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Abitare la terra: questione ambientale

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Allora stiamo diventando un grande<br />

magazzino: qua e là ci sono queste scorie, anche<br />

se gli scienziati assicurano che risolveranno il<br />

problema nel giro di qualche decennio; in realtà,<br />

lo dicono da quando è iniziata <strong>la</strong> produzione, e<br />

ancora non si vede una soluzione.<br />

Uno dei fattori colpevoli di tutto questo è<br />

considerata <strong>la</strong> crescita demografica. Vi do<br />

qualche cifra. Nell'anno 0 (nascita di Cristo)<br />

c'erano sul<strong>la</strong> <strong>terra</strong> 252 milioni di abitanti,<br />

nell'anno 1000 ce ne erano 253: quindi una<br />

società assolutamente stabile; nell'anno 1500<br />

erano 461 (una crescita del tutto ragionevole),<br />

nel 1700 erano 771. Adesso guardate il salto al<br />

1990: 5 miliardi e 292 milioni; di questi, 3<br />

miliardi stanno in Asia e 600 milioni in Africa.<br />

Se si ipotizzasse un tasso di crescita medio del<br />

21, che è <strong>la</strong> media di questi anni, ci sarebbe il<br />

raddoppio del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione in 33 anni: nel<br />

2030 saremmo 10 miliardi.<br />

Il problema enorme è lo squilibrio: il tasso in<br />

Italia non cresce, nei paesi occidentali cresce<br />

molto poco, nei paesi del Terzo Mondo cresce<br />

molto. Quindi <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione cresce dove c'è<br />

fame e non c'è sviluppo. Se giungesse al nostro<br />

livello di sviluppo e di consumi <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />

del Terzo Mondo, il crac avverrebbe forse nel<br />

giro di qualche mese.<br />

Allora si pone un primo problema etico: c'è<br />

una parte del mondo che consuma, e una parte,<br />

ampiamente maggioritaria, che non solo non<br />

consuma, ma che provocherebbe un disastro se<br />

si mettesse a consumare. Perciò non c'è<br />

interesse a farli sviluppare oltre un certo livello.<br />

Immaginiamo un calice rovesciato, senza base e<br />

con un gambo lunghissimo. Il calice è il quinto<br />

più ricco del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, e questo 20%, non a<br />

caso così <strong>la</strong>rgo, ha un prodotto netto lordo che è<br />

l'84,7 del totale, control<strong>la</strong> l'84% del commercio<br />

mondiale, i suoi risparmi interni sono 1'85% e<br />

così i suoi investimenti interni. Quindi grosso<br />

modo l'85% del<strong>la</strong> ricchezza mondiale sta in<br />

mano al 20%, gli altri sono i poveri del mondo.<br />

Ancora, <strong>la</strong> mortalità infantile: ogni 1.000<br />

nati, i morti nel primo anno di vita sono 9 in<br />

Italia, 5 in Giappone, ma sono 108 in<br />

Bang<strong>la</strong>desh. Dunque, sia che si considerino le<br />

risorse a disposizione per abitante o l'aspettativa<br />

di vita inedia, si trovano delle differenze<br />

enormi.<br />

La domanda che ci facciamo spesso di fronte<br />

a questi dati è: ma perché non fanno meno figli?<br />

La spiegazione, che danno alcuni ecologisti, sta<br />

in una storia emblematica, che è quel<strong>la</strong> del<br />

pinguino imperatore e dell'ostrica. Il pinguino<br />

ha imparato ad esercitare una enorme capacità<br />

di controllo sull'ambiente circostante, e questo<br />

fa sì che faccia un uovo in una stagione. Poi si<br />

piazza sull'uovo per mesi e mesi e lo cova,<br />

proteggendolo da qualunque pericolo<br />

<strong>ambientale</strong>. Il tasso di mortalità è quasi nullo.<br />

L'ostrica, che capacità di controllo non ce l'ha<br />

assolutamente vivendo in mare al<strong>la</strong> deriva, mi<br />

pare faccia due miliardi di uova disperse<br />

nell'ambiente. cioè: rinuncia totalmente a<br />

control<strong>la</strong>re l'ambiente, ma l'istinto di riproduzione<br />

è tale che fa due miliardi di uova, così che<br />

qualcuno sopravviverà. Le altre <strong>la</strong>rve vengono<br />

mangiate da una specie di pesce di cui poi si<br />

nutre il pinguino, ed il cerchio si chiude.<br />

Allora il vero problema è dare una capacità<br />

di controllo, altrimenti stiamo andando in una<br />

situazione simile a quel<strong>la</strong> dell'ostrica: noi siamo<br />

il pinguino imperatore, periferizziamo nel Terzo<br />

Mondo l'ostrica e poi ci nutriamo delle <strong>la</strong>rve;<br />

cioè il nostro sviluppo lo manteniamo proprio a<br />

condizione di riuscire poi a mantenere anche là<br />

il sottosviluppo, <strong>la</strong> carestia ecc.<br />

Voglio ora darvi <strong>la</strong> formu<strong>la</strong> magica di quelli<br />

che fanno questi studi. La formu<strong>la</strong> dice che<br />

l'impatto globale sull'ambiente è dato dal<br />

prodotto di tre fattori: (1°) <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, (2°)<br />

moltiplicata per l'agiatezza (consumo pro<br />

capite), (3°), moltiplicata per <strong>la</strong> pericolosità<br />

delle tecnologie, cioè quanto si inquina nel<br />

produrre ciò che si consuma. Allora <strong>la</strong><br />

formuletta si chiama IPAT: l'impatto è uguale al<br />

prodotto popo<strong>la</strong>zione x agiatezza x tecnologia.<br />

Se vogliamo diminuire l'impatto dobbiamo agire<br />

su qualcuno dei tre fattori: o diminuiamo <strong>la</strong><br />

popo<strong>la</strong>zione o il consumo pro capite o rendiamo<br />

più pulite le tecnologie. Ma probabilmente non<br />

basta uno dei fattori, perché per esempio <strong>la</strong><br />

capacità di rendere pulite le tecnologie è finita.<br />

Per quanto riguarda <strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione, e vero che<br />

più una popo<strong>la</strong>zione è agiata, o meglio control<strong>la</strong><br />

l'ambiente, più il tasso di crescita diminuisce;<br />

ma questo non vuole dire che diminuisce <strong>la</strong><br />

popo<strong>la</strong>zione: vuol dire che, invece di crescere al<br />

tasso del 3,5%, si crescerà al tasso dell'1,5% o<br />

dello 0,5%, ma comunque si continua a<br />

crescere. Dunque si consuma di più: si è ormai<br />

oltre a quanto <strong>la</strong> Terra si può permettere.<br />

Perché dunque si dice che lo sviluppo è<br />

insostenibile? Perché, se proseguiamo così,<br />

nell'arco di decenni <strong>la</strong> situazione può<br />

precipitare. È vero, c'è una incertezza<br />

scientifica, perché magari poi ci adattiamo. Però<br />

c'è una irreversibilità. Ecco: incertezza e<br />

irreversibilità si combinano insieme. Non siamo<br />

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