"il gioco d'azzardo - le ludopatie" analisi del fenomeno - Codacons
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Dal<strong>le</strong> dichiarazioni dei partecipanti al focus emerge nettamente la distinzione di “visione” che si ha <strong>del</strong><br />
<strong>gioco</strong>. Molto sembra dipendere da un rapporto persona<strong>le</strong> che si vive con la realtà circostante in cui <strong>il</strong><br />
<strong>gioco</strong> si trova ad essere uno strumento a cui attribuire o meno va<strong>le</strong>nze sussidiarie <strong>del</strong>l’esistenza e che<br />
nei così detti giocatori patologici si manifesta attraverso diversi percorsi in cui sembrano incidere da<br />
un lato la fam<strong>il</strong>iarità e dall’altro una smania di dimostrare agli altri e a se stessi di riuscire:<br />
“io <strong>gioco</strong> per provare, ho iniziato per provare quell’emozione, l’adrenalina, l’emozione,<br />
giocare un cavallo piazzato che arriva al galoppo, quell’attimo che sei convinto che hai vinto ti<br />
senti <strong>il</strong> re <strong>del</strong> mondo, non te ne frega né dei m<strong>il</strong><strong>le</strong> euro, duem<strong>il</strong>a euro” (giocatore patologico,<br />
Roma);<br />
“io già avevo una partecipazione diversa rispetto agli altri già all’età di 11/12 anni, la voglia<br />
di organizzare, di chiamare anche gli adulti, <strong>il</strong> prolungarlo nei tempi, <strong>il</strong> fascino <strong>del</strong>la posta in<br />
palio, io queste cose già <strong>le</strong> percepivo quando ero giovanissimo” (giocatore patologico,<br />
Bolzano);<br />
“mio padre è andato via di casa quando avevo 15 anni, la mia educazione, da 15 anni a 24 ha<br />
cominciato a sciogliersi questa educazione forte che ho avuto, e sono riuscito a fare una cosa<br />
mia, sbagliata ma mia, ecco <strong>il</strong> <strong>gioco</strong>, quindi mi rispecchio nel <strong>gioco</strong> nella mia personalità. Io<br />
se <strong>gioco</strong> un cavallo e perdo, io <strong>gioco</strong> su un altro cavallo magari per vincere solo un euro, sei<br />
perdente così, alzi la posta e abbassi la quota, la squadra di calcio stessa cosa, quindi tu non<br />
vincerai mai” (giocatore patologico, Roma);<br />
“<strong>il</strong> piacere più alto comunque lo trovavo nel <strong>gioco</strong>, anche perché nel <strong>gioco</strong> c’era, poi in una<br />
fase successiva di cronicità <strong>del</strong>la dipendenza, la fuga dalla realtà” (giocatore patologico,<br />
Bolzano);<br />
“<strong>il</strong> mio è un prob<strong>le</strong>ma fisico non è più competizione, noi abbiamo dei ricettori qui dietro, io la<br />
mattina mi svegliavo che ero triste senza nessun motivo, col <strong>gioco</strong> ho trovato questa emozione<br />
ma non di competizione come lui ma un’emozione che quando <strong>il</strong> cavallo arrivava o la squadra<br />
arrivava, io ero felice, ero <strong>il</strong> re <strong>del</strong> mondo perché non c’era quell’adrenalina, all’inizio c’è la<br />
competizione, quando raggiungi l’obiettivo e arriva, è realizzazione, e poi ti viene a mancare e<br />
ne trovi un’altra” (giocatore patologico, Roma);<br />
“mi sentivo inut<strong>il</strong>e, un senso di inut<strong>il</strong>ità, sono quattro anni che ho iniziato” (giocatore<br />
patologico, Roma);<br />
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