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mosse delle persone sospette e a riferire all’autorità, senza porre in essere alcuna attività<br />
d’incitamento al reato 8 . Ben presto, tuttavia, tale atteggiamento “passivo” apparve<br />
insufficiente alla raccolta di prove certe dei reati di cospirazione politica che<br />
s’intendevano reprimere, con il rischio concreto per gli agenti di “veder scemare la<br />
propria considerazione sino a essere estromessi dall’organismo parallelo” 9 . Così, gli<br />
agenti della polizia segreta e i loro confidenti iniziarono a perseguire gli scopi di<br />
governo attraverso un’attività di vera e propria provocazione che consentisse l’arresto in<br />
flagranza di reato dei cittadini sediziosi; questo viene considerato come il punto storico<br />
di svolta dell’istituto: dallo spionaggio si giunge alla vera e propria provocazione 10 .<br />
Secondo siffatta ricostruzione, inizialmente l’attività sarebbe stata rivolta verso<br />
la provocazione d’individui sospetti, al fine di raccogliere prove sufficienti per la<br />
denuncia alle autorità, per poi estendersi anche nei confronti di comuni cittadini non<br />
gravati da alcun indizio. In un tale clima di sospetto e di delazione reciproca, la<br />
provocazione non era più attività esclusiva della polizia segreta ma anche di privati<br />
cittadini che, spesso previo concerto con la polizia, istigavano l’altrui attività<br />
criminosa 11 . Tuttavia, nelle sue origini, la diffusione di una così insidiosa prassi è fatta<br />
sempre coincidere con il crimen laesae maiestatis 12 o, ad ogni modo, con qualsiasi<br />
manifestazione di dissenso ideologico identificato dallo Stato assoluto come delitti<br />
politici 13 .<br />
Seppur ristretta a questa categoria di reati, anche in dottrina la figura dell’agente<br />
provocatore inizia ad acquistare consistenza; nata in Francia, assume ben presto rilievo<br />
in Russia 14 ed emerge, dalla metà dell’Ottocento, nella letteratura tedesca 15 e italiana.<br />
Proprio l’apporto della dottrina tedesca – di cui si vedrà l’impatto sulla letteratura<br />
italiana – ha portato, per la prima volta a tratteggiare una figura ampia di agente<br />
provocatore non vincolata esclusivamente ai reati politici, ma caratterizzata dalla<br />
8 C. DE MAGLIE, L’agente provocatore, Milano, 1991, 3; L. GALLI, La responsabilità penale, cit., 777; M.<br />
SALAMA, L’agente provocatore, cit., 3.<br />
9 C. DE MAGLIE, L’agente provocatore, cit., 4.<br />
10 C. DE MAGLIE, L’agente provocatore, cit., 4.<br />
11 L. GALLI, La responsabilità penale, cit., 777.<br />
12 Sulla nozione del delitto politico nello Stato premoderno si veda M. SBRICCOLI, Crimen laesae<br />
maiestatis: il problema del reato politico alle soglie della scienza penalistica moderna, Milano, 1974.<br />
13<br />
DE MAGLIE, L’agente provocatore, cit., 4.<br />
14 A BEKZADIAN, Der Agent-Provocateur (lockspitzel) mit besonderer Berücksichtigung der politischen<br />
Provocation in Russnland. Ein Beitrag zum Strafrecht und zur Kriminalpolitck, Zürich, 1913.<br />
15 Per tutti H.H. JESCHECK, Lehrbuch des Strafrechts, Allgemeiner Teil, Berlin, 1998, 4ª ed., 622; cfr. C. DE<br />
MAGLIE, L’agente provocatore, cit., 5, in cui sottolinea come nella dottrina tedesca – certamente non<br />
propensa all’esterofilia anche nella definizione lessicale degli istituti – è tuttora ampiamente utilizzata<br />
l’espressione francese “agent provocateur”.<br />
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