la luce”. T<strong>al</strong>e è il fatto essenzi<strong>al</strong>e del misticismo scientifico. Dio è tanto luce che vita.Ogni mistico l’ha sperimentato e ne rende testimonianza per l’eternità.Questa consapevolezza del fatto della divinità si stabilisce innanzi tutto tramite il riconoscimentodel prodigio latente in ogni essere umano. Colui che non scorge nulla dibuono nel suo simile è colui che è incosciente della propria bontà; colui che vede solamenteil m<strong>al</strong>e in quelli che lo circondano è colui che guarda attraverso le lenti deformatedella sua natura pervertita. Ma quelli che vanno ridestandosi <strong>al</strong> mondo della re<strong>al</strong>tà acquistanosempre maggior coscienza della divinità dell’uomo, che si manifesta attraversole sue azioni disinteressate, la sua benevolenza, il suo spirito di ricerca, la sua serenitànelle difficoltà e la sua fondament<strong>al</strong>e ed essenzi<strong>al</strong>e bontà. Questa coscienza si approfondiscevia via che l’uomo studia la storia della razza, l’eredità religiosa dei secoli, esoprattutto <strong>al</strong>lorché si trova <strong>al</strong>la presenza della bontà e del prodigio trascendente cheCristo rivelò. <strong>Da</strong> questa re<strong>al</strong>izzazione passa <strong>al</strong>la scoperta del divino che è in lui e intraprendequella lunga lotta che lo porta attraverso le tappe della coscienza intellettu<strong>al</strong>e edella percezione intuitiva della verità, fino a quella illuminazione che è prerogativa edono di tutti i perfetti figli di Dio. Invisibile e non ancora svelato il radioso corpo interioredi luce è presente tanto nell’individuo quanto nella razza e va affiorando lentamente,ma sicuramente. Nel momento attu<strong>al</strong>e un gran numero di esseri umani è impegnatonell’attività dei sei giorni che precedettero l’esperienza della Trasfigurazione.153 A questo punto è importante studiare succintamente il posto assegnato ai discepolinella storia di quest’esperienza. Nella storia Biblica incontriamo sempre la triplicità;Mosè, Aronne e Giosuè; Giobbe e i suoi tre amici; Sidra, Misac e Abdenago gli amici di<strong>Da</strong>niele; i tre re attorno <strong>al</strong>la culla di <strong>Betlemme</strong>; i tre discepoli presenti <strong>al</strong>la Trasfigurazione;le tre Croci inn<strong>al</strong>zate sul C<strong>al</strong>vario! Che significa questa costante ricorrenza delnumero tre? Che cosa simboleggia? Esiste dietro la possibile re<strong>al</strong>tà storica di questo fattoun simbolo particolare che possa, <strong>al</strong>lorché compreso, render chiare le circostanze chevedono presenti questi personaggi? Uno studio sui loro nomi e la loro interpretazione,così come vien data nell’ormai nota “Concordance”di Cruden, può fornire un indizio.Prendete, per esempio, il significato del nome degli amici di Giobbe. Erano essi Elifaz,il temanita, B<strong>al</strong>dad, il suhita, e Sofar, il naamanita. Elifaz di Teman significa “Mio Dioè oro” e anche “Il quartiere del sud” ossia il polo opposto <strong>al</strong> nord. L’oro è il simbolo delbenessere materi<strong>al</strong>e e il polo opposto dello spirito è la materia, perciò in questo nomeabbiamo simboleggiato la tangibile forma esterna dell’uomo, animata d<strong>al</strong> desiderio delpossesso e del bene materi<strong>al</strong>e. Sofar di Naama significa “colui che parla” e il suo tema èl’<strong>al</strong>legria, ossia l’interpretazione data <strong>al</strong>la parola naamanita. Qui abbiamo un esempiodel corpo del desiderio, con la sua brama di gioia, di felicità e di piacere, edun’indicazione del costante e incessante richiamo della natura emotiva, di cui noi tuttidiamo prova. B<strong>al</strong>dad di Suach rappresenta la natura ment<strong>al</strong>e, la mente, e il nome significa“contrizione”, che diventa possibile solo quando la mente incomincia ad entrare in attività(includendo la coscienza). Suhita significa “prostrazione o debolezza”, il che vuoldire che la mente sola e senza aiuto può solo rivelare, ma non soccorrere. Rimorso e dolore,derivanti d<strong>al</strong>la memoria, sono il risultato dell’attività ment<strong>al</strong>e. In t<strong>al</strong> modo nei treamici di Giobbe sono rivelati i tre aspetti della natura inferiore. Lo stesso avviene studiandoi nomi dei tre amici di <strong>Da</strong>niele. Abdenago significa il “servo del sole” o servitoredella luce; in questo significato si trova la somma completa dei doveri e della metadell’uomo fisico esteriore.154 Il nome di Sidrac racchiude una definita indicazione di sensibilità emotiva, perchévuol dire “gioire nella vita”, e ovunque si trovi un riferimento <strong>al</strong>le du<strong>al</strong>ità fondament<strong>al</strong>idella gioia e del dolore è presente senza dubbio la natura emotiva. Misac significa “agile”che si muove rapidamente, e per se stesso questo nome è un'eccellente descrizionedella natura ment<strong>al</strong>e. Arjuna nella Bhagavad Gita sottolinea questo pensiero nelle paroleche rivolge a Krishna: “Di questo Yoga da te spiegato io non ne vedo possibile84
156l’attuazione a causa dell’irrequietezza della mente; poiché la mente, o Krishna, è instabile,impetuosa, potente, ostinata; e credo che sia ardua a controllare quanto il vento” 158 .Così nei tre amici e nelle diverse triplicità che troviamo nella Bibbia, scopriamo unsimbolismo che c’illumina in modo vit<strong>al</strong>e. Così sono raffigurati i tre aspetti attraverso iqu<strong>al</strong>i l’anima deve esprimersi e deve risplendere. Lo stesso v<strong>al</strong>e per i tre amici di Gesù.Non mi è possibile qui parlare delle amicizie di Gesù Cristo; esse sono molto re<strong>al</strong>i, moltoprofonde e di un’inclusività univers<strong>al</strong>e. Sono fuori del tempo ed eterne, e gli amici diGesù si trovano in ogni razza (cristiani e non cristiani); in ogni latitudine e in ogni emisfero.E si ricordi bene che solo gli amici di Cristo hanno il diritto di essere dogmatici aSuo riguardo, o possono parlare con tutta autorità di Lui e delle Sue idee, perché posseggonol’autorità dell’amore e della comprensione.La fondament<strong>al</strong>e triplicità la troviamo pure in Pietro, Giacomo e Giovanni; nei loronomi troviamo lo stesso simbolismo essenzi<strong>al</strong>e che ci dà così il senso di questa meravigliosastoria. Pietro, come ben sapete, vuol dire “roccia”. Qui abbiamo le fondamenta,l’aspetto più concreto, la forma fisica esterna che, <strong>al</strong> momento della Trasfigurazione, ètrasformata d<strong>al</strong>la gloria di Dio, così che l’apparenza esterna scompare, e Dio stesso risplende.Giacomo, ci è stato detto, significa “illusione”, deformazione. Vi è qui un riferimento<strong>al</strong> corpo emotivo, col suo potere di snaturare e di ingannare, di fuorviare, di indurrein errore. Ove entra in giuoco l’emozione e quando l’attenzione è concentrata nellareazione sentiment<strong>al</strong>e e sensu<strong>al</strong>e, il f<strong>al</strong>so prende rapidamente il sopravvento, l’uomodiventa vittima dell’illusione. È questo corpo dell’illusione che <strong>al</strong>la fine viene trasformatoe, così cambiato e reso stabile, fornisce un limpido strumento per la rivelazionedella divinità. Giovanni significa “Il Signore ha parlato” e qui è personificata la naturadella mente, poiché solamente quando l’aspetto ment<strong>al</strong>e incomincia a manifestarsi abbiamol’apparizione del linguaggio e di quell’essere pensante, o anim<strong>al</strong>e parlante, chechiamiamo “uomo”. In t<strong>al</strong> modo, nell’appropriata simbologia della Scrittura i tre amicidi Cristo stavano a rappresentare i tre aspetti della Sua natura umana, e fu questa person<strong>al</strong>itàintegrata, foc<strong>al</strong>izzata e consacrata che ricevette l’urto della Trasfigurazione, da cuirisultò la rivelazione. Poiché l’essenzi<strong>al</strong>e du<strong>al</strong>ità dell’umanità è rivelata attraverso Cristoe poiché la Sua Triplice Person<strong>al</strong>ità, con la Sua divinità essenzi<strong>al</strong>e, è rappresentata pernoi in t<strong>al</strong> modo che non possiamo sottrarci a questa lezione e <strong>al</strong>le possibilità che comporta.Gli Apostoli nel loro Maestro riconobbero Dio, e si basarono sulla re<strong>al</strong>tà di questadivinità come hanno fatto da sempre i mistici di ogni tempo.Essi “sanno in Chi hanno posto fede” 159 . Videro la luce risplendere nella persona diGesù Cristo e per essi Egli divenne più grande della Persona che avevano conosciutoprima. Dio divenne una re<strong>al</strong>tà per mezzo di quest’esperienza.In questa sintesi del passato, presente e futuro, Cristo e Coloro che Gli erano più a-mici si incontrarono con Dio, e questa associazione fu t<strong>al</strong>mente potente da evocare unarisposta immediata d<strong>al</strong> Dio medesimo. Quando il sentimento ed il pensiero si congiungonoin un istante di comprensione, avviene simultaneamente una precipitazione di e-nergia, e da quel momento la vita muta per sempre, si diventa consapevoli di una re<strong>al</strong>tàche prima era soltanto creduta, e la fede non è più necessaria.3L’episodio della Trasfigurazione fu il punto d’incontro di fattori significativi e daquel momento la storia dell’umanità ha subito un mutamento radic<strong>al</strong>e. Si è trattato, perla storia razzi<strong>al</strong>e, di un momento importante come la Crocifissione, di potenza forsemaggiore di quell’avvenimento pur tanto tragico e grandioso. Momenti simili sono assairari. Gener<strong>al</strong>mente noi non otteniamo che deboli lampi di possibilità, rari sprazzi158 Bhagavad Gita, VI, 33-34159 S. Paolo a Timoteo, II E; p. 1, 1285
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