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Algebre di Lie semisemplici, sistemi di radici e loro classificazione

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48 CAPITOLO 3. ALGEBRE DI LIE SEMISEMPLICI<br />

Due endomorfismi <strong>di</strong>agonalizzabili che commutano possono essere <strong>di</strong>agonalizzati simultaneamente.<br />

Dato che tutti gli endomorfismi <strong>di</strong> adL H commutano e sono <strong>di</strong>agonazziabili, essi possono essere <strong>di</strong>ag-<br />

onalizzati simultaneamente.<br />

Al variare <strong>di</strong> α in H ∗ (duale <strong>di</strong> H) consideriamo i sottoinsiemi :<br />

Lα = {x ∈ L | [h, x] = α(h)x ∀h ∈ H} (3.54)<br />

Essi sono sottospazi vettoriali <strong>di</strong> L. Prendendo due vettori x, y ∈ Lα e uno scalare a ∈ F otteniamo :<br />

• [h, ax] = a[h, x] = a(α(h)x) = α(h)(ax) ∀h ∈ H ⇒ ax ∈ Lα<br />

• [h, x + y] = [h, x] + [h, y] = α(h)x + α(h)y = α(h)(x + y) ∀h ∈ H ⇒ x + y ∈ Lα<br />

Inoltre, se α e β sono due forme lineari <strong>di</strong>fferenti, ossia α, β ∈ H ∗ e α = β, l’intersezione <strong>di</strong> Lα e Lβ<br />

é costituita dal solo vettore nullo. Supponiamo che x sia un elemento appartenente all’intersezione,<br />

allora :<br />

[h, x] = α(h)x = β(h)x ∀h ∈ H ⇒ (3.55)<br />

α(h)x − β(h)x = 0 ∀h ∈ H ⇒ (α(h) − β(h))x = 0 ∀h ∈ H<br />

Ne consegue x = 0 perché, se cosí non fosse, si dovrebbe avere α(h) − β(h) = 0 per ogni h ∈ H, e<br />

quin<strong>di</strong> α = β contro l’ipotesi fatta.<br />

La somma <strong>di</strong> un numero finito <strong>di</strong> questi sottospazi é dunque una somma <strong>di</strong>retta. Di conseguenza che<br />

il numero degli Lα non nulli é finito, dato che L ha <strong>di</strong>mensione finita (se i sottospazi Lα non nulli<br />

fossero infiniti potremmo sommarli fino a superare la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> L).<br />

Supponiamo che la <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> L sia n. Dato che gli endomorfismi <strong>di</strong> adL H sono tutti simultanea-<br />

mente <strong>di</strong>gonalizzabili, esiste almeno una base {e1, . . . , en} <strong>di</strong> L i cui vettori sono autovettori per ogni<br />

endomorfismo <strong>di</strong> adL H. Pren<strong>di</strong>amo un vettore <strong>di</strong> base ei e denotiamo con γ(h) il suo autovalore<br />

rispetto all’endomorfismo adL h. Al variare <strong>di</strong> h in H otteniamo un’applicazione γ da H in F che é<br />

un’applicazione lineare :<br />

[h+k, ei] = [h, ei]+[k, ei] = γ(h)ei+γ(k)ei = (γ(h)+γ(k))ei ⇒ γ(h+k) = γ(h)+γ(k) ∀h, k ∈ H<br />

[ah, ei] = a[h, ei] = (aγ(h))ei ⇒ γ(ah) = aγ(h) ∀h ∈ H, a ∈ F<br />

Dunque ogni ei, con i ∈ {1, . . . , n}, appartiene ad un Lα : la somma <strong>di</strong>retta dei sottospazi Lα non nulli<br />

coincide con L (per quanto detto sui vettori ei la somma <strong>di</strong>retta ha <strong>di</strong>mensione maggiore o uguale ad<br />

n, ma non puó essere maggiore <strong>di</strong> n).<br />

Se α é la forma lineare nulla abbiamo:<br />

Lα = L0 = {x ∈ L | [h, x] = α(h)x = 0 ∀h ∈ H} = CLH (3.56)

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