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Da Betlemme al Calvario.pdf - Alice Bailey

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sufficiente per ottenere il perdono. Non vi era <strong>al</strong>cuna remissione dei peccati attraverso ilsolo spargimento di sangue; occorreva chiedere perdono a Dio per il peccato commesso.215 Le due verità racchiuse in queste parole sono la Paternità di Dio, e il fatto chel’ignoranza, quando produce una cattiva azione, non rende colpevole l’uomo e quindinon lo rende passibile di punizione. Il peccato e l’ignoranza sono frequentemente terminisinonimi, ma il peccato è riconosciuto come t<strong>al</strong>e da coloro che sanno e che non sonoignoranti. Dove c’è ignoranza non c’è peccato. Con queste parole, dette sulla Croce,Cristo c’insegna due cose:1. Che Dio è nostro Padre, e che noi Lo avviciniamo tramite Cristo. È l’uomo interiore,nascosto nel cuore, il Cristo sconosciuto, che può avvicinare il Padre. Cristo si eraguadagnato questo diritto in ragione della Sua provata divinità e perché aveva conseguitola terza iniziazione, la Trasfigurazione; quando noi pure saremo trasfigurati (poichésolo il Cristo trasfigurato può essere crocifisso), a nostra volta potremo invocare il Padree domandare <strong>al</strong>lo Spirito, che è Dio, ossia la vita di tutte le forme, di regolare i nostrirapporti e di concedere quel perdono che è l’essenza stessa della vita.2. Che il perdono è la conseguenza della vita. Questa è una verità difficile da accettareper il credente Occident<strong>al</strong>e, perché è abituato ad appoggiarsi sull’attività passata delCristo. Ma il perdono è il risultato di processi vivi, che portano <strong>al</strong>l’equilibrio e produconoquell’atteggiamento per cui un uomo non è più ignorante, e per conseguenza non necessitàpiù del perdono. La vita e l’esperienza lo fanno per noi, e nulla può arrestarequesto processo. Questo non è un credo teologico che ci riconcilia con Dio, ma un atteggiamentoverso la vita e verso il Cristo immanente nel cuore umano. Attraverso il doloree la sofferenza, ossia attraverso l’esperienza, impariamo a non peccare. Paghiamo ilprezzo dei nostri peccati e dei nostri errori e cessiamo di commetterli. Arriviamo fin<strong>al</strong>mente<strong>al</strong> punto in cui non commettiamo più i nostri antichi errori e non ricadiamo piùnei peccati di un tempo. Poiché soffrendo e agonizzando impariamo che il peccato comportauna punizione e causa sofferenza.216 Ma la sofferenza ha la sua utilità e Cristo lo sapeva. Egli non fu soltanto il Gesù storicoche conosciamo e amiamo, ma anche simbolo del Cristo cosmico, ossia Dio sofferenteattraverso le sofferenze degli esseri da Lui creati.La Giustizia può essere perdono quando siano correttamente compresi i fatti in questione,ed in questa richiesta del S<strong>al</strong>vatore crocifisso abbiamo l’affermazione della Leggedi Giustizia e non di quella di Retribuzione, in occasione di un avvenimento che haatterrito il mondo intero. Quest’opera di perdono è frutto del lavoro secolare dell’animaentro la materia o forma. Il credente orient<strong>al</strong>e lo chiama Karma. Il credente occident<strong>al</strong>ela definisce Legge di Causa ed Effetto. Tuttavia entrambe riguardano l’attuazione dellas<strong>al</strong>vezza della propria anima da parte dell’uomo, ed il costante pagamento del prezzodovuto che l’ignorante paga per gli errori compiuti e per i cosiddetti peccati commessi.È raro che un uomo pecchi deliberatamente contro la luce e la conoscenza. La maggiorparte dei “peccatori” sono semplicemente degli ignoranti. “Essi non sanno quello chefanno”.Poi Cristo si volse verso un peccatore, cioè verso un uomo condannato per aver agitom<strong>al</strong>e agli occhi del mondo — e che riconosceva da solo la giustizia del verdetto dellapunizione. Egli dichiarò di aver ricevuto il giusto compenso per i Suoi peccati, ma <strong>al</strong>tempo stesso nella condizione di Gesù vi fu qu<strong>al</strong>che cosa che attrasse la sua attenzione eche lo costrinse ad ammettere che quel terzo M<strong>al</strong>fattore “non aveva fatto niente di m<strong>al</strong>e”.Egli dovette la sua ammissione in paradiso a un duplice motivo. Riconobbe la divinitàdi Cristo, “Signore”, disse. Ebbe pure la comprensione di ciò che costituiva la missionedi Cristo — la fondazione del regno. “Ricordati di me quando sarai giunto nel tuoregno”. Il significato di queste parole è eterno e univers<strong>al</strong>e, perché l’uomo che ammettela divinità e che <strong>al</strong> tempo stesso è cosciente del regno, è pronto a beneficiare delle parole“Oggi sarai con me in paradiso”.116

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