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Abitare la terra: questione ambientale

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DOPO LA SOCIETÀ, UN MONDO DI INDIVIDUI?<br />

di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti<br />

Tre rotture<br />

La destrutturazione dello spazio-tempo è un<br />

fenomeno gravido di conseguenze per <strong>la</strong> vita<br />

collettiva. Un passaggio di entità simile si può<br />

rintracciare forse solo al momento del sorgere<br />

del<strong>la</strong> società industriale, quando il tempo e lo<br />

spazio del<strong>la</strong> vita comunitaria vennero<br />

radicalmente riorganizzati per dar vita a quelle<br />

che furono poi chiamate re<strong>la</strong>zioni societarie.<br />

Oggi <strong>la</strong> trasformazione non è meno<br />

profonda. Se il riconoscimento di un passato<br />

comune diventa sempre più precario, sono le<br />

ragioni del vivere insieme che si<br />

indeboliscono: quando <strong>la</strong> storia tace, è il<br />

presente - con tutte le sue incertezze e le sue<br />

incongruenze - che impone emozioni e<br />

decisioni. E sorte non migliore tocca allo<br />

spazio, <strong>la</strong> cui organizzazione diventa sempre<br />

più problematica. Ma con <strong>la</strong> despazializzazione<br />

viene meno uno dei punti di riferimento su cui<br />

l'intera modernità si è fondata: non è forse vero<br />

che, negli ultimi secoli, il sangue di milioni di<br />

uomini è stato versato per <strong>la</strong> fissazione di<br />

confini che oggi appaiono quanto mai incerti e<br />

<strong>la</strong>bili?<br />

Quando <strong>la</strong> modernità ruppe i tradizionali<br />

ambiti comunitari, con fatica si arrivò a capire<br />

che stava nascendo una nuova forma di vita<br />

sociale, dove i legami funzionali e impersonali<br />

avrebbero preso il sopravvento. Ma quel<strong>la</strong><br />

prima destrutturazione avvenne in presenza di<br />

un potente fattore di riaggregazione: come il<br />

migliore pensiero sociale di fine '800 seppe<br />

capire, <strong>la</strong> solidarietà organica avrebbe potuto<br />

reggere solo a condizione di venire compensata<br />

dal<strong>la</strong> creazione di quelle comunità immaginate<br />

rappresentate dagli Stati nazionali moderni<br />

(Anderson 1983). L'idea di società che ha<br />

dominato il XX secolo è stata chiaramente (e<br />

implicitamente) connessa con i quadri spaziali<br />

e temporali forniti dalle istituzioni statuali e<br />

solo all'interno di essi quel<strong>la</strong> forma societaria<br />

ha potuto raggiungere i suoi equilibri. Per dir<strong>la</strong><br />

con E. Gellner (1992), l'uomo modu<strong>la</strong>re,<br />

prodotto dal<strong>la</strong> modernità, ha trovato in questi<br />

contesti più ampi - ma comunque organizzati -<br />

i riferimenti di senso che gli hanno consentito<br />

di agire in modo razionale e di soddisfare <strong>la</strong><br />

domanda di identità.<br />

Oggi, invece, è come se non fosse più<br />

possibile continuare a immaginare queste<br />

comunità.<br />

Benché in forma ancora embrionale, è<br />

questa l'idea che accomuna molti studiosi<br />

contemporanei (Touraine 1998; Beck 2000a;<br />

Bauman 1999a; Habermas 1999). Ed è questa<br />

<strong>la</strong> sfida intellettuale e politica più impegnativa<br />

che l'inizio del nuovo secolo ci consegna: è<br />

possibile pensare <strong>la</strong> vita sociale dei nostri<br />

giorni senza rimanere prigionieri dell'idea<br />

novecentesca di società? E se sì, quali sono le<br />

nuove forme di azione, di integrazione, di<br />

conflitto, di potere? Che caratteristiche hanno<br />

gli assetti istituzionali che si vanno costruendo<br />

e quale re<strong>la</strong>zione può essere pensata tra questi<br />

e <strong>la</strong> vita individuale?<br />

L'idea del<strong>la</strong> decomposizione del<strong>la</strong> società<br />

può essere analiticamente approfondita facendo<br />

riferimento a tre rotture che pregiudicano <strong>la</strong><br />

possibilità di riproduzione del modello<br />

societario, per come è stato pensato negli<br />

ultimi decenni.<br />

La prima rottura riguarda il venir meno del<strong>la</strong><br />

capacità di produrre valori e riferimenti<br />

simbolici unificanti. Per quanto in modo.<br />

parziale, provvisorio e problematico, <strong>la</strong> società<br />

si è costituita ed è esistita in virtù del<strong>la</strong> sua<br />

capacità di assolvere tale compito. Storicamente,<br />

ciò è avvenuto mediante <strong>la</strong><br />

costruzione prima e l'alimentazione poi<br />

dell'ideale dell'identità nazionale da parte di<br />

élites politiche, culturali ed economiche che si<br />

sono messe al<strong>la</strong> testa di tale progetto. Senza un<br />

tale contributo, gli Stati nazionali non<br />

avrebbero mai potuto formarsi e, come ben<br />

insegna (in negativo) <strong>la</strong> vicenda italiana, <strong>la</strong><br />

forza e <strong>la</strong> compiutezza con cui tale obiettivo è<br />

stato perseguito costituisce una variabile<br />

importante per spiegare <strong>la</strong> successiva vicenda<br />

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