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all’atto con cui illegittimamente si sono apprese o reperite, sicché l’atto del funzionario<br />

resta illecito o illegittimo, ma il giudice, mentre acquisisce la prova, agisce secondo la<br />

misura dei suoi poteri”. Per completezza va, inoltre, detto che la Suprema corte in<br />

questa pronuncia ha incidentalmente aggiunto una discutibile affermazione secondo cui<br />

le operazioni undercover previste dall’art. 14 l. 269/1998 si stanno “sempre più<br />

evolvendo da tipico istituto da inserire in una concreta realtà investigativa, che s’innesta<br />

in un tronco già sviluppato, a operazioni che precedono l’acquisizione della notizia di<br />

reato e tendono ad acquisirla” 299 .<br />

Ad ogni modo, la terza sezione penale della Corte di cassazione già nel dicembre<br />

del 2004 è intervenuta ancora sull’argomento mutando il proprio indirizzo. In questa<br />

pronuncia, rivalutando l’interpretazione giurisprudenziale precedente alla sentenza 8<br />

giugno 2004, e si è affermato che le violazioni della legge in materia di operazioni sotto<br />

copertura sono sufficienti a integrare i presupposti dell’art. 191 c.p.p. Per di più, in tale<br />

occasione la Corte ha ritenuto che l’inutilizzabilità operasse anche ai fini della<br />

valutazione della sussistenza del fumus commissi delicti, cosicché, venute meno quelle<br />

risultanze d’indagine, s’imponeva una decisione favorevole all’indagato. Ad accentuare<br />

ancor di più il contrasto interno al collegio, sono intervenute a distanza di meno di un<br />

mese l’una dall’altra, due pronunce diametralmente opposte della medesima terza<br />

sezione penale, così da rendere ancor più cogente la necessità di un intervento del più<br />

alto consesso al fine del recupero della propria funzione nomofilattica.<br />

Volendo prescindere da futili digressioni in merito a quale delle due sentenze sia<br />

stata depositata per prima, una tale divergenza ermeneutica ci dà la misura delle<br />

difficoltà, anche pratico-operative, che la disciplina delle operazioni sotto copertura<br />

comporta.<br />

Nella sentenza “Favalli” la Corte ha preferito seguire un orientamento estensivo<br />

che consente il massimo recupero degli elementi probatori emersi nella fase<br />

investigativa al processo. Si è così ritenuto che “la legittimità e liceità dell’attività di<br />

contrasto sotto copertura deve essere valutata ex ante, in relazione al momento in cui<br />

tale attività è disposta dall’autorità giudiziaria e non con riguardo all’esito<br />

dell’investigazione. Ciò non significa che se, quando l’autorità giudiziaria ha<br />

autorizzato [l’utilizzo di questi] eccezionali mezzi di investigazione [...] esistevano già<br />

indizi di uno dei gravi reati tassativamente indicati nella stessa norma, i mezzi di prova<br />

299 Cass., 8 giugno 2004, cit.<br />

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