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osservato detta procedura, si trovino nelle condizioni che consentano di applicare la più<br />

volte richiamata giurisprudenza sul c.d. agente provocatore, fondata sulla causa di<br />

giustificazione dell’adempimento di un dovere di cui all’art. 51 c.p.<br />

Le soluzioni che si prospettano sono due e riflettono un classico scontro<br />

ideologico interno al processo penale: garantismo da un lato e recupero del sapere<br />

investigativo dall’altro. Secondo un primo orientamento, rivolto proprio ad evitare che<br />

si disperdano i risultati dell’indagine, l’ufficiale di polizia giudiziaria che procede<br />

legittimamente all’acquisto simulato, ovvero alle altre attività che rientrano a vario<br />

titolo fra quelle che la legge autorizza, sarebbe insuscettibile di essere sottoposto ad<br />

indagini preliminari 194 . In questa prospettiva sarebbe il solo pubblico ministero a dover<br />

valutare la condotta dell’operatore di polizia, così, qualora l’attività di quest’ultimo<br />

risulti coperta dalla speciale causa di giustificazione o rientri nel combinato disposto<br />

degli artt. 51 c.p. e 55 c.p.p., il pubblico ministero non procederebbe all’iscrizione<br />

nominale dell’agente nel registro delle notizie di reato e, conseguentemente, si<br />

renderebbe superfluo un formale provvedimento di archiviazione 195 . Secondo i<br />

sostenitori di questa interpretazione, “il fatto scriminato pur essendo astrattamente<br />

conforme alla fattispecie criminosa, proprio per la presenza della causa di<br />

giustificazione è privo dell’antigiuridicità e diviene giuridicamente lecito”. In sostanza,<br />

quindi sarebbe proprio la liceità della condotta, determinata dalla accertata presenza<br />

della scriminante, ad escludere la sussistenza della notitia criminis che imponga al<br />

pubblico ministero di procedere all’iscrizione di cui all’art. 335 c.p.p. 196 .<br />

I riflessi processuali di questa impostazione comportano che se non si procede<br />

penalmente a carico dell’infiltrato, nessun ostacolo normativo sussiste in ordine alla<br />

possibilità di sentirlo come persona informata sui fatti o esaminarlo come testimone nel<br />

194 Ancora Così Cass. 10 aprile 1995, cit., 2388.<br />

195 A confermare come la ratio di fondo che spinge verso una certa interpretazione delle norme<br />

processuali vedi R. MINNA – A. SUTERA SARDO, Agente provocatore. Profili sostanziali e processuali,<br />

Milano, 2003, 138 in cui si sostiene che l’attività dell’agente provocatore non possa ridursi “ad un<br />

sequestro di materiale scottante, anche se magari di ingente entità, o ad un arresto, ma devono invece<br />

abbracciare tutto il sapere investigativo che l’infiltrato ha maturato durante l’operazione e sul quale<br />

dunque deve testimoniare auspicabilmente libero da qualunque condizionamento, quale potrebbe essere al<br />

contrario quello di arrivare davanti ad un tribunale con ‘l’etichetta’ di imputato in un procedimento<br />

connesso, seppur archiviato”.<br />

196 Cfr. G. AMATO, La definizione della posizione processuale, cit. 2394; nello stesso senso Cass. 3<br />

dicembre 1998, in Cass. pen., 1999, 1608, con nota di G. Amato, Sull’ambito di operatività, sostanziale e<br />

processuale, della scriminante dell’acquisto simulato di sostanze stupefacenti, ivi, 1999, 1614; in cui la<br />

Corte in motivazione sostiene che “dato che […] la scriminante esclude l’antigiuridicità del fatto,<br />

l’ufficiale di polizia giudiziaria, avendo operato lecitamente, non doveva essere sottoposto ad indagini<br />

preliminari – ed in effetti non lo è stato – per cui le sue dichiarazioni, non cadendo sotto il divieto sancito<br />

dall’art. 63 c.p.p., sono pienamente utilizzabili”.<br />

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