d’illuminazione e fuggevoli istanti durante i qu<strong>al</strong>i appare una sintesi che poi ci lasciacon un senso di adeguatezza, di integrazione, di proposito e di sottostante re<strong>al</strong>tà. Ma t<strong>al</strong>imomenti sono invero assai rari. Sappiamo che Dio esiste. Sappiamo che la re<strong>al</strong>tà esiste.Ma la vita, con il rilievo che dà ai fenomeni, con le sue necessità e le sue lotte, ci preoccupat<strong>al</strong>mente che non abbiamo tempo, dopo i “sei giorni di lavoro”, di sc<strong>al</strong>are la montagnadella visione. Una certa intimità con la natura di Dio deve senza dubbio precederela rivelazione che lo stesso Dio t<strong>al</strong>volta può concedere. I tre amici di Cristo erano statiammessi ad un certo grado d’intimità con Lui e ciò permise loro di essere prescelti comeSuoi compagni <strong>al</strong>l’episodio della Sua esperienza, ove Egli rappresentò a beneficiodell’umanità, tanto un avvenimento simbolico quanto un’esperienza ben definita in vistadella qu<strong>al</strong>e aveva dovuto compiere i debiti preparativi, con i partecipanti correttamenteammaestrati e scelti, affinché potesse apparire il simbolismo che essi incorporavano e leloro reazioni potessero essere correttamente orientate. Era necessario che Cristo avessepresso di Sé degli amici su cui poter contare per il riconoscimento della divinità, quandofosse apparsa; dei discepoli la cui intuitiva percezione spiritu<strong>al</strong>e fosse t<strong>al</strong>e da renderpossibile, in futuro, il senso interiore a quelli che più tardi avessero seguito i Suoi passi.Questo è un punto t<strong>al</strong>volta dimenticato. Inevitabilmente “saremo simili a Lui perché Lovedremo così come Egli è” 160 , ma due cose sono indispensabili <strong>al</strong> discepolo consacratoper conseguire questa somiglianza. Egli deve essere in grado di vedere chiaramentementre si trova nell’illuminazione che irradia da Cristo, e la Sua intuizione deve essereattiva affinché egli possa interpretare correttamente quello che vede. Egli ama il SuoMaestro e Lo serve con tutta la devozione di cui è capace, ma è necessario qu<strong>al</strong>che cosadi più oltre <strong>al</strong>la devozione e <strong>al</strong> servizio. Egli deve essere capace di affrontarel’illuminazione e <strong>al</strong> tempo stesso deve avere quella percezione spiritu<strong>al</strong>e che vede e tocc<strong>al</strong>a re<strong>al</strong>tà, raggiungendo così un punto che sta oltre le possibilità del suo intelletto. Essaè una combinazione di intelligenza e di amore, e in più il potere di conoscere, che èinerente <strong>al</strong>l’anima e che riconosce intuitivamente ciò che è santo, univers<strong>al</strong>e e re<strong>al</strong>e,come pure ciò che è specifico e vero per ognuno e per ogni età.Cristo rivelò la qu<strong>al</strong>ità della natura divina per mezzo della materia, della forma, e “sitrasfigurò innanzi a loro”.“La parola greca qui usata è “metamorfosi”, la stessa parola che impiega S. Paolo per descriverela trasmutazione del corpo mort<strong>al</strong>e nel corpo di resurrezione; poiché nel giorno del compimento,quando il perfetto discepolo ha raggiunto la maestria, la “veste di gloria” brilla con t<strong>al</strong>esplendore attraverso il rivestimento della carne che tutti gli spettatori la scorgono e, con gli occhie le orecchie adattate a una vibrazione più sottile, contemplano il loro Maestro in tutta la suadivina umanità” 161 .È interessante notare che, nonostante riconoscessero il significato dell’avvenimento acui avevano partecipato, i tre apostoli, parlando per bocca di Pietro, furono capaci soltantodi esprimere il loro timore e il loro smarrimento, il loro riconoscimento e la lorofede. Essi non potevano spiegare né comprendere quello che avevano visto, e non troviamo<strong>al</strong>cuna indicazione che l’abbiano mai fatto. Il significato della Trasfigurazione èqu<strong>al</strong>che cosa che deve essere messo in pratica nella vita prima di poter essere definito ospiegato.158 Quando l’umanità, presa nel suo insieme, avrà appreso a trasformare la carne permezzo dell’esperienza divina, a tramutare la natura emotiva mediante l’espressione divina,e a trasferire la coscienza d<strong>al</strong>la vita terrena <strong>al</strong> mondo delle re<strong>al</strong>tà trascendenti, <strong>al</strong>lorai v<strong>al</strong>ori re<strong>al</strong>i soggettivi di quest’iniziazione si riveleranno automaticamente <strong>al</strong>le mentidegli uomini. Allora si farà strada un’espressione più profonda di ciò che è stato intuito.Il dottor Sheldon dice giustamente che “assai prima di poter essere articolato ogni più160 I. S. Giovanni, III, 2161 The Mystery Teaching in the West, di Jean Delaire, pag. 12186
puro pensiero e sentimento umano è stato contenuto nelle menti intuitive per generazioni,probabilmente anche per secoli” 162 . Noi non possiamo ancora definire il senso diquesta esperienza. Sentiamo in maniera confusa e distante il suo carattere prodigioso ela sua fin<strong>al</strong>ità. Come razza non siamo ancora passati attraverso l’esperienza della nuovanascita; l’esperienza del Giordano è stata effettuata soltanto da pochi. Soltanto l’animarara ed evoluta ha sc<strong>al</strong>ato la montagna della Trasfigurazione, ove ha scoperto Dio e si èincontrata con Lui nella Glorificata Persona di Gesù cristo. Abbiamo assistito a questoepisodio con gli occhi degli <strong>al</strong>tri. Pietro, Giacomo e Giovanni ce ne hanno parlato perbocca di un <strong>al</strong>tro apostolo, Matteo. Per ora restiamo soltanto spettatori, eppure a questaesperienza noi tutti parteciperemo un giorno. Questo l’abbiamo dimenticato. Abbiamoassimilato il linguaggio del quarto grande evento della vita di Cristo, e molti di noi hannocercato di penetrare il senso della Crocifissione e di partecipare <strong>al</strong>la Sua sofferenza.Abbiamo contemplato la Trasfigurazione, ma non abbiamo cercato di trasfigurare noistessi. Eppure un giorno lo dovremo fare e potremo osare sc<strong>al</strong>are il Golgota soltanto dopola Trasfigurazione. Soltanto quando saremo pervenuti ad esprimere la divinità entro eattraverso la natura person<strong>al</strong>e inferiore, otterremo quei v<strong>al</strong>ori e quei pregi che soli, secondoil Piano divino, hanno diritto di essere crocifissi. Questa è una verità dimenticata.Eppure fa parte del processo evolutivo, per il cui mezzo Dio si rivela <strong>al</strong>l’umanità.Il grande fenomeno natur<strong>al</strong>e che un giorno l’umanità rivelerà — attraverso l'autoespressione,come pure secondo la legge — racchiude in sé la bellezza che splendette inCristo <strong>al</strong>lorché stette trasfigurato innanzi ai Suoi tre amici, fu riconosciuto da Dio SuoPadre e ricevette la testimonianza di Mosè e di Elia, della Legge e dei Profeti, del passatoe dell’avvenire.Qui c’è da mettere in evidenza un punto. Nel par<strong>al</strong>lelo orient<strong>al</strong>e di queste cinque crisidella vita di Gesù Cristo, il terzo episodio viene chiamato iniziazione della “capanna”, ele parole di S. Pietro quando propone di costruire tre tende o “capanne”, una per Cristo,una per Mosè e un’<strong>al</strong>tra per Elia, collegano l’esperienza cristiana <strong>al</strong> suo antico prototipoorient<strong>al</strong>e. In tutti questi eventi, che accaduto raramente, Dio è stato glorificato d<strong>al</strong>la luce,ineffabile e splendida, irradiata attraverso il rivestimento della carne, e questa esperienzasulla montagna non è esclusivamente cristiana. Ma Cristo fu il primo a riunire inuna sequenza di presentazioni tutte le esperienze possibili della divinità resa manifesta,e a descriverle con la storia della Sua vita, così come ci vengono tramandate nei cinqueepisodi del Vangelo, per nostra edificazione e ispirazione. Sempre più numerosi gli uominipasseranno per la grotta della nascita, entreranno nel fiume e sc<strong>al</strong>eranno la montagna,assecondando l’opera di Dio in favore dell’umanità. L’esempio di Cristo sta portandoi suoi risultati e producendo i suoi frutti. Non è possibile opporsi <strong>al</strong>la divinità, el’uomo è divino. Se non lo fosse, la Paternità di Dio non sarebbe che una parola vuota, eCristo con i Suoi apostoli sarebbero stati in errore quando affermarono, equest’affermazione è ripetuta costantemente, la re<strong>al</strong>tà della nostra origine divina. Il sensodella divinità dell’uomo non può essere <strong>al</strong>terato. Essa è un fatto re<strong>al</strong>e o non lo è. ODio può essere conosciuto nella carne, per mezzo dei Suoi Figli, oppure no. Tutto dipendeda Dio, il Padre, il Creatore, Colui in cui abbiamo vita, origine ed esistenza. ODio è immanente in tutte le Sue creature o non lo è affatto. O Dio è trascendente e <strong>al</strong> dilà di ogni manifestazione, oppure non esiste <strong>al</strong>cuna re<strong>al</strong>tà fondament<strong>al</strong>e, <strong>al</strong>cun proposito,<strong>al</strong>cun principio. Probabilmente è esatto il crescente riconoscimento che va facendosistrada nelle menti degli uomini che Dio è tanto immanente quanto trascendente, e noipossiamo basarci sulla Sua Paternità sapendo di essere divini, perché Cristo e la Suachiesa ne hanno dato testimonianza in tutti i tempi.160 Questa volta la Parola proferita differisce da quella precedente. La prima frase pronunciatad<strong>al</strong>l’Iniziatore che sta in silenzio dietro le quinte mentre Gesù si sottopone a uniniziazione dopo l’<strong>al</strong>tra è praticamente la stessa dell’iniziazione del Battesimo, ad ecce-162 Psychology and the Promethean Will, di Sheldon, 11687
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