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LE FRASCHETTE - Associazione Partigiani Cristiani

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INTRODUZIONE<br />

Le Fraschette è stato il luogo della provvisorietà, dell’emergenza, della sofferenza.<br />

Il campo è a poca distanza da Alatri. Vi si arriva percorrendo la strada<br />

provinciale che sale verso Fumone. Dopo pochi chilometri si lascia la provinciale<br />

e, deviando a destra, si percorre una strada come tante della campagna<br />

ciociara, fatta di una sequenza interminabile di curve e saliscendi.<br />

All’improvviso, segnalato dalle prime baracche, l’arrivo al campo: l’ambiente<br />

si fa completamente diverso da quello finora ammirato. Un muro di cinta<br />

delimita una vasta zona. All’interno, sparse qua e là senza un ordine preciso,<br />

quel che resta delle decine e decine di baracche. In fondo la chiesetta abbandonata,<br />

diroccata, violentata dalla natura e dall’opera dei vandali. La chiesa<br />

è l’ultimo simbolo riconoscibile del campo. E poi la garitta, questa sì ben<br />

conservata, costruita in epoca successiva alla guerra, eppure simbolo di un<br />

tempo che ha conosciuto la guerra. All’epoca del campo di concentramento<br />

non c’erano né muro di cinta, né garitta, e i prigionieri di notte riuscivano a<br />

scappare per procurarsi da mangiare. La storia che proviamo a raccontare in<br />

questo volume abbraccia un arco temporale che va dal 1942 al 1944, quando<br />

migliaia di persone furono strappate dalle proprie terre e costrette a vivere<br />

nel campo di concentramento Le Fraschette.<br />

Quello che come me tanti ad Alatri ricordano, è un altro utilizzo del campo,<br />

un utilizzo successivo alla fine della seconda guerra mondiale: il Centro<br />

Raccolta Profughi (C.R.P.). Il Centro ospitò centinaia di persone che chiedevano<br />

all’Italia una sistemazione abitativa ed un lavoro per ricominciare a<br />

sperare nella vita. Una sorta di purgatorio per persone che avevano incontrato<br />

sulla propria strada delusioni e disillusioni, lavoratori cacciati dalla<br />

Libia, dalla Tunisia, dalla Somalia, dall’Egitto, ma prima ancora profughi<br />

provenienti dai Paesi dell’Europa dell’Est.<br />

Negli anni ’90, qualcuno cominciò a riscoprire la vera storia di Fraschette,<br />

la storia di un villaggio baraccato nato per ospitare prigionieri di guerra e<br />

che finì poi per diventare un campo di concentramento nel corso della seconda<br />

guerra mondiale. Devo esser sincero: all’inizio questa voce mi sembrava<br />

un’esagerazione. Eppure da giovanissimo, in seminario, avevo fatto parte del<br />

gruppo di “correttori di bozze” che don Giuseppe Capone aveva impegnato<br />

nella revisione del suo importante libro-testimonianza “La Provvida Mano”,<br />

pubblicato nel 1973. In quel volume, l’Autore aveva ricostruito mezzo secolo<br />

di attività caritativa svolta dalla Diocesi di Alatri. Evidentemente le pagine<br />

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