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universita - OpenstarTs

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E’ opportuno considerare come il legislatore si sia mostrato particolarmente<br />

attento nella costruzione di un piano di garanzie relative alle dichiarazioni rese dalla<br />

persona sottoposta alle indagini, tanto da prevedere l’utilizzazione delle stesse a fini<br />

decisori solo quando l’interrogatorio sia stato effettuato dal pubblico ministero, ovvero<br />

nel caso in cui l’abbia delegato alla polizia giudiziaria (art. 503 co. 5 c.p.p.). La stessa<br />

norma impone, peraltro, che le uniche dichiarazioni acquisibili al fascicolo per il<br />

dibattimento siano quelle rilasciate dall’imputato in situazioni nelle quali il difensore<br />

aveva il diritto di assistervi. Ancor più significativo è il disposto dell’art. 350 c.p.p. in<br />

base al quale, pur in presenza del difensore, le dichiarazione raccolte dalla polizia<br />

giudiziaria motu proprio potranno essere utilizzate esclusivamente per le contestazioni.<br />

Nel porre così a confronto la normativa generale con quella che si vorrebbe<br />

ricavare dalla disciplina in materia di operazioni sotto copertura, si evince che, se mal<br />

interpretate, tali norme possono giungere sino a stravolgere il sistema processuale a<br />

partire dai suoi princìpi cardine. Si otterrebbe cioè il deteriore risultato di privare<br />

l’indagato della garanzia del proprio difensore, oltre che degli avvertimenti ex art. 64<br />

c.p.p., proprio in una circostanza in cui la presenza di questo risulterebbe fondamentale<br />

per non pregiudicare la sue prerogative.<br />

In definitiva, l’interpretazione che rende inapplicabile il disposto dell’art. 63<br />

c.p.p. alle dichiarazioni rilasciate ad agenti undercover va decisamente criticata. Se è<br />

vero infatti che lo “strumento investigativo di rottura”, rappresentato dall’operazione<br />

“mascherata” nasce per soddisfare esigenze di ricerca delle prova in circostanze di fatto<br />

in cui risulta particolarmente complesso acquisirle, è anche vero che non può giungere<br />

sino a contorcere il sistema processuale e farlo crollare dal suo interno. Come dire che è<br />

vana la ricerca di soluzioni alternative agli ordinari strumenti investigativi di un sistema<br />

accusatorio-garantista, quando in realtà l’unico, mal celato, obiettivo è il ritorno ad<br />

ancestrali logiche più nettamente inquisitorie: l’imputato è depositario di una verità<br />

tanto preziosa da apparire irrinunciabile.<br />

3. La documentazione delle operazioni sotto copertura e la loro utilizzabilità<br />

processuale.<br />

(su) di una contestazione: e dunque al ‘principio di iniziativa’ (rappresentato dalla sequenza:<br />

contestazione – domanda – risposta o silenzio) si sostituisce un ‘principio di inerzia’ esattamente<br />

antitetico al primo, nel quale il dichiarato è frutto dell’inerte conservazione dell’originaria cadenza<br />

colloquiale (e relativa ‘fiducia’) con il proprio interlocutore, ispirata, come ogni conversazione non<br />

formalizzata ad una accentuata ‘mobilità disordinata’ del dire.<br />

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