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Da Betlemme al Calvario.pdf - Alice Bailey

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cittadinanza e ci disse che avremmo potuto compiere “cose ancor più grandi” di quellecompiute da Lui. T<strong>al</strong>e è il glorioso futuro verso il qu<strong>al</strong>e l’uomo si orienta oggi, e <strong>al</strong> qu<strong>al</strong>elo preparano tutti gli eventi mondi<strong>al</strong>i.276 La preparazione per questo regno, è compito del discepolato, e costituisce l’ardua disciplinadella quintuplice via dell’iniziazione. Il lavoro del discepolo consiste nel fondareil regno e la caratteristica fondament<strong>al</strong>e dei suoi cittadini è l’immort<strong>al</strong>ità. Essi sonomembri della Razza Immort<strong>al</strong>e, e l’ultimo nemico che debbono superare è la morte; essiagiscono coscientemente dentro e fuori del corpo e non se ne preoccupano, essi hanno lavita eterna perché hanno in loro ciò che non può morire, essendo della stessa natura diDio. Essere immort<strong>al</strong>i perché i propri peccati sono stati perdonati è una ragione insufficienteper delle menti intelligenti, avere la vita eterna perché Cristo morì duemila annifa non può soddisfare l’uomo cosciente della propria responsabilità e della propria identità,vivere per sempre perché si è religiosi o perché si sono accettate t<strong>al</strong>une forme di fede,è una ragione ripudiata d<strong>al</strong>l’uomo che è conscio del suo potere e della sua natura interiore,fondare la propria fede nella sopravvivenza sulla tradizione oppure su un sensoinnato di persistenza non sembra sufficiente. Abbiamo molte cognizioni relative <strong>al</strong>laforza e <strong>al</strong>la tenacia dell’istinto di conservazione e dell’impulso creatore di autoperfezione.Forse questi due istinti sono semplicemente perpetuati in un senso ide<strong>al</strong>istico <strong>al</strong>lorchél’uomo ha un fine.Eppure nell’umanità è innato il senso di appartenere <strong>al</strong>trove, vi è uno scontento divinoche senza dubbio deve avere le basi in qu<strong>al</strong>che eredità natur<strong>al</strong>e, che è garanzia dellanostra origine. Questo protendersi verso una vita più ampia e più piena è una caratteristicaumana quanto la norm<strong>al</strong>e tendenza dell’individuo a fondare una famiglia e a stabilirecontatti soci<strong>al</strong>i. Per conseguenza t<strong>al</strong>e tendenza è suscettibile di attuarsi quantol’<strong>al</strong>tra, e di ciò abbiamo testimonianze in ogni epoca. La s<strong>al</strong>vezza person<strong>al</strong>e, dopotuttoha un’importanza relativa, a meno che non s’inserisca in una S<strong>al</strong>vezza più gener<strong>al</strong>e e u-nivers<strong>al</strong>e. Nella Bibbia abbiamo la promessa che “Chi fa la volontà di Dio dimora in e-terno” 262 .277 E queste parole ci danno la soluzione del problema. Si è stati propensi a credere chela volontà d’espressione di Dio sia stata del tutto soddisfatta con la creazione dell’uomo.Non esiste <strong>al</strong>cun argomento v<strong>al</strong>ido per questo credo. Se Dio non fosse capace di produrrequ<strong>al</strong>che cosa infinitamente più perfetta dell’umanità e se la vita che si riversa attraversoil mondo natur<strong>al</strong>e non preparasse qu<strong>al</strong>che cosa infinitamente più grande, più nobilee più bella d’ogni <strong>al</strong>tra cosa prodotta finora, <strong>al</strong>lora Dio non sarebbe divino nel sensogener<strong>al</strong>mente attribuito a quest’espressione. Noi domandiamo a Dio molto di più: unagrandezza che sorpassi ogni cosa mostrataci finora. Noi crediamo che questo sia possibilee ci rimettiamo <strong>al</strong>la divinità, certi che non ci deluderà. Ma la rivelazione della perfezionefin<strong>al</strong>e, qu<strong>al</strong>unque essa sia (e non dobbiamo limitare Dio con nessuno dei nostripreconcetti) può richiedere lo sviluppo nell’uomo di poteri e di un meccanismo che glipermettano non solo di riconoscerla, ma anche di partecipare ai suoi prodigi e <strong>al</strong>la suamaggior sfera di contatti. Noi stessi dobbiamo senza dubbio cambiare per poter esprimerela divinità come fu espressa da Cristo, prima che Dio possa procedere <strong>al</strong>la manifestazionedel regno celato. Dio ha bisogno della collaborazione dell’uomo. Egli invita gliuomini ad adempiere la Sua volontà. Abbiamo considerato quest’ultima come un mezzoper assicurarci il nostro bene individu<strong>al</strong>e e questo probabilmente è stato un atteggiamentosbagliato.Possiamo elevarci e proseguire la re<strong>al</strong>izzazione del Piano interiore, equipaggiandociper ottenere la perfezione, affinché Dio possa “vedere gli sforzi dell’Anima Sua ed essernesoddisfatto” 263 . Forse noi costituiamo l’esperimento più importante di Dio. Il germedella vita divina è in noi, ma a noi stessi spetta qu<strong>al</strong>che compito, in relazione ad esso262 S. Giovanni, II, 17263 Isaia, LIII, 11.146

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