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Il sistema americano risulta, perciò, fortemente contrario al ricorso alle<br />

sanzioni penali come metodo di controllo delle indagini sotto copertura. Ne deriva che<br />

“le sanzioni penali in genere non si applicano ai comportamenti ragionevolmente posti<br />

in essere dagli agenti di polizia” 336 e che, fra questi, va inserita la partecipazione in<br />

attività criminali come “tecnica d’indagine lecita e riconosciuta” 337 .<br />

Ogni giurisdizione americana riconosce l’esistenza di una scriminante<br />

dell’”autorità pubblica” applicabile sia ai privati sia ai pubblici ufficiali che agiscono<br />

legittimamente in forza di una autorizzazione statale che regola la loro condotta. Ciò<br />

significa che le indagini sotto copertura non sono soggette a restrizioni simili a quelle<br />

adottate in Italia per limitare in modo tassativo le ipotesi di ricorso a tali tecniche<br />

investigative. La scriminante prevista dalla normativa statunitense ha efficacia<br />

generale e non subisce limiti connessi alla tipologia criminosa o ai soggetti legittimati.<br />

Un’ampiezza che non si espande, tuttavia, sino a renderla assoluta.<br />

Un agente potrà dunque “violare l’esplicita previsione di alcune leggi penali”<br />

ciò non di meno, ad un certo livello, “la simulazione della partecipazione ad un<br />

episodio criminoso raggiunge una tale somiglianza con il reato stesso da risultare<br />

intollerabile per la società. Nessuno dubita del fatto che gli agenti non possano<br />

lavorare come infiltrati in una banda di giovani stupratori e giungere sino a partecipare<br />

ad uno stupro […] la domanda è sino a dove possa spingersi il coinvolgimento della<br />

polizia e dei pubblici ministeri nel restare coinvolti in condotte altrimenti illegali?” 338<br />

Una risposta si può ricercare nelle decisioni di alcune Corti, in cui si è<br />

attentamente distinto fra violazioni legali e violazioni illegali, richiamando la<br />

tradizionale distinzione far i crimini che appartengono ai mala prohibita, per i quali<br />

l’istigazione sarebbe lecita, ed i delitti cosiddetti mala in sè, in cui l’attività<br />

investigativa sfocerebbe nell’illecito 339 . Ciò deriva naturalmente dalla differenze<br />

335 J. ROSS, Quegli 007 infiltrati nel cuore del crimine, cit., 63; a conferma di come la normativa<br />

americana si concentri principalmente sul rischio che le operazioni occulte possano alterare il<br />

comportamento criminoso si veda il caso Sorrels considerato il caso-guida in materia di entrapment, cfr.<br />

Sorrels v. United States (1932), in MICHAEL-WECHSLER (a cura di), Criminal Law and its Amministration,<br />

Chicago, 1990, 1196 ss.<br />

336 Brogan v. United States, 522 U.S. 398- 1998; W. LA FAVE-A. SCOTT, 2 Substantive Criminal Law, West,<br />

Minnesota, 1986, II ed., Section 10.7.<br />

337 Sorrels v. United States (1932), op. cit., 1196.<br />

338 G. R. BLAKEY, Techniques in the Invetigation and Prosecution of Organisez Crime: Manual of Law and<br />

Procedure, New York, 1980, 41.<br />

339 United States v. Williams, 791 F.2d 1383 – 9 th Cir. 1986; State v. Vaden, 768 P.2d 1108 – S.Ct.<br />

Alaska, 1989, con nota redazionale Crossing the Costitutional Line: Due Process and Law Enforcement<br />

Justification, in Notre Dame L. Rev., 1992, n. 67, 745<br />

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