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Abitare la terra: questione ambientale

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I problemi affettivi che portano al<strong>la</strong><br />

sofferenza psicologica nascono sempre dal<strong>la</strong><br />

repressione dei bisogni e quindi dall'incapacità<br />

di realizzarli.<br />

L'interiorizzazione dei codici affettivi sfocia<br />

in un buon rapporto con <strong>la</strong> propria affettività.<br />

Quanto più sappiamo rispettare <strong>la</strong> nostra vita<br />

affettiva in tutte le sue pieghe, entusiasmi,<br />

passioni, curiosità, paura, fragilità, ansia, e<br />

sappiamo dare risposte - una risposta adulta,<br />

matura, che sappia ascoltare, comprendere ed<br />

eventualmente rimuovere nel<strong>la</strong> realtà gli<br />

ostacoli ad una risposta soddisfacente - tanto<br />

più siamo in grado di re<strong>la</strong>zionarci con gli altri,<br />

adulti o bambini che siano, sani o ma<strong>la</strong>ti,<br />

bisognosi o autonomi.<br />

Dobbiamo ricordare come il passaggio dal<strong>la</strong><br />

vita infantile a quel<strong>la</strong> adulta non comporti<br />

affatto il superamento del<strong>la</strong> precarietà e del<br />

rischio dell'esistere. Per quanto più sicuri di un<br />

bambino, sono infinite le condizioni del<strong>la</strong> vita<br />

in cui ci si sente in pericolo, stanchi, soli,<br />

spaventati, deboli.<br />

Per definizione, mestieri quali quello<br />

dell'insegnante o dell'addetto sanitario in<br />

genere richiedono un buon rapporto con <strong>la</strong><br />

propria affettività in quanto contemp<strong>la</strong>no una<br />

re<strong>la</strong>zione impari con qualcuno che ha bisogno<br />

di noi, che attende da noi qualcosa. Individuare<br />

e tenere presente l'origine affettiva di questa<br />

dipendenza è molto utile per sapere gestire i<br />

rapporti.<br />

Le donne che noi seguiamo sono donne "in<br />

ansia" più o meno dichiarata per il momento<br />

partico<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> vita che stanno<br />

attraversando. Spesso si tratta di un momento<br />

atteso, reso ancora più importante da questa<br />

attesa e quindi ancora più carico di emotività:<br />

è presente inoltre un elemento di incertezza e<br />

di rischio. C'è, per chi è al primo figlio,<br />

l'impatto con <strong>la</strong> novità, il non sapere cosa<br />

sarà, né il parto, né il rapporto col nascituro:<br />

si intuisce che qualcosa cambierà, ma non si<br />

sa esattamente cosa.<br />

Si tratta di accogliere (codice materno),<br />

senza reprimere, l'emotività di queste persone,<br />

di mostrar loro, senza <strong>la</strong> ricerca di formule<br />

onnipotenti, che <strong>la</strong> loro incertezza e <strong>la</strong> loro<br />

ansia possono essere condivise, che è naturale<br />

che si sentano così; e che <strong>la</strong> risposta non<br />

consiste nel sapere già, ma nell'apprendere<br />

gradualmente dall'esperienza (codice<br />

paterno). Su vicende di questo tipo <strong>la</strong><br />

differenza non è fra chi sa e chi non sa, ma fra<br />

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chi ha provato e chi non ha provato. Si tratta<br />

quindi, come per il bambino, di incoraggiare<br />

nel<strong>la</strong> donna <strong>la</strong> sua capacità a imparare,<br />

proprio a partire dal<strong>la</strong> constatazione del suo<br />

non sapere, ma restituendole <strong>la</strong><br />

consapevolezza del<strong>la</strong> sua predisposizione<br />

innata a essere madre (perché <strong>la</strong> natura <strong>la</strong>vora<br />

in questo senso) e scoprire in sé di essere<br />

adeguata. Questo atteggiamento verso <strong>la</strong><br />

donna è già un esempio di quale attitudine <strong>la</strong><br />

donna deve avere verso il bambino.<br />

Riconoscere e proteggere <strong>la</strong> capacità,<br />

trasmettere l'esperienza.<br />

È importante sottolineare, pur nel<strong>la</strong><br />

trasmissione di informazioni generali, che <strong>la</strong><br />

storia di ognuno è diversa da quel<strong>la</strong> dell'altro.<br />

Così come ogni bambino è diverso da<br />

qualsiasi altro e si esprime in modo del tutto<br />

personale.<br />

Può capitare che i pazienti vengano da noi<br />

con <strong>la</strong> richiesta di formule e interventi mirati<br />

a passivizzarli.<br />

Questa richiesta inconscia di<br />

passivizzazione, e quindi di<br />

deresponsabilizzazione, non è utile perché<br />

sposta fuori dall'individuo <strong>la</strong> sua capacità di<br />

agire, <strong>la</strong> ripone in un altro da cui però si è<br />

costretti a dipendere in quanto di fatto niente<br />

è stato trasmesso ed appreso. Altra cosa è<br />

accogliere <strong>la</strong> fiducia del paziente e fornire<br />

informazioni e consigli destinati a muovere le<br />

sue capacità per affrontare insieme gli eventi.<br />

La svalutazione di sé (paziente),<br />

l'idealizzazione dell'altro (medico/operatore<br />

sanitario) che a volte va ad appagare esigenze<br />

narcisistiche personali, in realtà, rafforzano<br />

nel paziente un senso di solitudine, di<br />

impotenza, lo derubano del<strong>la</strong> sua<br />

partecipazione attiva, del senso di<br />

responsabilità e conquista: solo<br />

apparentemente si allontanano l'incertezza e <strong>la</strong><br />

sofferenza, ma in realtà si perdono l'orgoglio<br />

e il compiacimento per ciò che si è saputo<br />

affrontare. È un po' come fare il compito per<br />

il proprio figlio senza <strong>la</strong>sciargli vivere, pur<br />

nel<strong>la</strong> fatica, <strong>la</strong> soddisfazione di aver fatto da<br />

sé, seppur con l'aiuto di qualcuno. In realtà,<br />

sia coi bambini che coi pazienti, non ci viene<br />

richiesto di essere né onniscienti, né<br />

onnipotenti.<br />

Ci viene richiesto di stare insieme, di<br />

capire le. emozioni, condividerle e offrire<br />

quel<strong>la</strong> competenza umana e tecnica che

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