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Maggiori dubbi presentano le disposizioni nel punto cui entrambe impongono,<br />

comunque, alla polizia giudiziaria di trasmettere motivato rapporto al pubblico<br />

ministero entro le successive quarantotto ore. Difatti, come si ricorderà, il legislatore<br />

del 1988 ha profondamente innovato rispetto al c.p.p abrogato sopprimendo l’istituto<br />

del rapporto di polizia giudiziaria e prevedendo, invece, un atto di informazione asciutto<br />

e stringato. Invero, il rapporto di polizia giudiziaria non esauriva la sua funzione nella<br />

comunicazione della notizia di reato al pubblico ministero, ma costituiva un atto<br />

valutativo dell’attività già compiuta dalla stessa polizia giudiziaria destinato ad<br />

assumere valore probatorio ed idoneo, pertanto, a condizionare l’intero sviluppo delle<br />

successive fasi processuali 178 . Le norme in maria di differimento di atti si esprimono,<br />

dunque, in modo tecnicamente preciso che impone di verificare, fra le forme tipiche di<br />

documentazione oggi previste, quale sia la più idonea alla dinamica procedimentale<br />

della quale si parla. Premettendo che il termine di quarantotto ore appare<br />

eccessivamente penalizzante per gli ufficiali di polizia giudiziaria impegnati in<br />

operazioni undercover, per dare un significato concreto all’espressione “motivato<br />

rapporto” occorre fare riferimento alle due forme tipiche di documentazione degli atti di<br />

polizia giudiziaria: l’annotazione e il verbale, entrambi disciplinati dagli artt. 357 c.p.p.<br />

e 115 disp. att. c.p.p.<br />

Nella scelta fra le due opzioni offerte dal codice, la più idonea a soddisfare i<br />

requisiti richiesti dalle norme in tema di operazioni undercover deve ritenersi il verbale.<br />

L’annotazione presenta, infatti, caratteristiche di minore rigorosità e maggiore<br />

stringatezza, anche se può dubitarsi della reale possibilità degli agenti operanti di poter<br />

redigere un verbale completo negli angusti termini indicati nelle norme.<br />

Se è vero che in questo specifico caso il legislatore non ha adeguato la<br />

terminologia alle norme del codice di rito vigente, va sottolineato come, rispetto all’art.<br />

98 d.p.r. 309/1990, il comma 7 dell’art. 9 l. 146/2006 ha indicato con precisione e<br />

terminologia tecnicamente adeguata gli atti che il pubblico ministero ha la possibilità,<br />

con decreto motivato, di ritardare. La norma ha, innanzitutto, dissipato i dubbi esistenti<br />

in merito a quale fosse fra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari il<br />

soggetto competente ad emettere il decreto motivato 179 . La stessa non indica più<br />

178 A. TRICOCI , Sub art. 347, in Commentario breve al codice di procedura penale, a cura di G. CONSO – V.<br />

GREVI, Padova, 2005.<br />

179 In relazione a quella parte della dottrina che sosteneva spettare al giudice il compito di differire atti<br />

come i provvedimenti cautelati ed il sequestro, vedi G. ILLUMINATI, Aspetti processuali, cit., 215.<br />

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