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Una famiglia come un'altra - Spazio MeF

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tutor, scotendo la testa, mi disse. "Così non va, così proprio non va". Mi<br />

spiegò che avevo peccato di eccesso di zelo, che ero stata invadente,<br />

troppo attiva verso i bambini, che per i bambini un estraneo che si proponeva<br />

in modo così esuberante, pur con le migliori intenzioni, rischiava di essere<br />

fonte d'ansia. Per la mattina successiva mi impartì una consegna molto<br />

severa. dovevo entrare in classe, salutare i bambini, e poi sedermi su una<br />

seggiolina in un angolo della classe. Dovevo essere aperta e disponibile nei<br />

loro confronti, ma al tempo stesso aspettare che la richiesta di maggiore<br />

partecipazione o vicinanza provenisse da loro. Così feci. all'inizio ricevevo<br />

occhiate curiose, qualche sorriso, ma anche tanta indifferenza. Poi , piano<br />

piano, a uno a uno si avvicinavano a me. chi per chiedermi se gli allacciavo la<br />

scarpa, chi per farmi assaggiare una caramella già mezzo ciucciata, chi per<br />

chiedermi <strong>come</strong> si chiamavano i miei bambini. Solo nei giorni successivi<br />

qualcuno mi ha fatto l'onore di venirmi in braccio. Alla seconda settimana tale<br />

Davide, il capo indiscusso del gruppo, mi ha preso per mano , mi ha fatto<br />

sedere sulla seggiola della maestra, e mi ha intimato “adesso la storia della<br />

nanna ce la leggi tu, anzi no cantaci una canzone". Davide si è steso sulla<br />

sua brandina e, a un suo cenno, tutti si sono accoccolati per il pisolino<br />

pomeridiano. Presa alla sprovvista e molto emozionata per il compito di<br />

grande responsabilità assegnatomi da Davide ho tragicamente intonato la<br />

ninna-nanna di Brahms imparata da piccola dalle suore tedesche: Guten<br />

Abend, gute Nacht...Si sono addormentati subito, forse per far cessare al più<br />

presto quello strazio.<br />

Non è facile per noi grandi capire che ai bambini occorre accostarsi in<br />

punta di piedi, che anzi , <strong>come</strong> ho imparato da Davide e compagni, la cosa<br />

migliore è rendersi disponibili, aspettare, a braccia aperte, che siano loro ad<br />

accostarsi a noi, <strong>come</strong> e quando ne hanno bisogno e desiderio. Il territorio,<br />

la bolla ideale che segna i confini della loro personalità, saldamente insediata<br />

nel corpo, sono spesso violati da noi adulti. Ciascuno di noi, ad esempio, se<br />

solo prova a pensarci, ha di certo almeno un ricordo infantile di una carezza o<br />

di un bacio sgraditi e addirittura fonte di disgusto ( certi parenti sconosciuti,<br />

certi appiccicosi amici di <strong>famiglia</strong> ). Il contatto fisico per un bambino è<br />

Irene Bernardini <strong>Una</strong> <strong>famiglia</strong> <strong>come</strong> un’altra<br />

scrivi@spaziomef.it<br />

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