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Abitare la terra: questione ambientale

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campi per tentare di creare un mercato dove gli<br />

effetti perversi siano portati al minimo<br />

possibile. Ma c'è una grossa difficoltà a far<br />

accettare socialmente e a progettare<br />

correttamente questo tipo di mercato; quindi<br />

per ora siamo a poco più che tentativi.<br />

c) Il terzo settore su cui intervenire, oltre<br />

alle grandi opere e al controllo dei<br />

comportamenti diffusi, è quello dei prodotti e<br />

dei processi di produzione. Su questi <strong>la</strong> CEE<br />

ha proposto qualcosa di diverso dal "comanda<br />

e control<strong>la</strong>", cioè tenta di sperimentare degli<br />

strumenti cosiddetti "ad adesione volontaria":<br />

le aziende dovrebbero aderire volontariamente,<br />

ma ricavandone dei vantaggi di immagine. In<br />

realtà si spera nel fatto che i consumatori<br />

diventino più consapevoli e accettino gli<br />

strumenti adottati.<br />

Il primo strumento è l'etichettatura verde (il<br />

cosiddetto "eco<strong>la</strong>bel") data ai prodotti: <strong>la</strong> CEE<br />

prende delle categorie di prodotti (per esempio<br />

frigoriferi o <strong>la</strong>vatrici) e su un certo tipo mette<br />

in piedi una commissione che lo studia (come<br />

dicono) "dal<strong>la</strong> cul<strong>la</strong> al<strong>la</strong> bara". Prendiamo <strong>la</strong><br />

<strong>la</strong>vatrice: dobbiamo partire dalle materie prime<br />

per fare quel<strong>la</strong> partico<strong>la</strong>re <strong>la</strong>vatrice, vedere<br />

dove si vanno a prendere, che cosa implicano<br />

in termini di consumi; poi c'è il trasporto delle<br />

materie prime, poi il processo di produzione<br />

vero e proprio con i suoi consumi energetici ed<br />

emissioni, poi c'è l'imbal<strong>la</strong>ggio e il trasporto<br />

del prodotto, poi c'è <strong>la</strong> vita utile in famiglia<br />

(quanto consuma finché dura, quanto é<br />

efficiente) e al<strong>la</strong> fine lo smaltimento, dove<br />

bisogna tener conto del recupero o meno dei<br />

materiali.<br />

Di questo prodotto così analizzato si<br />

seleziona il 20% più pulito dal punto di vista<br />

ecologico, cioè quello che al<strong>la</strong> fine del ciclo di<br />

vita si è comportato meglio. A questo 20% si<br />

affibbia una etichetta: prodotto ecologicamente<br />

pulito. L'idea è che <strong>la</strong> gente - ecco il ruolo dei<br />

consumatori - privilegerà questi prodotti<br />

rispetto agli altri. Se succede questo, ci sarà<br />

una corsa di tutti gli altri a tentare di arrivare<br />

allo stesso livello di pulizia, perché dopo due<br />

anni si rifà di nuovo l'etichettatura verde.<br />

Siccome è un processo dinamico, qualcuno che<br />

c'era prima ora esce, mentre altri entrano, e si<br />

ha un effetto di traino per cui si tenta di<br />

incentivare <strong>la</strong> qualità pulita.<br />

Nel fare questi studi si sono scoperti alcuni<br />

punti deboli: per esempio il 50% in volume e il<br />

30% del peso dei rifiuti è costituito dagli<br />

imbal<strong>la</strong>ggi, cioè una percentuale enorme del<br />

problema <strong>ambientale</strong>. Pensiamo ad un<br />

cartellone su cui è infi<strong>la</strong>ta una penna (che<br />

altrimenti si potrebbe facilmente rubare), alle<br />

vaschette degli alimentari, alle confezioni<br />

dentro le confezioni. Quindi uno dei problemi<br />

principali è il recupero degli imbal<strong>la</strong>ggi. Ci si<br />

chiede: é meglio il vetro o il tetrapak?<br />

Qualunque ecologista risponde: il vetro, perché<br />

è ricuperabile, è pulito ecc. Però da questi studi<br />

risulta che il <strong>la</strong>tte in vetro è ecologicamente<br />

pulito soltanto se viene distribuito in un raggio<br />

di 50 Km dal luogo di produzione. Se li supera,<br />

l'inquinamento provocato dai costi di trasporto<br />

è superiore, perché il vetro pesa di più ed ha un<br />

ingombro maggiore rispetto al tetrapak. Per cui<br />

il costo sociale e <strong>ambientale</strong> del trasporto<br />

diventa dominante, così che conviene di più il<br />

tetrapak.<br />

Gli studi portano talvolta a risultati controintuitivi,<br />

perché cercano davvero di<br />

considerare tutti gli aspetti il problema degli<br />

imbal<strong>la</strong>ggi è stato studiato con una formu<strong>la</strong><br />

tedesca di sperimentazione chiamata <strong>la</strong><br />

"responsabilità estesa del produttore". Cioè:<br />

quando si studia l'intero ciclo di vita del prodotto,<br />

si può rendere responsabile il produttore<br />

non soltanto del prodotto ma anche di tutto il<br />

suo ciclo di vita. E' lui che produce e che deve<br />

anche smaltire, ricic<strong>la</strong>re o recuperare. Chi<br />

produce <strong>la</strong> <strong>la</strong>vatrice, una volta che l'ha venduta<br />

non ha finito il suo compito, ma è responsabile<br />

anche di dover<strong>la</strong> ritirare al<strong>la</strong> fine del<strong>la</strong> sua vita<br />

utile e di dover<strong>la</strong> ricic<strong>la</strong>re secondo certe regole,<br />

altrimenti il ciclo non è chiuso. Quindi entro il<br />

'95 il decreto tedesco sugli imbal<strong>la</strong>ggi prevede<br />

che l'80% degli stessi verrà ritirato<br />

direttamente dai produttori, e di questa quota<br />

l'80-90% verrà obbligatoriamente ricic<strong>la</strong>to e<br />

non mandato in discarica o bruciato. Tutto<br />

questo costringe il produttore a progettare<br />

anche l'imbal<strong>la</strong>ggio in modo tale che sia<br />

ricuperabile. Anche l'industria automobilistica<br />

ha dovuto cominciare: se <strong>la</strong> Fiat è responsabile<br />

del prodotto fino al<strong>la</strong> "bara", vuol dire che<br />

deve progettare le auto in modo tale che al<strong>la</strong><br />

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