci può dare. C'è dunque<br />

una direzione che va dall'ordine verso il<br />

disordine, che va dalle forme pregiate di energia<br />

a quelle degradate.<br />

Alcuni nuovi economisti hanno<br />

generalizzato questo principio, estendendolo<br />

anche al<strong>la</strong> materia: i minerali, <strong>la</strong> foresta sono<br />

fenomeni irreversibili, nel senso che anche qui<br />

prendiamo delle risorse e le trasformiamo in una<br />

forma non utilizzabile. Risorse che, per di più,<br />

sono scarse. Allora non è vero che il tempo non<br />

conta: il tempo va in una direzione precisa e va<br />

degradando tutte le forme di energia. E se i<br />

tempi del<strong>la</strong> Terra sono immensi (25 miliardi di<br />

anni), non così per <strong>la</strong> scarsità di risorse, che<br />

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