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la vita stessa del sequestrato. Ad ogni modo, occorre rilevare la mancanza di una<br />

disposizione che autorizzi il pubblico ministero, in caso di urgenza, ad intraprendere<br />

l’attività senza attendere l’autorizzazione del giudice. In questo caso, la scelta<br />

legislativa – che potrebbe comportare, in situazioni limite, ritardi determinanti il<br />

fallimento dell’operazione – sembra condizionata sia dalla mancanza, come si vedrà fra<br />

breve, della materiale disponibilità dei beni oggetto dell’attività investigativa da parte<br />

del pubblico ministero, sia dall’irrevocabilità degli effetti prodotti da un’incauta<br />

iniziativa intrapresa d’urgenza dallo stesso.<br />

La norma nell’imporre al pubblico ministero la richiesta di autorizzazione al<br />

giudice non è affatto chiara quanto all’identificazione dei beni, denaro o altra utilità, che<br />

possono essere impiegati per l’operazione. In base alla Relazione al d.d.l. 5375, il<br />

pagamento controllato dovrebbe essere effettuato con le cose o il denaro già sottoposte<br />

al “blocco dei beni” di cui all’art. 1 d.l. 8/1991 secondo le modalità di esecuzione<br />

descritte nella richiesta del pubblico ministero 185 . Fermo restando che il “blocco dei<br />

beni” è quel provvedimento del giudice atto a comprimere la disponibilità delle cose,<br />

dei beni o di altre utilità appartenenti alla persona sequestrata, al coniuge e ai parenti e<br />

affini conviventi, la disponibilità degli stessi, tuttavia, resta vincolata alla titolarità dei<br />

medesimi, per cui deve ritenersi che, pur in assenza di un’espressa previsione<br />

legislativa, il consenso dei titolari dei beni all’operazione autorizzata di pagamento<br />

debba ritenersi implicito nella norma.<br />

Si discute, inoltre, circa la possibilità di intraprendere l’operazione con beni<br />

diversi da quelli sottoposti a sequestro. Potrebbe, difatti, presentarsi la situazione in cui<br />

il provvedimento di “blocco dei beni” non sia stato pronunciato o, ancora, l’ipotesi<br />

deteriore in cui la famiglia del sequestrato non sia in grado di far fronte alla richiesta. Se<br />

per quanto attiene alla prima ipotesi, non sembrano esserci particolari difficoltà nel<br />

prevedere che i prossimi congiunti del sequestrato forniscano il denaro o altri beni per<br />

procedere all’operazione controllata di pagamento del riscatto – considerato peraltro che<br />

l’art. 7 d.l. 8/1991 indica genericamente beni o altre utilità senza fare cenno alcuno<br />

all’avvenuto “blocco” degli stessi – maggiori difficoltà crea l’eventualità che una simile<br />

operazione avvenga in mancanza di un patrimonio idoneo della famiglia del sottoposta a<br />

185 Si discute se il decreto motivato emesso dal giudice rivesta natura sostanziale di provvedimento di<br />

“dissequestro” simmetrico all’opposta previsione del “blocco dei beni”; oppure se, a seguito<br />

dell’autorizzazione contenuta nel decreto motivato del giudice, si renda necessario un provvedimento del<br />

pubblico ministero che renda esecutivo quest’ultimo. Se il giudice rifiuta l’autorizzazione il<br />

provvedimento non è censurabile; cfr sul punto D. MANZIONE, op. cit., 668.<br />

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