quesito dunque può ridursi a questo; siamo noi un corpo e niente <strong>al</strong>tro che un corpo, oppurel’antica Scrittura Indiana era nel giusto quando affermava che:“Sicura è la morte per chi è nato, e certa la nascita per chi è morto, quindi non dovresti affliggertiper ciò che è inevitabile... Questo Spirito che dimora nel corpo di ognuno è immort<strong>al</strong>e”245 .244Un poeta cristiano moderno esprime la stessa idea nelle seguenti bellissime rime:“La morte sta <strong>al</strong>la vita come il marmo <strong>al</strong>lo scultore,Che attende il tocco che libera l’anima;La morte è quell’istante in cui il nuotatore senteil rapido dolore del tuffo nello stagnoSeguito d<strong>al</strong> riso delle bolle traboccanti<strong>Da</strong>lle spartite acque, che il soleIn crist<strong>al</strong>li trasforma; la vita e la luce sono uno” 246 .Sarebbe conveniente chiedersi che cosa desideriamo veder durare. Sovente un’an<strong>al</strong>isidell’attitudine person<strong>al</strong>e riguardo l’intera questione della morte e dell’immort<strong>al</strong>ità puòservire a rischiarare la mente dagli elementi vaghi e indefiniti, basati sul timore,sull’inerzia ment<strong>al</strong>e e sulla confusione delle idee. Sorgono perciò <strong>al</strong>la mente le seguentidomande che meritano un esame.In che modo sappiamo che il processo della morte comporta t<strong>al</strong>i definite trasformazioninella nostra coscienza, fino a mostrarsi fat<strong>al</strong>e per noi, come esseri senzienti, e arendere inutile ogni precedente sforzo di pensiero, di sviluppo e di comprensione? Ilprodigio della Risurrezione di Cristo, per quel che riguarda la Sua person<strong>al</strong>ità, consistenel fatto che, dopo essere passato attraverso la morte ed essere risorto, Egli rimase essenzi<strong>al</strong>mentela stessa persona, solamente dotata di poteri accresciuti. Non può essere lostesso anche per noi? Non è possibile che la morte rimuova la limitazione intesa nel sensofisico, lasciandoci con una sensibilità accresciuta ed un più chiaro senso dei v<strong>al</strong>ori?Questa vita ci ha modellati producendo in noi certe definite espressioni di forma e diqu<strong>al</strong>ità e queste, bene o m<strong>al</strong>e, costituiscono il Sé, ossia l’uomo re<strong>al</strong>e d<strong>al</strong> punto di vistadella vita umana. Vi è qu<strong>al</strong>che cosa in noi che rifiuta ogni identificazione definitiva conla forma fisica, ad onta di ciò che scienza e inesperienza possano dire. Un sé interiore,intuitivo e sostanzi<strong>al</strong>e ripudia costantemente e univers<strong>al</strong>mente la distruzione, e perseveras<strong>al</strong>damente nella credenza che la ricerca e la meta, i v<strong>al</strong>ori intravisti per i qu<strong>al</strong>i lottiamo,debbano un giorno o l’<strong>al</strong>tro in qu<strong>al</strong>che luogo, in qu<strong>al</strong>che modo rivelare che v<strong>al</strong>ev<strong>al</strong>a pena perseguirli.245 Ogni <strong>al</strong>tro punto di vista si conclude nell'assenza tot<strong>al</strong>e di un piano intelligente di esistenzae conduce <strong>al</strong>la disperazione, espressa da S. Paolo: “Se abbiamo sperato in Cristosoltanto per questa vita, noi siamo i più miserabili di tutti gli uomini” 247 . Ci troviamosenza dubbio <strong>al</strong>cuno su un cammino che porta ad un v<strong>al</strong>ore degno e dinamico; <strong>al</strong>trimentila vita sarebbe un inutile processo di peregrinazione senza scopo; vorrebbe dire conservareun corpo ed educare un intelletto che non ha v<strong>al</strong>ore <strong>al</strong>cuno né per Dio né per gliuomini. Sappiamo fermamente che non può essere così.È il prolungamento del v<strong>al</strong>ore, ossia di ciò che v<strong>al</strong>e la pena di raggiungere e la continuazionedel persistente divino incentivo interiore che inc<strong>al</strong>za a progredire, a creare, agiovare agli <strong>al</strong>tri, e che per coloro che hanno conseguito il livello in cui il pensiero diventapossibile sembra racchiudere la chiave del problema dell’immort<strong>al</strong>ità. Tutta la storiadi Cristo ne è la prova. Tutta la Sua vita consacrata <strong>al</strong> servizio e <strong>al</strong>la devozione ai245 The Bhagavad Gita, II, 27, 30246 The Modernist, di Robert Norwood, pag. 57. Socrates247 S. Paolo, I°, ai Corinzi, XV, 19130
Suoi simili ci prova che Egli aveva raggiunto il punto della Sua evoluzione in cui dovevain qu<strong>al</strong>che modo contribuire <strong>al</strong> bene dell’insieme, Egli aveva raggiunto il culminedella sc<strong>al</strong>a evolutiva e la Sua umanità era sparita nella divinità che espresse. Egli possedevaun v<strong>al</strong>ore da offrire sia a Dio che <strong>al</strong>l’uomo e l’offerse sulla Croce. Il Suo contributo<strong>al</strong>la sorgente di tutto il complesso della società doveva costargli la vita, ma Egli lo feceugu<strong>al</strong>mente. Poté dimostrare l’immort<strong>al</strong>ità grazie <strong>al</strong> v<strong>al</strong>ore di quanto aveva raggiuntoe <strong>al</strong> carattere vivente della Sua contribuzione. È il v<strong>al</strong>ore immort<strong>al</strong>e che sopravvive eladdove t<strong>al</strong>e v<strong>al</strong>ore esiste l’anima non ha più bisogno della scuola dell’esperienza umana.<strong>Da</strong> questo pensiero sorge un quesito: che cos'è dunque che noi cerchiamo di vedersopravvivere? Qu<strong>al</strong>e parte di noi stessi desideriamo sia immort<strong>al</strong>e, che cos’è che in o-gnuno di noi garantisce la persistenza?246 Senza dubbio nessuno di noi desidera vedere risorto il suo corpo fisico, né brama diessere nuovamente ostacolato e confinato d<strong>al</strong>le limitazioni dell’attu<strong>al</strong>e veicolo, in cui lamaggior parte di noi si trova.Il suo v<strong>al</strong>ore sembra inadeguato <strong>al</strong>l’esperienza della Risurrezione e <strong>al</strong> dono dellaimmort<strong>al</strong>ità. Senza dubbio non desideriamo neppure ritrovarci sottomessi <strong>al</strong>la stessa naturapsichica, con il suo aggregato d’umori, di sentimenti e di sensazioni mutevoli secondole condizioni ambient<strong>al</strong>i. E certamente nessuno di noi si compiace ancora nellacontemplazione della vecchia idea di un cielo mielato in cui dovremmo trascorrere iltempo, bianco vestiti, a cantare e ad intrattenerci di problemi religiosi. Queste idee sonoormai superate e Cristo stesso ne è la negazione tot<strong>al</strong>e. Egli risorse d<strong>al</strong>la morte ed entròin una vita attiva di accresciuto servizio. Le “<strong>al</strong>tre pecore” che Egli doveva raccoglieredevono essere cercate e pascolate 248 ; i Suoi discepoli debbono essere ammaestrati ed i-struiti, i Suoi seguaci guidati e soccorsi, il regno di Dio deve essere organizzato sullaterra. E il Cristo risorto continua ad aggirarsi fra noi, non sempre riconosciuto eppureoccupato nel compito del servizio e della s<strong>al</strong>vezza del mondo. Non vi è cielo di pace nériposo, né inattività per Cristo fino a quando non saranno tutti s<strong>al</strong>vati; e lo stesso è perquelli di noi che cercano di c<strong>al</strong>care le Sue orme.Quando la vita di un uomo acquista significato, <strong>al</strong>lora egli è pronto a c<strong>al</strong>care il sentierodella purificazione e della prova e a prepararsi in vista dei misteri; via via che il suosignificato e la sua influenza aumentano egli può passare, fase dopo fase, attraverso iprocessi dell’iniziazione e c<strong>al</strong>care il sentiero della santità. Egli può “nascere a <strong>Betlemme</strong>”,poiché il germe di ciò che è dinamico e vivente si è ridestato in lui e va acquistandopotere e significato, e deve quindi fare la sua apparizione; egli può attraversare le acquedella purificazione e pervenire <strong>al</strong>la cima della montagna della trasfigurazione oveciò che ha v<strong>al</strong>ore risplende in tutta la sua gloria. Dopo aver sperimentato quell’istanted’es<strong>al</strong>tazione ed avere ottenuto da Dio il riconoscimento del v<strong>al</strong>ore di cui è in possesso,<strong>al</strong>lora, e <strong>al</strong>lora soltanto, egli è pronto ad offrire la sua vita sull’<strong>al</strong>tare del sacrificio e delservizio, e può volgere i suoi passa verso Gerus<strong>al</strong>emme per essere quivi crocifisso. T<strong>al</strong>eè la fine inevitabile di tutto ciò che ha v<strong>al</strong>ore. T<strong>al</strong>e è il disegno nascosto dell’intero processodi perfezionamento, poiché soltanto ora l’uomo possiede qu<strong>al</strong>che cosa di pregevoleda offrire.247 Ma benché la Crocifissione possa essere il termine dell’espressione fisica, essa è essenzi<strong>al</strong>mentel’istante del trionfo del v<strong>al</strong>ore e la dimostrazione della sua immort<strong>al</strong>ità.Poiché ciò che ha v<strong>al</strong>ore, la divina velata bellezza che l’esperienza della vita el’iniziazione sono servite a rivelare, non può morire. Esso è una cosa essenzi<strong>al</strong>menteimmort<strong>al</strong>e e deve vivere. T<strong>al</strong>e è la vera risurrezione del corpo. Quando la coscienza delv<strong>al</strong>ore e del pregio, ed il riconoscimento tanto delle possibilità dell’uomo quanto dellasua comprensione, sono prese in considerazione, cominciano ad acquistare un significatola vita di servizio (che conduce <strong>al</strong>la morte) e di risurrezione (che conduce <strong>al</strong>la piena248 S. Giovanni, X, 16.131
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