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Una famiglia come un'altra - Spazio MeF

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Irene Bernardini <strong>Una</strong> <strong>famiglia</strong> <strong>come</strong> un’altra<br />

scrivi@spaziomef.it<br />

139<br />

cuore. E' ancora piuttosto raro che un uomo si assuma fino in fondo le proprie<br />

responsabilità affettive nella crisi coniugale. molti di loro trascinano per mesi<br />

o anni storie clandestine malcelate e umilianti per chi prima o poi è costretta a<br />

scoprirle, e giunti alla resa dei conti si comportano <strong>come</strong> vittime di passioni<br />

insopprimibili e di aut aut inesorabili . Difficilmente un uomo è in grado di<br />

sostenere, spiegare o argomentare le ragioni del proprio disamoramento,<br />

della fine che dentro di sé ha decretato all'unione coniugale. Forse perché lui<br />

stesso è così che si rappresenta gli eventi, finisce per avvalorare l'idea che<br />

tutto andava bene fino a quando non è arrivata "lei". Del resto è vero che<br />

molti uomini si risolvono alla separazione solo quando l'ultimatum della nuova<br />

compagna o quello della moglie, talora curiosamente in sintonia, si fa<br />

stringente. Questa, almeno apparente, passività maschile, il frequente<br />

atteggiarsi ad "anima bella”lacerata tra gli affetti e le responsabilità familiari,<br />

da una parte, e la passione della vita, dall’altra, fomenta la rivalità femminile<br />

e alimenta la demonizzazione reciproca tra le donne in questione. la moglie<br />

tende a ingigantire la rappresentazione malefica dell'altra, sentita <strong>come</strong> unica<br />

e vera artefice del crollo della propria <strong>famiglia</strong> ; la sua rivale rischia di<br />

attribuire ai ricatti di lei tutte le titubanze del proprio compagno.<br />

Per quanto il tempo e l'elaborazione personale possano portare le<br />

persone a una rappresentazione più equilibrata e realistica del ruolo avuto<br />

dall'"altra” in occasione della separazione, per molte donne è davvero penoso<br />

farsi una ragione del fatto che proprio con "quella là” lui ricostruisca una<br />

<strong>famiglia</strong> e metta al mondo altri figli, e almeno all'inizio è quasi una tortura<br />

accettare o almeno tollerare che i propri bambini la frequentino o addirittura le<br />

si affezionino.<br />

Ricordo una coppia di genitori, Angela e Marcello, poco più che<br />

trentenni, che si erano rivolti a me per una consulenza. Erano separati da<br />

poco. i loro due bambini, Giorgia di quattro anni e Stefano di sette, erano<br />

affidati alla mamma, ma il papà se ne prendeva cura quasi quanto lei. Il loro<br />

lavoro -erano entrambi tecnici di laboratorio in ospedale - esigeva e insieme<br />

consentiva, per via dei turni, che fosse ora l'uno ora l'altra a portarli a scuola e<br />

a riprenderli e che si alternassero in quasi tutte le altre occasioni di cura e

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