cittadinanza nel regno di Dio). Il corpo che abbiamo presentemente ha un pregio relativo,il complesso degli umori e delle reazioni ment<strong>al</strong>i a cui siamo soggetti ha v<strong>al</strong>ore soloper noi, l’ambiente in cui viviamo e ci muoviamo non ha certamente nulla che giustifichila sua perpetuazione <strong>al</strong>l’infinito. In breve, una continuazione del sé person<strong>al</strong>e inqu<strong>al</strong>che cielo che sia l’espressione della nostra coscienza individu<strong>al</strong>e, e il concetto diun’eternità senza fine vissuta in compagnia del proprio sé non offrono <strong>al</strong>lettamento <strong>al</strong>cuno<strong>al</strong>la maggior parte di noi. Eppure un aspetto del proprio sé aspira <strong>al</strong>l’immort<strong>al</strong>ità e<strong>al</strong> senso dell’infinito. Il “prolungamento infinito nel tempo di uno sviluppo individu<strong>al</strong>eha creato una grande confusione di cervello, pochi di noi, se richiesti di considerare seriamenteil problema e di dare una risposta con serietà, si sentirebbero di meritare, comeindividui, una continuità senza fine. Un certo senso di verità e di giustizia ci porterebbeprobabilmente a convenire che il nostro v<strong>al</strong>ore, per l’universo è praticamente nullo. Eppurenoi sappiamo che dietro la nostra esperienza person<strong>al</strong>e della vita, esistono un v<strong>al</strong>oreed una ragione, e che il mondo fenomenico, di cui senza dubbio facciamo parte, velao nasconde qu<strong>al</strong>che cosa dotato di v<strong>al</strong>ore infinito, di cui facciamo parte.Cerchiamo di avere la certezza che coloro che amiamo e apprezziamo non sono perdutiper noi. Cerchiamo di dividere con loro uno stato di felicità che racchiuda in sé v<strong>al</strong>oripiù veri di quelli che abbiamo conosciuto in terra; aspiriamo a prolungare, nel tempoe nello spazio, la condizione familiare che prediligiamo e circondiamo di cure.248 Desideriamo il compenso per ciò che abbiamo sopportato, e la certezza che tutto haavuto uno scopo e che è v<strong>al</strong>sa la pena averlo fatto. È quest’aspirazione, questa fiducia,questa volontà di persistere, che si trova dietro ad ogni azione, ed è l’incentivo e l’impulsosu cui basiamo ogni sforzo.Anche Socrate indicò quest’argomento fondament<strong>al</strong>e in favore dell’immort<strong>al</strong>itàquando disse che “nessuno sa cosa sia la morte, e se non sia la più grande delle cosebuone. Nondimeno, essa è temuta come se fosse il m<strong>al</strong>e supremo... Quando la morte siavvicina <strong>al</strong>l’uomo tutto ciò che in lui v’è di mort<strong>al</strong>e, si disperde; tutto ciò che in lui v’èdi immort<strong>al</strong>e e incorruttibile si ritira intatto”.Considerando questo problema del v<strong>al</strong>ore, dimostrato con straordinaria evidenza daCristo la cui Risurrezione costituisce la vera ragione, tre pensieri sono d’importanza capit<strong>al</strong>e.La Sua immort<strong>al</strong>ità era basata sulla Sua Divinità. La Sua divinità si espresse attraversola forma umana, ed in quella forma mise in evidenza il v<strong>al</strong>ore, il destino, il servizioe lo scopo. Egli diede una perfetta dimostrazione di tutti questi fattori e per conseguenz<strong>al</strong>a morte non ebbe potere su di Lui, né le catene del sepolcro poterono impedirela Sua liberazione.Il primo pensiero è che l’immort<strong>al</strong>ità è la s<strong>al</strong>vaguardia di tutto ciò a cui teniamo. Ilfattore a cui diamo maggiormente importanza nella nostra esperienza quotidiana sopravvivee funziona su un certo livello di coscienza. Alla fine noi dobbiamo ottenere, edotteniamo, quello che chiediamo. Quando desideriamo ciò che ha un v<strong>al</strong>ore eterno, <strong>al</strong>lor<strong>al</strong>a vita eterna, libera d<strong>al</strong>le limitazioni della carne, è nostra. Il Decano Inge ricorda che“siamo certi dell'immort<strong>al</strong>ità in proporzione <strong>al</strong>la possibilità di identificarci con i v<strong>al</strong>oriassoluti”. Ciò che ha veramente importanza per noi, nei nostri istanti più elevati, quandoci liberiamo d<strong>al</strong>le illusioni della natura emotiva, determina la nostra vita immort<strong>al</strong>e.La domanda quindi che sorge spontanea è che cosa avviene quando il senso del v<strong>al</strong>oreè deformato o temporaneamente inesistente.249 Nel tentativo di rispondervi milioni di persone hanno accettato la dottrina orient<strong>al</strong>edella rinascita, secondo la qu<strong>al</strong>e il mondo è “la v<strong>al</strong>le ove l’anima si forma” per usare untermine di Keats, e che insegna che noi torniamo senza posa <strong>al</strong>la vita fisica fino <strong>al</strong> momentoin cui i nostri v<strong>al</strong>ori sono messi in giusto equilibrio, e possiamo sottoporci <strong>al</strong>lecinque iniziazioni per giungere <strong>al</strong>la liberazione. Gran parte dell’insegnamento dato dailibri occulti ed esoterici è deformato e fantastico, ma per chi studia la dottrina senzapregiudizi è evidente che c’è molto da dire in favore della reincarnazione. Dopotutto sela perfezione è la conquista fin<strong>al</strong>e, l’interrogativo riguarda soltanto quando e dove vi132
perverremo. Il cristiano può credere in una perfezione improvvisa ottenuta mediante ilprocesso stesso della morte, oppure con un’accettazione ment<strong>al</strong>e della morte di Gesù,che egli definisce “conversione”; egli può considerare la morte come la porta d’ingressodi un luogo di disciplina e di sviluppo che chiama “purgatorio”, ove avviene un processopurificatore; oppure può credere che gli adattamenti e le espansioni di coscienza chefaranno di lui un uomo diverso da quello che era prima, si effettuino in cielo. L’orient<strong>al</strong>epuò credere che la terra fornisca tutte le condizioni propizie ai processi educativi edevolutivi, e che l’uomo vi ritorni sempre senza posa fino a quando non abbia raggiuntola perfezione. La meta rimane una. L’obiettivo è identico. La scuola è in luoghi differentie lo sviluppo di coscienza avviene in loc<strong>al</strong>ità diverse. Ma questa è la sola differenza.Platone sosteneva che:“Confinata in un corpo come in una prigione... l’anima cerca la sua sfera origin<strong>al</strong>e di puroraziocinio seguendo una vita filosofica, riflettendo sui fattori univers<strong>al</strong>i, amando e vivendo conformemente<strong>al</strong>la ragione. La vita corpor<strong>al</strong>e non è che un episodio nell’eterno sviluppo dell'anima,che è anteriore <strong>al</strong>la nascita e che sopravvive <strong>al</strong>la morte. L’esistenza nella carne è una provae un noviziato; la morte, la liberazione e il ritorno dell’anima <strong>al</strong> suo destino, cioè a un’<strong>al</strong>tra condizionedi prova, o <strong>al</strong> regno della pura ragione”.In qu<strong>al</strong>che luogo, coscientemente e volontariamente, noi dobbiamo imparare ad entrareed operare nel mondo dei v<strong>al</strong>ori, e a renderci in t<strong>al</strong> modo degni di appartenere <strong>al</strong>regno di Dio. T<strong>al</strong>e fu la dimostrazione data d<strong>al</strong> Cristo.250 Il secondo pensiero che si dovrebbe prendere in considerazione è che lo sforzodell’uomo, la sua lotta per riportare la vittoria, il suo senso di Dio, innato e autentico, ilsuo sforzo costante teso a migliorare le condizioni esistenti e a dominare tanto sé stessoquanto le condizioni del mondo natur<strong>al</strong>e, debbono pure avere un obiettivo, senza il qu<strong>al</strong>etutto ciò che vediamo attorno a noi è vuoto, futile e senza senso. Fu questo potere sudi Sé e sugli elementi della natura, e la direzione costante del Suo proposito, che guidaronoCristo di luogo in luogo e Gli permisero di schiudere la porta del regno e di risorgered<strong>al</strong>la morte, “primizia di coloro che sono morti” 249 .Il dolore deve avere uno scopo. Dietro tutta l’attività umana deve essere visto un o-biettivo. L’ide<strong>al</strong>ismo delle guide della razza non può essere un’<strong>al</strong>lucinazione. La concezionedi Dio deve avere qu<strong>al</strong>che fondamento nella re<strong>al</strong>tà. Gli esseri umani sono convintiche l’ingiustizia apparente del mondo fornisce la legittima certezza dell’<strong>al</strong>dilà, in cui ildisegno divino sarà integr<strong>al</strong>mente giustificato. Esiste una credenza fondament<strong>al</strong>e secondola qu<strong>al</strong>e il bene e il m<strong>al</strong>e lottano nella natura umana, ed è il bene che inevitabilmentedeve trionfare. L’uomo lo ha affermato nel corso dei secoli. L’umanità ha sviluppatomolte teorie per spiegare l’uomo e il suo destino, la sua preparazione per la vita postuma,e la ragione della sua esistenza sulla terra. Non vi è tempo né necessità di intrattenersidettagliatamente su t<strong>al</strong>i teorie. Esse sono, per se stesse, prove della re<strong>al</strong>tàdell’immort<strong>al</strong>ità e della divinità dell’uomo. L’uomo ha intuito la possibilità fin<strong>al</strong>e e nonavrà pace fino a quando non l’avrà raggiunta. La méta è una, sia essa la perfezione fin<strong>al</strong>eottenuta mediante la plur<strong>al</strong>ità di esistenze sul nostro pianeta, oppure la teoria Buddistadel Nirvana. Quest’ultima è mirabilmente riassunta in un libro che tratta delle dottrinesegrete della filosofia Tibetana:“. . quando i Signori di Compassione avranno civilizzato spiritu<strong>al</strong>mente la Terra, e l’avrannotrasformata in cielo, ai Pellegrini sarà rivelato il Sentiero senza fine che si estende fino <strong>al</strong> Cuoredell’Universo. L’uomo <strong>al</strong>lora, non più uomo, trascenderà la Natura e imperson<strong>al</strong>mente, sebbenecoscientemente, in unificazione con tutti gli Illuminati, concorrerà <strong>al</strong> compimento della Legged’Evoluzione Superiore, di cui il Nirvana non è che il principio” 250 .249 S. Paolo, I, ai Corinzi, XV, 20250 Tibetan Yoga and Secret Doctrines, di W. Y. Evanz-Wentz, pag. 12133
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