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146/2006 con il quale il legislatore ha voluto unificare le molteplici discipline. Ad ogni<br />

modo, occorre premettere come le due normative, pur presentando caratteri di<br />

difformità, regolano la materia con modalità sostanzialmente analoghe, per cui è<br />

opportuno sottolineare le divergenze rimandando, per la restante parte della disciplina, a<br />

quanto detto circa l’art. 98 d.p.r. 309/1990.<br />

Una prima differenza, ravvisabile ictu oculi, attiene all’ordine sistematico ed al<br />

lessico scelto dal legislatore. Il comma 6 dell’art. 9 l. 146/2006 – lo stesso articolo che<br />

al contempo regola interamente le operazioni undercover – non disciplina<br />

preliminarmente l’attività dell’autorità giudiziaria, come avviene nel comma 1 dell’art.<br />

98 d.p.r. 309/1990, ma regola per primo il differimento investigativo della polizia<br />

giudiziaria. Invero, una tale inversione dell’ordine sistematico può avvalorare una<br />

diversa interpretazione della materia intesa nel suo insieme. Così, aver racchiuso<br />

all’interno dello stesso articolo la disciplina della provocazione al reato ed il ritardo e/o<br />

l’omissione degli atti dovuti, nonché la descrizione in successione, all’interno dello<br />

stesso art. 9, delle diverse opzioni investigative attribuite alla polizia giudiziaria,<br />

rendono ancor più fondata l’idea che il legislatore abbia inteso rompere i legami con la<br />

tradizione giuridica legata all’agente provocatore. Egli ha, infatti, voluto introdurre una<br />

forma complessa di indagine, denominata “operazione sotto copertura” 177 , all’interno<br />

177 E’ emblematica, in tal senso, un’operazione undercover sottoposta all’attenzione della Suprema corte,<br />

seppur per valutare la possibilità dell’ufficiale di polizia giudiziaria incaricato di rendere testimonianza.<br />

In questa fattispecie, infatti, l’operazione sotto copertura si snoda attraverso tutti i passaggi consentiti<br />

dalle norme in materia: “ Nell’autunno 1994 Fenili Vincenzo avvertiva il Raggruppamento operativo<br />

speciale dei carabinieri (R.O.S.) che dei narcotrafficanti colombiani, sapendo ch’egli possedeva il<br />

brevetto di pilota, gli avevano proposto di trasportare per via area la cocaina destinata al mercato europeo.<br />

Il comandante del R.O.S. d’intesa con la Direzione centrale dei servizi antidroga, al fine di scoprire le<br />

modalità di esportazione dello stupefacente in Europa, di identificare i soggetti inseriti nell’illecito<br />

traffico e di individuare i canali di riciclaggio dei relativi proventi, assicuratasi la collaborazione di Fenili,<br />

gli affiancava il maresciallo. Fulvio (che agiva sotto il falso nome di di Piras Bruno) e otteneva dalla<br />

Procura della Repubblica di Firenze i decreti per il differimento del sequestro delle sostanze stupefacenti<br />

importate, ai sensi dell’art. 98 d.p.r. 1990 n. 309 e del denaro proveniente dalle cessioni ai sensi dell’art.<br />

12- quater d.l. 1992 n. 306. Sotto la direzione e il controllo del R.O.S., un aereo Falcon 50 partito<br />

dall’Italia, con a bordo Milia e Fenili, prelevava a Medelin e portava in Italia, con scalo all’aereporto di<br />

Firenze-Peretola, due carichi di cocaina […]. La merce, subito trasferita in un deposito[…] custodito da<br />

Milia, secondo le istruzioni impartita da Trujillo Mejia Alberto che rappresentava i narcotrafficanti, ai<br />

vari acquirenti, che allo scopo convenivano nell’area di servizio […]. Fatta eccezione per la prima<br />

consegna di ottanta chili, avvenuta quando Fenili – preso in ostaggio dai narcotrafficanti di Medellin a<br />

garanzia della buona riuscita della prima operazione – non era ancora stato liberato, tutta la cocaina<br />

illecitamente introdotta in Italia veniva sequestrata”. Argomentando in ordine al rispetto delle norme in<br />

materia di operazioni undercover continua poi la Corte “nel caso concreto [i] limiti sono stati rispettati,<br />

perché il soggetto infiltrato era un ufficiale di polizia giudiziaria (maresciallo dei carabinieri), addetto alle<br />

unità specializzzate antidroga (R.O.S.), che agiva nell’ambito di un’operazione disposta dal comando dei<br />

R.O.S. d’intesa con la Direzione centrale dei servizi antidroga (l’esistenza dell’intesa che non deve essere<br />

necessariamente consacrata in un atto formale, risulta dalle relazioni depositate dal R.O.S.), sotto il<br />

controllo della Procura della Repubblica di Firenze, al fine di acquisire elementi di prova sul traffico di<br />

cocaina proveniente dalla Colombia. […] Va poi chiarito, alla luce delle ragioni che hanno spinto il<br />

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