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ancora, se all’opposto la mera infiltrazione possa considerarsi legittima anche al di fuori<br />

di un controllo giudiziale 257 .<br />

Ad ogni modo, la prima conclusione che si può trarre nell’applicare i concetti<br />

elaborati dalla Corte europea alle norme interne impone una scelta che propenda verso<br />

un controllo preventivo ed effettivo del pubblico ministero di tutte le operazioni sotto<br />

copertura. Tale opzione – di cui già si sono illustrati i vantaggi in termini di rispondenza<br />

con il sistema processuale nel suo complesso –, vista alla luce del principio di equità<br />

processuale, acquisisce un importanza fondamentale ai fini dell’utilizzabilità di quanto<br />

raccolto nel corso delle indagini undercover. Di fatto, non si tratta più di una scelta<br />

elaborata in termini di soggetti processuali che meglio possano svolgere l’indagine, ma<br />

di un opzione necessaria affinché tali investigazioni possano giungere sino al processo.<br />

La normativa interna, vista in quest’ottica, pur avendo suscitato non poche<br />

perplessità in ragione della sua formulazione 258 , può – e deve – essere riletta ed<br />

interpretata così da risultare conforme alle indicazioni della Corte europea; tanto più che<br />

tale scelta ermeneutica è necessaria al fine di ottenere un utilizzo dibattimentale del<br />

materiale probatorio raccolto sotto copertura.<br />

Sotto l’altro aspetto preso in esame nella sentenza “Teixeira de Castro” – vale a<br />

dire la legittimità di una attività di infiltrazione ma non di una vera e propria<br />

provocazione al reato – la normativa interna sembra poi agevolmente adeguabile al<br />

modello idealmente tracciato. In particolare, si può affermare che l’attività della polizia<br />

giudiziaria può essere considerata ammissibile quando sia priva dei connotati di vera e<br />

propria istigazione al reato. Alcune condotte menzionate nelle diverse normative<br />

speciali – che nel nostro ordinamento hanno negli anni istituito le operazioni sotto<br />

copertura per una certa categoria di reati – come la ricezione, l’occultamento o<br />

l’intromissione paiono di per sé alludere ad una mera attività di infiltrazione; altre<br />

condotte, quale il vero e proprio “acquisto”, dovranno invece essere “circoscritte in via<br />

257 Vedi ancora A. VALLINI, op. cit., 201, il quale sostiene inoltre, “se quel che viene ad inficiare le prove è<br />

alla fin fine, nel caso di una provocazione poliziesca, il loro essere frutto di una concezione ‘distorta’<br />

dell’attività di prevenzione del crimine, v’è da chiedersi se effettivamente un così profondo difetto<br />

strutturale possa essere rimediato dal semplice apporto formale della magistratura, quando questo, per<br />

ovvi motivi di buona riuscita dell’operazione, non potrebbe comunque mai tradursi in un’effettiva<br />

‘giurisdizionalizzazione’; sotto altro profilo non è chiaro se da quanto afferma la Corte possa evincersi<br />

che uno strumento di indagine ‘anomalo’ quale quello in oggetto […] possa legittimamente assurgere ad<br />

arma generale degli inquirenti, utilizzabile al di là di ogni limitazione ‘oggettiva’, essendo sufficiente a<br />

garantire l’ammissibilità la mera garanzia di un controllo giudiziale”.<br />

258 Si pensi all’art. 97 d.p.r. 309/1990 o all’art. 9 l. 146/2006 che nelle loro formulazione prevedono per la<br />

polizia giudiziaria un mero onere di “comunicazione” al pubblico ministero dell’operazione sotto<br />

copertura intrapresa<br />

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