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LE FRASCHETTE - Associazione Partigiani Cristiani

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Seguirono indagini accurate da parte dei Carabinieri che alla fine confermarono<br />

il motivo di quelle sortite, legate alla necessità di elemosinare cibo nei<br />

dintorni del campo. Si consigliò di sostituire la staccionata che delimitava il<br />

perimetro del campo con reticolati e di aumentare il numero dei militari in<br />

servizio di vigilanza. Fu inviata a Le Fraschette una pattuglia di circa una sessantina<br />

di carabinieri, comandati da un ufficiale, con il precipuo compito di<br />

impedire agli internati le fughe notturne.<br />

In un ulteriore rapporto, il Maggiore Francesco Giammusso, comandante del<br />

Gruppo carabinieri di Frosinone, illustrò al Prefetto la difficoltà di controllare<br />

gli internati anche potendo disporre di un maggior numero di uomini. Ciò<br />

a causa della lunghezza del perimetro del campo (2 km. circa), l’accidentalità<br />

del terreno difficile da tenere sotto controllo, la mancanza di una seria barriera,<br />

la scarsa illuminazione perimetrale e il divieto di far uso delle armi contro<br />

i fuggitivi. Lo stesso consigliò di adottare provvedimenti coerenti con le<br />

osservazioni proposte e suggerì una maggiore severità verso i recidivi.<br />

Si pensò anche di dotare il campo di attrezzature adeguate per la preparazione<br />

dei pasti. Così, il 28 febbraio si incaricò la ditta Pasotti di Brescia di fornire<br />

30 cucine costruite secondo progetti della stessa ditta. Il provvedimento<br />

fu preso anche in previsione di nuovi e consistenti arrivi di civili dai confini<br />

orientali.<br />

Ma all’aumentato numero di cucine non dovette corrispondere un miglioramento<br />

nelle razioni di cibo, se il Questore di Frosinone fu costretto a<br />

comunicare al Prefetto il caso dello slavo Juretic Bonaventura, il quale,<br />

nonostante tutte le misure adottate, era uscito più volte dal campo per<br />

procurarsi del cibo (cinque volte nel mese di gennaio e tre nel mese di febbraio).<br />

Tra l’altro il Questore rilevò come, impiegando la quasi totalità del<br />

contingente militare nella sorveglianza perimetrale, veniva a mancare il controllo<br />

all’interno del campo, in quello spazio ridotto ove convivevano già circa<br />

3.500 persone. Auspicò un ulteriore sensibile aumento del personale in servizio,<br />

e consigliò la redazione di cartelle biografiche “per conoscere tendenze e<br />

propositi di ciascuno e della relativa famiglia”. Ultima proposta riguardò l’uso<br />

delle armi da fuoco sia pure da utilizzare con le dovute cautele.<br />

Rimase aperta la questione dei terreni requisiti e non più utilizzati. I terreni,<br />

al momento, erano coltivati ancora dai vecchi proprietari, sebbene fossero<br />

ormai diventati proprietà dello Stato. La Direzione Generale dei servizi di<br />

guerra suggerì “di provvedere a far coltivare tali terreni dagli stessi internati<br />

conferendo il raccolto per il miglioramento del loro vitto, o regolare, se dal<br />

caso con contratti di locazione, le concessioni stesse”.<br />

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