cui gode attualmente il 10% è improponibile: significherebbe <strong>la</strong> distruzione di tutte le risorse del<strong>la</strong> <strong>terra</strong> in pochi anni. D'altra parte nessuno, penso, si illude che sia tanto facile cambiare lo stile di vita e ridurre il livello di consumi di questo 10%, al quale noi, tra l'altro, apparteniamo. Se si considera poi l'aspetto del<strong>la</strong> giustizia intergenerazionale, alcuni paesi, che per primi hanno beneficiato dello sviluppo industriale, si trovano in una partico<strong>la</strong>re posizione debitrice rispetto agli altri. C'è, per esempio, chi ha fatto uno studio sul<strong>la</strong> ripartizione equa, a livello mondiale, del<strong>la</strong> emissione di CO 2, sul<strong>la</strong> base di un principio di diritti intergenerazionali "di inquinare". Da questo studio emerge che gli USA sono il paese, che ha più abusato del diritto di inquinare, e quindi dovrebbe maggiormente impegnarsi a correggere i propri costumi in futuro 10 . Ma gli USA, come tutti i paesi ricchi, non accettano <strong>la</strong> responsabilità delle conseguenze dello sviluppo già raggiunto a spese dell'ambiente mondiale. Così comincia a farsi strada, nei paesi poveri, il concetto di "colonialismo <strong>ambientale</strong>". SVILUPPO SOSTENIBILE: COME CONTROLLARE CIÒ CHE NON È PREVEDIBILE? Da quanto abbiamo visto <strong>la</strong> sostanza del<strong>la</strong> <strong>questione</strong> <strong>ambientale</strong> sta nello "sviluppo", più che nell'inquinamento (fenomeno derivato). È diventato di moda negli ultimi tempi par<strong>la</strong>re di sviluppo sostenibile. All'aggettivo sostenibile sono state date però connotazioni molto diverse, alcune contraddittorie. Ammesso di metterci d'accordo sul significato di sostenibile, resta però il problema di come guidare questo sviluppo. Il controllo dello sviluppo del<strong>la</strong> società moderna appare sempre di più a molti (io mi metto tra questi) come il controllo di un sistema di cui non si sa fare il modello, cioè il controllo di un sistema ancora "ignoto". Nel controllo di questi sistemi, l'ingegneria dei sistemi complessi insegna che l'algoritmo di controllo utilizzabile può essere soltanto un cammino di apprendimento continuo: apprendimento nello stesso tempo delle caratteristiche del sistema control<strong>la</strong>to e degli effetti del<strong>la</strong> nostra azione di controllo su di esso. La possibilità di apprendimento è però indebolita dal fatto che si tratta di un sistema in fase di accelerazione. L'accelerazione amplifica le differenze, introduce instabilità. Ma è ipotizzabile o anche soltanto auspicabile una diminuzione di questa accelerazione? 10 CO 2 : a ba<strong>la</strong>ncing of accounts, in "Options". IIASA, dicembre 1990, pag. 10-13. Al di sopra di tutto aleggia una domanda molto imbarazzante, al<strong>la</strong> quale sono state date risposte, implicite o esplicite, contrastanti: quale potrà essere in futuro il ruolo del<strong>la</strong> tecnologia, dell'artificiale, del<strong>la</strong> "creazione umana"? Quali effetti compensatori potrà introdurre per bi<strong>la</strong>nciare gli evidenti impatti negativi? Per esempio le biotecnologie possono portarci una evoluzione biologica nuova, forzata, compensatrice eventuale del<strong>la</strong> scomparsa di specie biologiche "naturali"? Come mettere in conto <strong>la</strong> capacità, dimostrata, delle civilizzazioni di nascere, ma anche di morire traumaticamente? Di fronte a queste domande, il problema dei valori, che non è un problema scientifico, diventa il problema dominante. Non è casuale che insieme al<strong>la</strong> <strong>questione</strong> <strong>ambientale</strong>, sia, in qualche modo esplosa, <strong>la</strong> <strong>questione</strong> dell'etica. CONCLUSIONE Vista così dal basso, dai dati fisici e culturali, <strong>la</strong> <strong>questione</strong> <strong>ambientale</strong> appare come il risultato di un cambiamento profondo del numero e del<strong>la</strong> natura delle re<strong>la</strong>zioni che legano contestualmente gli uomini con <strong>la</strong> Terra e tra di loro. La "<strong>questione</strong>" sta nel<strong>la</strong> rilevanza storica di questo cambiamento e nel<strong>la</strong> sua paventata evoluzione. Fino a poco tempo fa i due mondi di re<strong>la</strong>zione, quello degli uomini con <strong>la</strong> Terra e degli uomini tra di loro, evolvevano, ma su binari paralleli. I diritti di proprietà e di autonomia individuale e collettiva (comuni, regioni, stati), garantivano <strong>la</strong> separazione di questi binari. Oggi questa separazione diventa sempre più incerta. II modo o i tempi con cui l'uomo manipo<strong>la</strong> <strong>la</strong> <strong>terra</strong>, l'acqua, o l'atmosfera ha riflessi che vanno oltre i confini del<strong>la</strong> sua autonomia, tocca altri uomini in modo sempre più palese. Le "risorse di libero accesso" non sono più considerate libere, e i diritti di uso e consumo delle risorse scambiabili, oggetto del<strong>la</strong> economia, sono sempre più vinco<strong>la</strong>ti. Aspetti un tempo irrilevanti del vivere collettivo: <strong>la</strong> destinazione dei rifiuti per esempio, diventano aspetti dominanti. In questo senso possiamo dire che <strong>la</strong> <strong>questione</strong> <strong>ambientale</strong> è una sfida nuova per l'evoluzione culturale dell'uomo. Una sfida per le scienze fisiche e naturali, ma soprattutto per le scienze umane: il diritto, l'economia, <strong>la</strong> filosofia, ecc., il cui compito è comprendere e guidare i comportamenti umani. Tratto da Pensare politicamente l’ambiente: i fondamenti, di Agazzi Melchiorre Strassoldo Volta, ed. In dialogo, Mi<strong>la</strong>no 1993. 27
28 Il presente materiale, distribuito agli iscritti al corso, è destinato esclusivamente ad uso interno.
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