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Abitare la terra: questione ambientale

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faccia», cioè pensano di poter benissimo<br />

control<strong>la</strong>rsi, di poter decidere come, quando e<br />

quanto consumare. Pensano che magari questa<br />

è veramente l'ultima volta, che non lo si farà<br />

più. Ma non è così, non funziona così. Questa<br />

presunzione di autocontrollo razionale è uno<br />

degli ostacoli principali per uscire dal<strong>la</strong><br />

dipendenza. Per questo ogni volta che<br />

mettiamo avanti una mentalità o un modo di<br />

ragionare che insiste sul<strong>la</strong> nostra capacità di<br />

porci razionalmente dei limiti e di<br />

autocontrol<strong>la</strong>rci finiamo in realtà per<br />

riconfermare, con questa presunzione<br />

razionale, un dualismo tra una mente pensante<br />

buona, innocente ed ecologica e un'abitudine<br />

del nostro corpo o del<strong>la</strong> nostra società a<br />

sfruttare, a produrre, a consumare qualcosa.<br />

Per cambiare ottica dovremmo cominciare a<br />

pensare allora che le situazioni in cui si<br />

manifestano patologie nel<strong>la</strong> produzione e nel<br />

consumo e quindi un inquinamento sociale e<br />

<strong>ambientale</strong> sono solo i momenti di emergenza<br />

di problemi che riguardano il nostro modo di<br />

ragionare nel<strong>la</strong> «normalità» del<strong>la</strong> nostra<br />

ragione quotidiana. Per uscire dal<strong>la</strong> coazione<br />

a ripetere sempre il medesimo gesto<br />

dobbiamo perciò riconoscerci ma<strong>la</strong>ti in senso<br />

più profondo e renderci così disponibili a<br />

cambiare mentalità e stile di vita.<br />

Del resto questo tipo di problemi lo si può<br />

osservare continuamente anche nel<strong>la</strong> nostra<br />

quotidianità. Come sa bene chi è abituato a<br />

viaggiare in macchina, ogni volta che si fissa<br />

un valore limite di pericolo, nel<strong>la</strong> nostra<br />

mentalità esso diventa immediatamente il<br />

valore da raggiungere e dopo un po' anche un<br />

valore che si può sorpassare almeno di quel<br />

poco per cui di solito le autorità chiudono un<br />

occhio e ti risparmiano <strong>la</strong> multa. Per non<br />

par<strong>la</strong>re di quelli che se ne fregano bel<strong>la</strong>mente<br />

perché tanto <strong>la</strong> probabilità di essere<br />

individuati è piuttosto bassa e comunque si<br />

hanno i soldi necessari per pagare <strong>la</strong> multa<br />

senza scomporsi più di tanto.<br />

La <strong>questione</strong> quindi non è quel<strong>la</strong> di<br />

stabilire un limite esterno, ma di chiedersi<br />

perché <strong>la</strong> nostra civiltà ha bisogno di costruire<br />

macchine con motori talmente potenti da<br />

raggiungere i 200 all'ora se si è capito che<br />

oltre una certa velocità i rischi sociali e<br />

l'inquinamento crescono eccessivamente<br />

rispetto ai benefici. Si tratta di comprendere i<br />

limiti nel nostro modo di pensare e di essere,<br />

prima che nel nostro agire. Probabilmente per<br />

questo tipo di cambiamento sarà necessaria<br />

una vera e propria conversione spirituale del<strong>la</strong><br />

nostra civiltà.<br />

Ad ogni modo sono i valori chiave del<strong>la</strong><br />

civiltà dello sviluppo che devono trovare una<br />

resistenza e una limitazione in altri valori<br />

culturali, sociali, psicologici e spirituali: <strong>la</strong><br />

centralità delle re<strong>la</strong>zioni umane, <strong>la</strong><br />

conoscenza e l'incontro con le altre forme<br />

viventi animali e vegetali, <strong>la</strong> re<strong>la</strong>zione con chi<br />

è venuto prima di noi, con chi ci ha generato e<br />

con quelli che verranno dopo di noi, <strong>la</strong><br />

re<strong>la</strong>zione con l'unità del creato. Ora, nel<strong>la</strong><br />

definizione di sviluppo sostenibile c'è l'idea<br />

del garantire un ambiente decente alle future<br />

generazioni. Ma come si può pensare di preoccuparsi<br />

veramente dei nostri posteri,<br />

quando stiamo diventando sempre più<br />

indifferenti alle sorti dei nostri contemporanei<br />

o addirittura dei nostri vicini? Quando siamo<br />

muti di fronte alle peggiori esperienze di<br />

violenza o di sofferenza che ci passano<br />

davanti? Per sentirsi responsabili di ciò che<br />

<strong>la</strong>sciamo alle generazioni future bisogna che<br />

queste generazioni siano già presenti almeno<br />

nel<strong>la</strong> nostra testa, così come dovrebbero essere<br />

presenti le generazioni che ci hanno<br />

preceduto e ci hanno affidato questo mondo.<br />

Ma se <strong>la</strong> trasmissione generazionale, <strong>la</strong> linea<br />

verticale si è rotta e non significa più nul<strong>la</strong><br />

nel<strong>la</strong> nostra cultura individualistica e<br />

narcisistica, non ci sono limiti e sostenibilità<br />

che tengano. In altre parole <strong>la</strong> sostenibilità<br />

come obiettivo volontaristico non ha nessun<br />

senso. L'idea di limite e quel<strong>la</strong> di sostenibilità<br />

hanno un senso reale so<strong>la</strong>mente quando divengono<br />

una qualità intrinseca e implicita di<br />

una visione del mondo, dell'essere, e di uno<br />

stile di vita. La sostenibilità ha a che vedere<br />

con <strong>la</strong> spiritualità, con <strong>la</strong> percezione del sacro,<br />

con il riconoscimento del principio di<br />

rigenerazione del vivente più che con gli<br />

apparecchi di rilevazione dell'inquinamento.<br />

Come ha notato Vandana Shiva: «La<br />

rigenerazione è il cuore del<strong>la</strong> vita, ed è<br />

sempre stato il principio guida delle società<br />

sostenibili; senza rigenerazione, <strong>la</strong><br />

sostenibilità non esiste. La moderna società<br />

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