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Abitare la terra: questione ambientale

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industriale, tuttavia, non ha tempo di pensare<br />

al<strong>la</strong> rigenerazione e quindi non ha <strong>la</strong><br />

possibilità di vivere in modo rigenerativo. La<br />

sua svalutazione dei processi di rigenerazione<br />

è <strong>la</strong> vera causa del<strong>la</strong> crisi ecologica e di quel<strong>la</strong><br />

del<strong>la</strong> sostenibilità» 5 .<br />

Finché concepiremo <strong>la</strong> <strong>terra</strong> e i frutti del<strong>la</strong><br />

<strong>terra</strong> come proprietà, e anzi come merci da<br />

sfruttare, il rispetto verso le generazioni<br />

future non si affermerà mai, e il nostro stile di<br />

vita non sarà mai sostenibile, ma sempre<br />

piuttosto arrogante.<br />

Oltre <strong>la</strong> grande narrazione dello<br />

sviluppo<br />

Negli ultimi decenni il dibattito sullo<br />

sviluppo ha iniziato a registrare una crescita,<br />

sia al nord che al sud, di quelle posizioni<br />

radicali che attaccano l'ideologia stessa dello<br />

sviluppo arrivando a rec<strong>la</strong>mare in alcuni casi<br />

il diritto al non sviluppo. Ivan Illich ha<br />

proposto l'immagine di una società<br />

conviviale; Serge Latouche ha avanzato <strong>la</strong><br />

critica dello sviluppo come processo di<br />

sradicamento culturale e di occidentalizzazione<br />

del mondo; Wolfgang Sachs ha<br />

suggerito che l'articolo «sviluppo» dovrebbe<br />

essere confinato in una dimensione<br />

archeologica; Gilbert Rist ha scritto un libro<br />

per interpretare l'idea dello sviluppo come una<br />

moderna credenza e per <strong>la</strong>nciare l'invito a<br />

uscire dal<strong>la</strong> «religione dello sviluppo». Ci<br />

sono poi anche alcuni intellettuali del sud del<br />

mondo come l'indiana Vandana Shiva con <strong>la</strong><br />

sua critica dello sviluppo come prodotto di<br />

una cultura patriarcale legata al<strong>la</strong><br />

passivizzazione del<strong>la</strong> donna e del<strong>la</strong> natura, e<br />

con le sue lotte a difesa delle biodiversità, e<br />

ancora l'iraniano Majid Rahnema e <strong>la</strong> sua<br />

critica al<strong>la</strong> concezione occidentale del<strong>la</strong> povertà,<br />

e l'elenco potrebbe continuare. E<br />

tuttavia nel<strong>la</strong> maggioranza del<strong>la</strong> gente in<br />

occidente c'è una forma di difesa rispetto<br />

all'idea di sviluppo, nonostante le sue<br />

5 Vandana Shiva, Biopirateria. Il saccheggio<br />

del<strong>la</strong> natura e dei saperi indigeni, Cuen,<br />

Napoli, 1999, p. 61.<br />

contraddizioni e i suoi risultati, dovuta al<strong>la</strong><br />

paura di abbandonare un riferimento ideale<br />

per îl quale ci si è tanto impegnati, si è tanto<br />

lottato, si è tanto sacrificato. Abbandonare il<br />

mito dello sviluppo significa confrontarsi con<br />

il senso di vuoto, di spaesamento, di mancanza<br />

di prospettive. La <strong>questione</strong> centrale è<br />

dunque proprio l'abbandono per svuotamento<br />

dell'immaginario economico dominante, e <strong>la</strong><br />

riconquista di uno spazio politico che<br />

permetta il confronto sul senso e sulle<br />

direzioni del<strong>la</strong> vita sociale compresi gli<br />

aspetti economici. «La principale minaccia<br />

al<strong>la</strong> diversità - ha scritto Vandana Shiva -<br />

deriva dall'abitudine a pensare in termini di<br />

monocolture, quelle che io chiamo<br />

"monocolture del<strong>la</strong> mente". Le monocolture<br />

del<strong>la</strong> mente cancel<strong>la</strong>no <strong>la</strong> percezione del<strong>la</strong><br />

diversità e insieme <strong>la</strong> diversità stessa. La<br />

scomparsa del<strong>la</strong> diversità fa scomparire le<br />

alternative e crea <strong>la</strong> sindrome del<strong>la</strong><br />

"mancanza di alternative"» 6 . Insomma <strong>la</strong><br />

distruzione delle diversità naturali e umane<br />

incomincia nel<strong>la</strong> propria testa. Non si tratta<br />

però di rifiutare tutto ciò che ha a che vedere<br />

con lo sviluppo e di pianificare un progetto<br />

alternativo. Nel<strong>la</strong> pianificazione si perde il<br />

presente e <strong>la</strong> sua libertà, si impone una corazza<br />

rigida al<strong>la</strong> realtà e alle persone. Come ha<br />

scritto Margaret Mead: «Ogni immagine<br />

dettagliata del fine, ogni programma stabilito<br />

del futuro, di un modo di vita assolutamente<br />

desiderabile, è stato sempre accompagnato<br />

dal<strong>la</strong> spietata manipo<strong>la</strong>zione degli esseri<br />

umani per adattarli, se necessario con l'uso di<br />

oltraggi, torture e campi di concentramento, al<br />

modello stabilito» 7 .<br />

Se si vuole che <strong>la</strong> propria azione abbia<br />

davvero una carica trasformativa, bisogna che<br />

non sia riducibile ad un fine completamente<br />

definito o prevedibile, ma <strong>la</strong>sci spazio al<strong>la</strong><br />

sperimentazione di diverse strade,<br />

6 Vandana Shiva, Monocolture del<strong>la</strong> finente.<br />

Biodiversità, biotecnologia e agricoltura<br />

«scientifica», Bol<strong>la</strong>ti Boringhieri, Torino,<br />

1995, p. 5.<br />

7 Margaret Mead, Lo studio comparativo delle<br />

culture e <strong>la</strong> coltivazione intenzionale dei valori<br />

democratici, in M.Mead, Antropologia, Ubaldini,<br />

Roma 1970.<br />

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