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nesso di causalità, non poteva essere scissa da quello dell’autore materiale, fino a<br />
quando entrambi avessero operato esternamente in una comune direzione 22 .<br />
La prospettiva nella quale è stato affrontato il problema della punibilità del<br />
provocatore ha, così, assunto una importanza ed una portata variabili. Analizzandola in<br />
relazione alla responsabilità del singolo individuo, questi era da considerare punibile per<br />
la condotta provocatoria, attuata senza che fosse necessario cogliere particolari<br />
implicazioni esterne. Era dato risalto, però, all’eventuale presenza di un “istigatore<br />
dell’istigatore”: l’ufficiale di governo che si fosse avvalso dell’ufficio di un agente<br />
provocatore sarebbe stato responsabile in via principale in qualità d’istigatore mediato 23 .<br />
Sotto altro profilo, l’istituto fu esaminato in un’ottica più ampia, rivolgendo uno<br />
sguardo all’opportunità del governo di servirsi di un mezzo tanto insidioso e tanto<br />
deplorevole quanto era considerato, nell’ottocento, quello della provocazione 24 . Non si<br />
trattava quindi di definire la posizione di un singolo funzionario disonesto, bensì di<br />
approfondire il nesso che univa il governo e i suoi ufficiali operanti nel contrasto alla<br />
criminalità. In questa prospettiva, parte della dottrina non esitò a criticare aspramente la<br />
legittimità stessa della figura dell’agente provocatore e il suo utilizzo da parte del<br />
governo, facendo leva sul dovere incombente in capo allo Stato di applicare la legge e<br />
tutelare l’ordine pubblico 25 . Nel perseguire tale scopo fondamentale per l’esistenza<br />
stessa dello Stato, l’autorità non poteva violare le norme stabilite a difesa della società,<br />
celandosi dietro lo schermo dell’impunità 26 .<br />
Di diverso avviso era chi sosteneva, al contrario, come la definizione stessa di<br />
agente provocatore andasse ristretta a quei soggetti che operavano in vista di unico<br />
particolare fine, che doveva consistere nella realizzazione di obiettivi moralmente<br />
apprezzabili, quali la difesa della comunità e la tutela dell’ordine pubblico. L’agente<br />
provocatore così tratteggiato, per l’evidente utilità sociale della sua condotta, doveva<br />
essere considerato non punibile, benché qualificato come compartecipe morale. In altri<br />
termini, ove questi fosse stato animato da propositi conformi lodevoli, non poteva<br />
essere considerato punibile per assenza di dolo, indipendentemente dalla sua qualifica di<br />
ufficiale di polizia o di privato cittadino 27 .<br />
22 G. B. IMPALLOMENI, Del concorso di più persone in un reato, cit., 234.<br />
23 Su questa linea G. B. IMPALLOMENI, Del concorso di più persone in un reato, cit., 232; L. MAJNO,<br />
Commento al codice penale, cit., 212.<br />
24 Cfr. F. CARRARA, Programma, cit., 478.<br />
25 G. CRIVELLARI, Il codice penale, cit., 135.<br />
26 L. MAJNO, Commento al codice penale, cit., 212.<br />
27 E. BRUSA, Saggio di una teoria generale del reato, Torino, 1884, 397.<br />
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