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Abitare la terra: questione ambientale

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fine il 75-80% dei materiali sia ricic<strong>la</strong>bile.<br />

L'auto non va semplicemente al demolitore, ma<br />

al<strong>la</strong> fine viene recuperata. In sostanza c'è una<br />

sorta di cauzione quando si compra: si pagano<br />

300 mi<strong>la</strong> lire in più che vengono restituite nel<br />

momento in cui si riporta l'auto al produttore<br />

per <strong>la</strong> demolizione; se si rivende, c'è sempre<br />

questo surplus che viene al<strong>la</strong> fine intascato<br />

dall'ultimo quando <strong>la</strong> Fiat. ritira e ricic<strong>la</strong> tutti i<br />

pezzi, se sono progettati correttamente.<br />

Stanno allora nascendo, nelle facoltà di<br />

architettura e ingegneria, dei corsi di ecoprogettazione,<br />

dove si prevede <strong>la</strong> gestione<br />

anche del<strong>la</strong> catena di smontaggio.<br />

L'ultimo degli strumenti sui prodotti è l'ecobi<strong>la</strong>ncio<br />

(e bi<strong>la</strong>ncio sociale) delle imprese. In<br />

effetti lo studio dei prodotti è avulso dal<br />

territorio, nel senso che quando si va a mettere<br />

il sistema di produzione del<strong>la</strong> <strong>la</strong>vatrice in un<br />

certo posto, si creano degli inquinamenti locali<br />

e dei conflitti. Si chiede allora che le imprese,<br />

sempre su base volontaria, si assoggettino ad<br />

una revisione del bi<strong>la</strong>ncio dal punto di vista<br />

<strong>ambientale</strong> e sociale. Si prende cioè<br />

quell'impresa, quel processo produttivo, in quel<br />

posto, e si cerca di considerare tutto il<br />

consumo energetico, tutte le emissioni locali,<br />

l'occupazione; e si fa una sorta di bi<strong>la</strong>ncio<br />

sociale che è reso pubblico, perché viene<br />

discusso con tutti. gli Enti. Chi accetta di<br />

sottoporsi a un esame del genere entra in un<br />

albo (che viene pubblicato annualmente dal<strong>la</strong><br />

CEE) delle imprese "buone", i cui processi<br />

produttivi sono control<strong>la</strong>ti. Quindi per esempio<br />

il Comune che fa un appalto per realizzare<br />

certe opere potrebbe privilegiare questo tipo di<br />

imprese che sono nell'albo. Ed anche come<br />

immagine del proprio prodotto le imprese<br />

possono pubblicizzare di essere aderenti al<br />

consorzio ecologico.<br />

Come vedete, si tratta di strumenti che<br />

tendono a chiudere il ciclo, tenendo conto<br />

anche dello smaltimento e dell'uso delle<br />

materie prime, e a coinvolgere socialmente,<br />

cioè a rendere un processo partecipativo in<br />

modo che gestisca il conflitto. Dietro questi<br />

dati stanno però i comportamenti individuali:<br />

quando si deride dell'alta velocità o di un<br />

inceneritore o di una discarica, gli interessati<br />

non li vogliono sul proprio territorio. C'è un<br />

problema di conflitto che nasce dal fatto che<br />

ormai il sistema economico si è sviluppato in<br />

modo tale che tutti si sono convinti di avere<br />

soltanto dei diritti. Le imprese sono convinte di<br />

poter commercializzare senza andare a<br />

guardare l'imbal<strong>la</strong>ggio, perché così è stato fino<br />

ad adesso, e gli individui sono convinti<br />

tranquil<strong>la</strong>mente di poter evitare i disturbi<br />

ambientali. Allora, come <strong>la</strong> logica va capovolta<br />

per le imprese, così va capovolta a livello<br />

individuale. Certo, vanno gestiti i conflitti<br />

(l'alta velocità va in un luogo, l'inceneritore va<br />

in un altro in cambio di un parco), però non si<br />

può pensare di non fare una discarica: certe<br />

operazioni sono necessarie anche se<br />

disturbanti. Invece tendiamo a drammatizzare i<br />

grandi problemi, ma nel momento in cui il<br />

problema si deve risolvere nessuno lo vuole<br />

(vedi sopra, depuratore di Mi<strong>la</strong>no).<br />

La prospettiva individuale<br />

Ora voglio dedicare l'ultima parte a quello<br />

che si tenta di fare per modificare i<br />

comportamenti individuali su base volontaria,<br />

in funzione dello sviluppo sostenibile, e a quali<br />

potrebbero essere le parole chiave di una<br />

eventuale etica di tale sviluppo, che nasce dalle<br />

considerazioni che abbiamo fatto fin qui.<br />

Ci sono due ambiti maggiori di<br />

responsabilità individuale, che sono quello del<br />

consumo (come e cosa si consuma) e quello del<br />

risparmio e dei finanziamenti che si danno.<br />

Ma prima di esaminarli, dobbiamo dire una<br />

paro<strong>la</strong> su due fenomeni che tendono a far si<br />

che <strong>la</strong> gente con minore responsabilità: il fare<br />

attività dannose senza saperlo, e il pensare che<br />

il proprio comportamento sia ininfluente.<br />

Dei due fenomeni, il primo è il seguente:<br />

siamo in una specie di "realtà virtuale": una<br />

società complessa con una divisione dei ruoli<br />

molto accentuata; questo fa si che, nel<br />

momento in cui consumiamo qualche cosa,<br />

non sappiamo in realtà da dove viene e cosa<br />

implica in termini di danno sull'ambiente o<br />

come squilibrio sociale. Oppure quando<br />

mettiamo i soldi in banca, guardiamo<br />

l'interesse che danno, senza sapere come<br />

verranno utilizzati. Questa divisione molto<br />

accentuata dei ruoli porta al fatto che non si ha<br />

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