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LE FRASCHETTE - Associazione Partigiani Cristiani

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Collotti ne ha parlato in alcuni suoi libri, ma non so citare un professore accademico<br />

che si sia interessato in modo specifico di questo tema .<br />

Ho iniziato il mio viaggio in giro per l’Italia alla scoperta dei campi da<br />

Ferramonti in Calabria per arrivare poi ad Alatri passando da Rocca Toderighi,<br />

Civitella del Tronto, Campagna, Montechiarugolo e tante altri paesi. Non c’è<br />

regione italiana che non abbia avuto il suo campo. Erano più di 240.<br />

Il mondo concentrazionario vede la sua origine nel 1940. Con legge pubblicata<br />

in Gazzetta Ufficiale furono istituiti campi di concentramento per cittadini<br />

cosiddetti stranieri, ma in realtà vi furono deportati per la maggior parte<br />

ebrei anche italiani, zingari, omosessuali, slavi e persone che erano cittadini<br />

di paesi in guerra con l’Italia (inglesi o francesi e così via). Questi campi<br />

risultano essere circa 40 . Quaranta campi istituiti soprattutto nell’Italia centro<br />

meridionale: l’Abbruzzo ne conta ben 16, ma non c’è un censimento ancora<br />

definitivo. Gli altri campi furono realizzati nel corso degli anni, soprattutto<br />

nel periodo della Repubblica Sociale.<br />

Spesso le persone erano internate in edifici o istituti requisiti oppure erano<br />

campi costruiti ad hoc come questo de Le Fraschette vicino ad Alatri e come<br />

quello di Ferramonti.<br />

Il 6 aprile del 1941 l’Italia poi invade la Jugoslavia, una pagina pochissimo<br />

conosciuta - l’ha citata Costantini nel filmato girato dai ragazzi delle scuole<br />

di Alatri -. Ci furono saccheggi di villaggi, morti, incendi e furono costruiti<br />

vari campi di concentramento non solo in Italia: Renicci, Anghiari, Gonars,<br />

Padova, Rab e molti altri che ospitarono un gran numero di sloveni e croati.<br />

A Rab, dove sono andato due anni fa ci furono parecchi morti, non si sa ancora<br />

quanti, ma chi vi si reca ha lo sconforto di vedere 1400 nominativi di persone,<br />

per lo più ebrei, che là trovarono la morte. Non c’è una bandiera italiana<br />

e non c’è una targa italiana che ricordi e che si scusi di quello che è avvenuto<br />

in quell’isola. C’è stata soltanto la Fondazione Ferramonti, che è una<br />

Fondazione privata, presieduta da Carlo Spartaco Capogreco. che ha apposto<br />

una targa in sloveno e in italiano per ricordare quello che è avvenuto.<br />

A Gonars vi fu un altro campo di concentramento. Lì si contano circa 500<br />

morti. Renicci è un altro campo dove la vita era molto dura. Lì furono internati<br />

prevalentemente slavi. La gente del posto ricorda che arrivavano persone<br />

prese con il camice da medico, con il vestito di sposi. Molte persone sopravvissero<br />

mangiando ghiande a Renicci. I morti pare che furono circa 200. Non<br />

abbiamo cifre esatte perché questo lavoro di documentazione è lungo e<br />

dovrebbe essere affidato al mondo accademico e al mondo politico i quali<br />

sembrano latitanti.<br />

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