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Da Betlemme al Calvario.pdf - Alice Bailey

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tri, nondimeno quando sopraggiunge la crisi fin<strong>al</strong>e egli deve provare momenti di t<strong>al</strong>e solitudine,inimmaginabile prima d’<strong>al</strong>lora.221 Egli segue le orme del Suo Maestro, è crocifisso innanzi agli uomini e abbandonatotanto dai suoi simili quanto d<strong>al</strong>la confortante presenza del sé divino, su cui ha imparatoa fare affidamento. Cristo essendo penetrato in questo luogo di tenebre esteriori, ed essendosisentito completamente abbandonato da tutto ciò che fino a quell’istante avevasignificato tanto per Lui, sia d<strong>al</strong> punto di vista umano che da quello divino, ci ha permessodi stimare il v<strong>al</strong>ore dell’esperienza, e ci ha mostrato che soltanto attraverso quelluogo di tenebre apparenti, che i mistici hanno giustamente definita “la notte oscuradell’anima”, possiamo entrare veramente nella benedetta fratellanza del regno.Quest’esperienza è stata trattata da molti libri, ma è assai rara — assai più rara di quantolascerebbe supporre la letteratura mistica. Essa diventerà sempre più frequente via viache gli uomini varcheranno le soglie del dolore e della morte per entrare nel regno. Cristorimase sospeso fra il cielo e la terra, e sebbene fosse circondato d<strong>al</strong>la moltitudine,sebbene ai Suoi piedi si trovassero coloro che amava, Egli era completamente solo. È lasolitudine avvertita in compagnia degli <strong>al</strong>tri, la sensazione di essere completamente abbandonatiavvertita nonostante la presenza di persone che cercano di comprendere e diaiutare. La luce della Trasfigurazione è improvvisamente spenta e la notte sembra piùoscura a causa dell’intensità di quella luce. Eppure è in queste tenebre che noi conosciamoDio.Quattro Parole di Potere erano già state proferite da Cristo. Aveva pronunciato unaParola adatta <strong>al</strong> piano della vita quotidiana, la Parola di perdono, ed in essa Egli indicòil principio secondo cui agisce Dio relativamente <strong>al</strong> m<strong>al</strong>e commesso dagli uomini. Ilperdono è certo quando vi sia solo ignoranza e non sfida o cattivo intento, perché il peccatoconsiste in un’azione precisa, m<strong>al</strong>grado l’avvertimento della coscienza. Aveva dettola Parola apportatrice di pace <strong>al</strong> ladrone morente, e gli aveva assicurato non soltantoil perdono, ma la pace e la felicità. Aveva pronunciato la Parola che aveva collegato eduniti i due aspetti simbolicamente crocifissi sulla croce — materia ed anima — la materiadella forma e la natura inferiore giunta <strong>al</strong>la perfezione.222 Queste tre parole appartengono ai piani fisico, emotivo e ment<strong>al</strong>e, su cui l’uomo viveabitu<strong>al</strong>mente. Era stato portato a termine il sacrificio di tutta la natura inferiore e per treore vi fu silenzio e tenebre. Quindi venne proferita quella meravigliosa Parola indicanteche Cristo aveva raggiunto la fase del sacrificio fin<strong>al</strong>e e che anche la coscienza della divinità,la coscienza dell’anima stessa, con la sua forza ed il suo potere, la sua luce e lasua comprensione, erano state deposte sull’<strong>al</strong>tare. Egli doveva subire l’esperienza di unarinuncia tot<strong>al</strong>e a tutto ciò che costituiva il Suo vero Essere. Ciò provocò un grido di protestaed una domanda: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.Seguirono poi tre Parole di qu<strong>al</strong>ità del tutto differente. Nelle parole “ho sete” Egliespresse il movente che anima ogni S<strong>al</strong>vatore. Esse furono m<strong>al</strong> comprese dagli spettatori,che natur<strong>al</strong>mente diedero loro un significato fisico; ma senza dubbio questa frase ebbeun significato più profondo e senz’<strong>al</strong>tro dovette <strong>al</strong>ludere a quella sete divina che siespande attraverso la coscienza d’ogni figlio di Dio che ha raggiunto la divinità, e cheindica la sua volontà di intraprendere il compito di S<strong>al</strong>vatore. Essa è la caratteristica ditutti coloro che non possono accontentarsi di aver raggiunto il successo che ha dato lorola liberazione, affrancandoli d<strong>al</strong>la natura inferiore, ma che si riorientano immediatamenteverso il mondo degli uomini, rimanendo con l’umanità ed occupandosi della s<strong>al</strong>vezzadegli esseri umani fino a quando tutti i figli di Dio non abbiano trovato la strada di ritornoverso la casa del Padre. Questa sete di anime costrinse Cristo ad aprire la porta delregno ed a tenerla Egli stesso aperta affinché potesse essere la Sua mano e il Suo aiutoad inn<strong>al</strong>zarci fino <strong>al</strong>la soglia. Questa è la redenzione e ad essa tutti noi partecipiamo,non d<strong>al</strong> punto di vista egoistico della s<strong>al</strong>vezza individu<strong>al</strong>e, ma d<strong>al</strong>la coscienza che se redimiamogli <strong>al</strong>tri, noi pure siamo redenti, se s<strong>al</strong>viamo gli <strong>al</strong>tri noi pure saremo s<strong>al</strong>vati, ese aiutiamo gli <strong>al</strong>tri a raggiungere il regno noi pure saremo ammessi nel regno.119

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