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la delicatezza della questione ha indotto a una grande prudenza, sicché ci si limita a<br />

segnalare che le decisioni in ordine a tal genere di operazione, che muove dalla richiesta<br />

di uno Stato sono prese in ciascun specifico caso: nessuna generalizzazione, quindi, ma<br />

valutazione caso per caso circa la possibilità, e – è da ritenere – l’opportunità, di far<br />

ricorso alle indagini sotto copertura” 332 . Si tratta perciò di una norma che si limita a<br />

prevedere l’ipotetica eventualità di svolgere operazioni coordinate sotto copertura, ma,<br />

da un lato, non impone agli Stati firmatari alcun obbligo di assistenza in caso di<br />

richiesta, e dall’altro, anche qualora una Parte si determinasse a concedere l’assistenza,<br />

rimarrebbe irrisolto il problema di offrire a tutti gli agenti coinvolti in una operazione<br />

“multi territoriale” un’uniformità di disciplina che prescinda dal confine fisico fra uno<br />

Stato e l’altro. A una tale conclusione si potrà arrivare solo attraverso un impegno<br />

concreto degli Stati, prima volto ad armonizzare le proprie discipline interne e poi teso a<br />

creare regole comuni non di “programma” bensì di “dettaglio”. Ci s’intende riferire sia<br />

a norme tecniche operative, fatte proprie dagli stessi agenti sotto copertura nel momento<br />

della loro formazione professionale, sia a norme penali ad hoc tese a disciplinare<br />

l’eventualità della “fuoriuscita” dell’undercovered dai binari tracciati dall’organo<br />

deputato alla direzione dell’operazione.<br />

Si può, tuttavia, sostenere che la norma rappresenta un piccolo passo in avanti,<br />

seppur a livello meramente programmatico nell’evoluzione di tale materia. Questa<br />

indica la possibilità per i singoli Stati coinvolti di accordarsi sulle specifiche modalità<br />

delle operazioni al fine di poter creare una sorta di vademecum operativo, idoneo a<br />

fornire un minimo di certezze agli agenti infiltrati coinvolti. Ad ogni modo, tali accordi<br />

– in un paese dotato di obbligatorietà nell’esercizio dell’azione penale come il nostro –<br />

non sarebbero comunque idonei a creare zone grigie di impunità per quegli agenti<br />

stranieri che commettessero azioni integranti gli estremi di un reato, lasciando pertanto<br />

irrisolto il reale problema della tutela giuridica degli agenti sotto copertura.<br />

Infine, merita un richiamo il quarto e ultimo comma dell’art. 19 II Prot. add.<br />

Conv. eur. ass. giud. pen., in cui è previsto che ogni Stato, al momento della firma o del<br />

deposito dello strumento di ratificazione, accettazione o adesione, indica, mediante<br />

dichiarazione trasmessa al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, quali autorità<br />

designa come competenti ai fini della decisione sulla richiesta.<br />

332 M.R. MARCHETTI, L’assistenza giudiziaria, cit., 203.<br />

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