LE FRASCHETTE - Associazione Partigiani Cristiani

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internate per saccheggiare nelle campagne circostanti la frutta e quant’altro potesse attenuare gli stimoli della fame. Il 25 luglio, che aprì le carceri a tanti detenuti antifacisti, passò per noi inosservato. È soltanto dopo l’8 settembre 1943 che, verificatasi la fuga dei militari di guardia, il campo venne a trovarsi quasi aperto, permettendo una prima fuga di quanti, avendone i mezzi, erano in grado di provvedere autonomamente ad allontanarsi dal posto. La sensazione dello “ sfascio “ alimentava progressivamente la psicosi della fuga tanto che anche chi era senza danaro si gettava allo sbaraglio. Infatti il disservizio era tale da rendere aleatoria la stessa fornitura dello scarso pasto quotidiano. Un’esistenza impossibile per tutti e in quel momento arrivarono i tedeschi. Costoro, assicuratisi che non c’erano ebrei e comunisti tra gli internati distribuirono generi alimentari in abbondanza, tanto da consentirci di rimetterci un po’ in forze. Poi, improvvisamente, ogni rifornimento cessò. In questa situazione, il maresciallo dei carabinieri, addetto al vettovagliamento, unica autorità rimasta, ci suggerì lui stesso di andarcene, facendo in modo che non gli derivasse alcuna responsabilità. Dato che non avevamo mezzi, dovevamo dire in treno che eravamo delle internate, così avremmo potuto viaggiare senza biglietto. Così uscimmo dal campo verso mezzanotte, raggiungemmo a piedi la stazione di Frosinone e di qui prendemmo il primo treno diretto a Roma. Nella capitale trovammo la calda solidarietà dei ferrovieri che misero a nostra disposizione una delle sale d’aspetto impegnandosi contemporaneamente a trovarci posto su un convoglio che ci portasse a nord. Per combinazione in stazione incontrammo alcuni dei militari già di guardia al campo che ci offrirono dei gelati. E l’indomani ebbe inizio il viaggio verso casa. Senza mai mangiare, giungemmo a Rubbia, vicino a Gorizia. A Savogna trovammo accoglienza, aiuto e conforto. Eravamo oramai a casa, fra la nostra gente. Ma il rientro fu ben triste. Non avevamo più casa. I nostri beni mobili ci erano stati sequestrati al momento dell’arresto e successivamente venduti all’asta. Nostro padre (classe 1882, come mia madre) era rientrato da qualche tempo perché, come ho detto, era stato internato in un campo vicino; era gravemente ammalato e sistemato in un fienile. Riuscimmo a farlo ricoverare all’ospedale di Gorizia, ma morì tre giorni dopo. I nostri due fratelli partigiani erano caduti in combattimento. Non ci rimaneva che cercare individualmente ospitalità presso altre famiglie. Avevo ormai 14 anni e mezzo. 132
APPENDICE: VISITA - SOPRALLUOGO AL MUSEO MONUMENTO DI CARPI E ALL’EX CAMPO DI FOSSOLI Sabato 11 Ottobre 2003 una delegazione composta dal Sindaco di Alatri Ing. Giuseppe Morini e dai rappresentanti della locale Associazione Carabinieri in congedo, Valentino Capitanelli, della Associazione Bersaglieri in congedo, Enrico Celani e dell'Associazione Partigiani Cristiani, Carlo Costantini e Aldo Fanfarillo, hanno effettuato una visita - sopralluogo nel comune di Carpi (Modena) e nel ex campo di concentramento di Fossoli. Accolti dal Sindaco di Carpi Dr. Demos Malavasi e dal vice Presidente della Fondazione ex campo di Fossoli Dr. Mauro Benincasa, i rappresentanti di Alatri hanno visitato il sito museale realizzato nel Palazzo Pio di Carpi e successivamente il luogo dove sorgeva il campo di concentramento di Fossoli. Al termine del cordiale incontro i rappresentanti del Comune di Carpi e della Fondazione sono stati invitati a visitare Alatri e il luogo dove sorgeva il campo di concentramento Le Fraschette. da sx Mauro Benincasa, presidente consiglio comunale di Carpi, Demos Malavasi sindaco di Carpi, Giuseppe Morini sindaco di Alatri, Carlo Costantini e Aldo Fanfarillo dirigenti APC Frosinone Enrico Celani Ass. Bersaglieri c., Valentino Capitanelli Pres. Ass. Carabinieri c., Carlo Bordone, guida, ing. Giuseppe Morini sindaco, Aldo Fanfarillo 133
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INDICE Prefazione . . . . . . . . .
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