Una famiglia come un'altra - Spazio MeF
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giudizio negativo sull'opportunità di mettere in contatto i figli con i nuovi<br />
partner, cosicché l'indicazione di differire e modulare con prudenza certi<br />
incontri rischia di essere sentita <strong>come</strong> punitiva e per questo rigettata.<br />
Non credo affatto che far entrare in contatto i propri figli con le persone<br />
a cui si è legati sia di per sé un trauma, che in qualche modo - lo dico perché<br />
questo mi sembra talora il retropensiero - vi sia il rischio di una<br />
contaminazione tra affetti puri e altri meno puri. Credo anzi che, se i grandi<br />
procedono rispettando i sentimenti dei piccoli, ma anche degli altri adulti<br />
coinvolti, la nascita di nuove relazioni di coppia possa avere una valenza<br />
molto positiva per la crescita dei bambini. vedere mamma e papà non<br />
soltanto <strong>come</strong> i protagonisti della crisi, della rottura, <strong>come</strong> quelli che non si<br />
amano più, quelli che non stanno più insieme, ma anche, in positivo, <strong>come</strong><br />
attori di un nuovo amore, di una nuova relazione di coppia, può fare di loro<br />
dei modelli di identificazione più ricchi e completi. Fa di loro, se le cose vanno<br />
bene, persone più serene e più vitali. Ma quando si è in ansia o in preda alla<br />
frustrazione non è facile rispettare i bambini.<br />
Corto circuito<br />
Non vorrei proprio contribuire ad alimentare il moralismo diffuso attorno<br />
alle nuove famiglie, ma non posso non registrare quanta fatica facciano in<br />
generale le persone ad accettare di differire e dilazionare nel tempo la<br />
soddisfazione delle proprie aspirazioni e dei propri desideri. Quando mi capita<br />
di prospettare a una mamma o a un papà la necessità di garantire ai figli un<br />
periodo di assestamento dopo la separazione prima di avviare nuove<br />
convivenze o comunque sia la frequentazione stabile e ufficiale dei nuovi<br />
partner, vengo spesso guardata con sconcerto e disappunto. Ma quanto,<br />
quanto dovrei aspettare, mi chiedono ansiosi. Quando timidamente accenno a<br />
"qualche mese, magari un anno, dipende dal suo bambino...", ottengo perlopiù<br />
sguardi stupefatti e inorriditi. Un anno è un'eternità. Forse la società dei<br />
consumi e del libero mercato ci ha abituato, o meglio illusi, di poter attuare il<br />
Irene Bernardini <strong>Una</strong> <strong>famiglia</strong> <strong>come</strong> un’altra<br />
scrivi@spaziomef.it<br />
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