zione interiore si avvicina a quella di Cristo e le cui vite sono governate dagli stessi impulsidivini e subordinate <strong>al</strong>la stessa visione. Questa fase denota quella completa libertàspiritu<strong>al</strong>e che noi tutti <strong>al</strong>la fine dovremo raggiungere.164 È giunto il momento per gli esseri umani di tr<strong>al</strong>asciare il credere, e di accedere <strong>al</strong>laautentica conoscenza, ottenuta col pensiero, la riflessione, l’esperimento, l’esperienza ela rivelazione. Il problema immediato per tutti coloro che stanno cercando questa nuovaconoscenza e che aspirano a diventare conoscitori coscienti invece di credenti fedeli, ècostituito d<strong>al</strong>la necessità di ottenere t<strong>al</strong>e conoscenza nel mondo della vita quotidiana.Dopo ogni espansione di coscienza e dopo ogni sviluppo di una percezione approfonditanoi torniamo, <strong>al</strong> pari di Cristo, <strong>al</strong>le pianure della vita d’ogni giorno, e quivi mettiamo <strong>al</strong>laprova la nostra conoscenza, scoprendo la verità e la re<strong>al</strong>tà che in essa è riposta, e scoprendopure qu<strong>al</strong>e dovrà essere il nostro prossimo punto di espansione e qu<strong>al</strong>e nuovaconoscenza dovrà essere conquistata. Il compito del discepolo consiste nel comprenderee nell’impiegare la sua divinità. Il nostro sforzo consiste nel conoscere Dio immanente,basandolo tuttavia sulla fede in Dio trascendente.T<strong>al</strong>e fu l’esperienza degli apostoli sulla cima della montagna. Ci viene detto che “<strong>al</strong>zatigli occhi non videro <strong>al</strong>tri che Gesù” 170 . Riapparvero loro di nuovo le immagini consuete.È re<strong>al</strong>mente interessante confrontare quest’episodio con un passaggio <strong>al</strong>quantosimile della Bhagavad Gita, ove è narrata la rivelazione della gloriosa forma del Signoread Arjuna. Al termine della rivelazione Dio, nella persona di Krishna, gli dice con tenerezzae comprensione:“Non spaventarti o confonderti nel vedere questo mio terribile aspetto! Osserva ancorauna volta la mia antica forma, libero da paura, col cuore in pace!” e prosegue dicendo:“Questo Mio aspetto che tu hai visto è difficile a vedersi! Anche gli Dei desiderano vedermiin questa forma. Né posso essere veduto come tu mi hai visto, per mezzo dei Veda, né per mezzodei sacrifici, della penitenza e dei doni. Ma per mezzo della devozione a Me solo, Io possoessere conosciuto come sono, o Arjuna, e veduto e compenetrato veramente, o distruttore deinemici” 171 .165 La Parola di Riconoscimento era stata pronunciata, ed impartito il comando di ascoltareCristo. Essendo Gesù tornato <strong>al</strong>la “Sua forma norm<strong>al</strong>e” doveva aver luogo la conseguentediscesa d<strong>al</strong> monte. Avvenne <strong>al</strong>lora quella che potrebbe essere definita comeuna grande e triste reazione spiritu<strong>al</strong>e, terribile e inevitabile, espressa da Cristo così:“Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini, e l’uccideranno, manel terzo giorno egli risorgerà” 172 .Segue quindi il semplice commento che i discepoli “furono grandemente costernati”.La visione di Cristo, seguendola secondo le testimonianze, si divide in due parti. <strong>Da</strong>pprimaEgli ebbe una visione di raggiungimento. La re<strong>al</strong>izzazione ottenuta sulla vettadella montagna, una grande esperienza spiritu<strong>al</strong>e, era già stata superata. Ora Egli ha unavisione di compimento fisico sotto forma di ingresso trionf<strong>al</strong>e in Gerus<strong>al</strong>emme. Ma questaè accompagnata da un presentimento o una previsione della Sua vita di servizio culminantesulla Croce. Forse per la prima volta vide distintamente cosa lo aspettava, e ladirezione verso cui lo portava il Suo servizio <strong>al</strong> mondo. La via dolorosa di S<strong>al</strong>vatore delMondo si stendeva innanzi a Lui; nella Sua esperienza culminava il destino di tutte leanime avanzate ed Egli si vide respinto, schernito e ucciso, come lo furono <strong>al</strong>tri minorifigli di Dio. Il rifiuto da parte del mondo precede sempre l’accettazione. L’illusione èuno stadio sulla vita che conduce <strong>al</strong>la re<strong>al</strong>tà. L’odio di quelli che non sono ancora prontia riconoscere il mondo dei v<strong>al</strong>ori spiritu<strong>al</strong>i è da sempre il destino riservato a quelli che170 S. Matteo, XVII, 8171 The Bhagavad Gita, XI, 49, 52, 53, 54.172 S. Matteo, XVII, 22, 23.90
lo sono. M<strong>al</strong>grado Gli fosse riservato tutto questo, Cristo “si mise risolutamente in viaggioper andare a Gerus<strong>al</strong>emme” 173 .Nel considerare questi avvenimenti si fa chiara <strong>al</strong>la nostra mente la prova particolareche Cristo doveva ora affrontare. Ancora una volta si trattò di una triplice prova, similea quella che seguì l’iniziazione del Battesimo; ma questa volta fu di gran lunga di naturapiù sottile.166 La prova che doveva affrontare consisteva nel dimostrare la capacità di resistere <strong>al</strong>successo mondano, di procedere lungo la via trionfante del Suo ingresso nella Città Santasenza deviare d<strong>al</strong> Suo proposito, senza farsi sedurre d<strong>al</strong> successo materi<strong>al</strong>e e d<strong>al</strong>le acclamazioniche lo designavano Re dei Giudei. Il successo costituisce una disciplina assaidrastica e comporta opportunità assai maggiori di dimenticare Dio e la re<strong>al</strong>tà di quantonon facciano il f<strong>al</strong>limento e l’oblio. L’autocommiserazione, un senso di martirio e dirassegnazione sono rimedi assai efficaci per giustificare il proprio f<strong>al</strong>limento. Ma essereportati sulla cresta dell’onda, godere della considerazione pubblica, aver conseguito apparentementela meta sulla terra, sono fattori infinitamente più difficili da superare. Cristoli affrontò e lo fece con equilibrio spiritu<strong>al</strong>e e con quella saggezza lungimirante cheproduce un giusto senso dei v<strong>al</strong>ori e delle proporzioni.La seconda fase della prova consistette nella previsione della sua fine. Egli sapeva didover morire e sapeva come sarebbe morto, eppure proseguì senza deviare il compitoassegnatogli, pur prevedendo la fine. Non doveva solamente mostrare la forza di nonfarsi travolgere d<strong>al</strong> successo, ma anche la forza di affrontare la sfortuna, equilibrando ledue e vedendo in entrambe soltanto delle opportunità per l’espressione divina, e per ladimostrazione del Suo distacco, caratteristica peculiare dell’uomo nato di nuovo, purificatoe trasfigurato. A queste prove se ne aggiunse un'<strong>al</strong>tra, quella che aveva già affrontatanel deserto, la prova della solitudine assoluta. La forza di resistere <strong>al</strong> successo! Laforza di resistere <strong>al</strong>la c<strong>al</strong>amità! La forza di restare completamente solo! Cristo dovevamostrare tutto ciò <strong>al</strong> mondo e lo dimostrò. Sostò trionfante innanzi <strong>al</strong> mondo nella tappaintermedia della strada che lo portava sulla Croce. L’agonia della solitudine nell’orto delGetsemani fu probabilmente per Lui un momento più difficile dell’agonia pubblica sulGolgota. Ma in queste prove di ordine più sottile fu rivelata la qu<strong>al</strong>ità di Dio medesimo,ed è la qu<strong>al</strong>ità di Dio e il significato che s<strong>al</strong>vano il mondo — la qu<strong>al</strong>ità della Sua Vita,che è Amore e Saggezza, V<strong>al</strong>ore e Re<strong>al</strong>tà. Cristo portò a compimento tutto questo.167 Immediatamente, nel discendere d<strong>al</strong>la vetta della montagna, Cristo riprese a servire.S’imbattè, com’è noto, in una persona bisognosa d’aiuto e rispose prontamente <strong>al</strong> bisogno.Una delle caratteristiche s<strong>al</strong>ienti di ogni iniziazione è l’accresciuta capacità o abilitàdi servire dell’iniziato. Cristo dimostrò un modo del tutto nuovo e unico di parlare <strong>al</strong>lemasse, come pure di insegnare privatamente e person<strong>al</strong>mente ai pochi che aveva prescelto.Il Suo potere di guarire ancora persisteva, ma la Sua opera ormai si avviava versoun campo di v<strong>al</strong>ori nuovi, ed Egli enunciò quelle verità che divennero poi le fondamentadella fede di coloro che, provvisti di percezione interiore, hanno penetrato la presentazioneteologica del cristianesimo e vi hanno trovato la re<strong>al</strong>tà. In quel tempo il Suo servizioconsisteva soprattutto nell’insegnare e nel predicare, e t<strong>al</strong>e fu la saggezza e la bellezzadella Sua presentazione della verità che fu capace di racchiudere la divinità informe accessibili <strong>al</strong>la comprensione dell’uomo comune. Costruì un ponte fra l’antico e ilnuovo enunciando quella nuova verità e quella speci<strong>al</strong>e rivelazione <strong>al</strong>lora necessarie percollegare la saggezza antica <strong>al</strong>la speranza più recente. Keyserling ha compreso il prodigiodell’opera svolta d<strong>al</strong> S<strong>al</strong>vatore mondi<strong>al</strong>e, e lo descrive nelle parole che cito:“... il genio è per eccellenza Colui che risveglia. Se un intelletto di t<strong>al</strong> genere enunciasse cosedel tutto nuove ed uniche, esse non avrebbero significato <strong>al</strong>cuno per gli <strong>al</strong>tri. Il suo v<strong>al</strong>ore soci<strong>al</strong>edipende interamente d<strong>al</strong>la sua abilità nell’enunciare con chiarezza quello che tutti, nei recessidei loro cuori, sentono come vero — poiché <strong>al</strong>trimenti come potrebbe essere compreso? — e di173 S. Luca, IX, 51.91
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